Quando l’arte fa volare. Il Salotto culturale incontra l’artista Michel Pochet il 30 aprile 2014

Comunicato stampa

Mercoledì 30 aprile alle ore 17,45 presso la Sala “Prospettiva Persona, il Salotto culturale XIV edizione ( patrocinio Fondazione Tercas e Diocesi di

Teramo) incontra il pittore e scrittore Michel Pochet. Tema dell’incontro  “

Quando l’arte   fa volare”.

  La cittadinanza è invitata

 

BIOGRAFIA di Michel Pochet

Nato in Provenza il 2 marzo 1940, diplomato in architettura alla Scuola Nazionale Superiore di Belle Arti. All’età di tredici anni scopre la vocazione pittorica. Il giovane Pochet intraprende un percorso artistico alla ricerca costante di una bellezza  perduta, riscontrabile secondo l’artista esclusivamente in Dio, per la quale sperimenta, in evoluzione continua, tecniche, materiali e ambiti artistici sempre nuovi. Realizza per lo più dipinti di grandi dimensioni, secondo il filone dell’arte povera, con materiali umili, quotidiani (tele, lenzuoli, pannelli…), i quali devono secondo l’artista entrare nella realtà dell’osservatore, toccarlo, parlare con lui. La sua tecnica scaturisce da un dialogo continuo fra segno e

colore: il colore è denso, materico, i segni sono mescolanza di antico e nuovo.

  La sua arte scaturisce da una esperienza di unità, i suoi dipinti, spesso di grandi dimensioni, realizzati su materiali umili (tele, lenzuoli,

pannelli…) sembrano entrare nella realtà dell’osservatore, toccarlo, parlare con lui.

Michel Pochet oggi vive e lavora a Rocca di Papa (Roma).

 

 

 

Approfondimento

Brani tratti da http://www.flars.net/centromaria/testi/PENSAR.html

La mia esperienza

Un giovane brasiliano mi ha detto un giorno : ” In Brasile sei conosciuto da tutti come un grande artista che ha lasciato l’arte per Dio. “

Malgrado l’aspetto doppiamente lusinghiero di questo “riconoscimento”, non mi sento proprio “uno che ha lasciato l’arte per Dio”. Ho avuto la forza di lasciare tutto per seguire Gesù perché a un certo momento ho trovato espresso come realtà unica quello che nel più profondo di me coincideva : la chiamata di Dio e quella del Bello.

Per anni avevo cercato di risolvere questa dialettica : Dio e bellezza – o per lo meno arte e religione – sembravano in disaccordo ; santità e vita da artista (vita di bohème) sembravano contraddizione in termini. Mentre per me erano un tutt’uno al punto che la mia stessa fede in Dio era stata fortemente scossa dal pensiero, venutomi durante l’adolescenza, che avessi potuto confonderla con l’esperienza estetica, dando al Bello il nome di Dio.

Era – ne sono persuaso – una esperienza costitutiva della mia identità nel senso che risaliva ai miei primi ricordi di bambino, e che non si era mai smentita ma invece sempre rinnovata.

La mia prima esperienza religiosa infatti è nello stesso tempo la mia prima esperienza estetica : Avevo tre anni e mezzo. Nel 1943, durante la seconda guerra mondiale, assistette da qualche chilometro di distanza al bombardamento della mia città. Ma quella notte stellata e le luci del bombardamento si impressero nella mia mente e nella mia anima come pura bellezza e perfetta pace in Dio. Quel Dio che i miei pregavano in questo momento per loro disastroso e pieno di minacce.

Poi l’alternarsi ricorrente negli anni della mia infanzia e della giovinezza della chiamata a seguire Gesù – che nella mia mente coincideva col sacerdozio – e di quella di essere artista, sempre più dolorosamente vissute come incompatibili.

L’idea di rinunciare a l’una per scegliere l’altra era contro natura e non mi pareva quello che Dio volesse da me.

