Letteratura e Cinema al salotto culturale di mercoledì 7 maggio 2014

 

 

Comunicato stampa

Obiettivo : Letteratura e Cinema al salotto culturale di mercoledì 7 maggio 2014

 Mercoledì 7 maggio 2014 ore 17,45 presso la Sala “Prospettiva Persona”, prossimo appuntamento del Salotto Culturale XIV edizione (patrocini: Fondazione Tercas, Ufficio cultura della Diocesi di Teramo), in Via N. Palma, 33 – Teramo.

Per il ciclo Rapporto tra il cinema e i romanzi del Novecento, saranno proiettati brani antologici del film La donna della Domenica di Luigi Comencini L’incontro sarà introdotto e commentato dalla professoressa Lucia Pompei.

 

 

Approfondimento

La donna della domenica è un film del 1975 diretto da Luigi Comencini. È tratto dall’omonimo romanzo del 1972 di Carlo Fruttero e Franco Lucentini.Il commissario Santamaria indaga sull’assassinio di un architetto un po’ equivoco; gli indizi portano nell’ambiente della ricca borghesia torinese. E c’è una seconda vittima. Su un sagace adattamento di Age & Scarpelli un film simpatico, agile nella regia “invisibile”, apprezzabile nella descrizione ambientale e nella direzione degli attori: “È soprattutto il viaggio… di un uomo normale tra i fantasmi di una società che gli è estranea e che lo respinge costantemente con garbo e dignità” (G. Gosetti).

Ambientato in una Torino degli inizi degli anni settanta, afosa e quasi deserta per le ferie imminenti, è la storia dell’indagine condotta dal commissario Santamaria, romano (siciliano nel romanzo originale) coadiuvato dal collega napoletano De Palma, sull’assassinio di un individuo equivoco, l’architetto Garrone. Questi era un professionista fallito, personaggio laido e volgare, che vivacchiava ai margini della Torino bene, da cui era tollerato ma disprezzato. L’omicidio è stato scoperto dal geometra Bauchiero che, rincasando dopo aver portato a spasso il cane, aveva trovato il cadavere dell’architetto, ucciso da un’arma non convenzionale, un fallo in pietra, nell’alcova che la vittima considerava il proprio studio. Quasi contemporaneamente all’interrogatorio del Bauchiero da parte del commissario De Palma, i domestici di Anna Carla Dosio, appena licenziati, portano in commissariato un foglio su cui la Dosio aveva scritto all’amico Massimo Campi che lei e Massimo «…devono fare fuori il Garrone…», che la stessa Dosio aveva poi rinunciato ad inviare e gettato in un cestino. Il commissario deve muoversi con cautela tra una serie di personaggi altolocati e il suo superiore, che, preoccupatissimo delle conseguenze, vorrebbe che certi nomi non venissero coinvolti affatto. Il film, come il romanzo, offre uno spaccato dell’Italia di fine anni sessanta e vi si respira sessualità a piene mani: quella distorta e morbosa del Garrone; quella dei coniugi Dosio, coppia “aperta”, in cui Anna Carla, moglie annoiata che, consapevole dei tradimenti del marito, non vede l’ora di essere interrogata dal commissario Santamaria, con il quale fa presto a flirtare ed andarci pure a letto; quella di Massimo Campi, figlio dell’alta borghesia torinese, e nobilmente annoiato più dell’Anna Carla, l’omosessualità del quale non è nascosta più di tanto, ma nemmeno resa troppo esplicita; infine, quella di Lello Riviera, personaggio profondamente insicuro, tanto quanto è innamorato di Massimo Campi, che lo ricambia svogliatamente.

 

Ciascuno di loro aveva un movente per eliminare il Garrone e nessuno di loro ha un buon alibi per il giorno e l’ora del delitto.

 Tutto pare ruotare attorno ad un antico proverbio piemontese: La cativa lavandera a treuva mai la bun-a pera (La cattiva lavandaia non trova mai la buona pietra), il cui significato viene spiegato al commissario Santamaria dall’americanista Bonetto: la pera è la pietra in dialetto piemontese, e la lavandaia che non trova la buona pera è una lavandaia che non ha voglia di fare il bucato.[1]

 Ma accanto all’indagine ufficiale ne sorge un’altra: il giovane impiegato comunale Lello Riviera, avendo appreso che l’