L’adolescenza fu per questa ragione un tempo di profondi e forti scossoni perché quello che sentivo e capivo della mia identità mi era senza possibilità di attuazione. Non c’era posto per me in questo mondo rotto in due parti antagonistiche : il religioso e il profano. E rimpiangevo amaramente altri tempi che pensavo avevano reso possibile l’arte di un Fra Angelico, o la fede di un Michelangelo – i miei più venerati modelli di allora.

  …

Pagina giovanile:

” Bellezza : sorta di coincidenza tra lo spirituale e il materiale ; armonia

: simmetria tra il materiale e lo spirituale legati in maniera stabile. Una cosa bella è una cosa in accordo con l’uomo intero. E’ poco probabile che una cosa bella abbia un’anima, e tuttavia possiede uno spirito, è la proiezione dello spirito del suo creatore.

La bellezza della natura è semplicemente dovuta all’ordine stesso di questa natura e alla sua natura in rapporto all’uomo. Un’opera d’arte ha in aggiunta la personalità del suo creatore. Ecco perché un’opera d’arte dev’essere espressione dell’artista, pena l’esser soltanto per puro caso in accordo con qualche individuo. Un’opera astratta può essere bella, ma solamente in una certa misura materiale, armoniosa, che quadra con la natura e l’uomo nella sua materia, ma non nel suo spirito perché l’artista non vi ha messo veramente qualcosa di sé. Una macchina a cui si dessero istruzioni, leggi di armonia, potrebbe fare un’opera armoniosa ma essa non sarebbe umana, perché vi mancherebbero lo spirito, il morale, che rendono perfetta un’opera.

Un’opera è bella allorché è utile (favorendo la vita, il naturale) ; utile allorché eleva lo spirito, perché lo spirito deve naturalmente elevarsi.

Così le opere sacre sono per essenza più belle delle altre perché complete, non solo esteticamente belle, cioè armoniose materialmente ; esse sono belle moralmente, non solo in accordo con l’uomo ; esse elevano l’uomo verso il sacro, verso Dio, fine assoluto dell’uomo.

Ma ogni opera, se l’artista è profondamente religioso, dev’essere sacra nel senso di elevare l’anima verso Dio. Perché l’armonia, in ultima analisi, è in qualche maniera il principio della creazione divina, è l’impronta di Dio “.

…Ma l’arte e la religione non formavano più da secoli una coppia unita. La Chiesa e gli artisti avevano a poco a poco cessato di comprendersi e di stimarsi, ed erano andati ciascuno per conto proprio combattendosi o addirittura ignorandosi, il che, forse, e ancor peggio.

Ero un figlio del loro divorzio. Non potevo riandare a ritroso nel tempo, e non lo volevo, a nessun costo. Vibravo con la mia epoca e provavo una repulsione istintiva contro ogni illusione del passato. Io mi volgevo ora verso l’arte ora verso la religione, non potendo scegliere l’una contro l’altra e serbando sempre la speranza di riconciliarle. Ma questa separazione mi era imposta.

… Nel mondo dell’arte inteso nel senso più ampio, mi sentivo la vocazione per tutto, e, se non ho mai ambito a diventare aviatore o corridore automobilista, ho voluto però di volta in volta essere attore, cineasta, cantante, sarto di alta moda, orefice e, naturalmente, scultore e pittore.

Scelsi l’architettura più per ragionamento che per amore, pensando che questa formazione era pur sempre quella che mi avrebbe precluso meno possibilità. Il regista Antonioni era architetto, come l’organista Grünewald. L’architetto Le Corbusier era pittore e scultore ; Michelangelo era stato tutto questo, e in più poeta. L’immagine del missionario si era sfocata e, per dissolvenza, aveva lasciato il posto a quella di Vivaldi, il prete rosso, o di fra Angelico, il pittore del Paradiso.

 

Michel Pochet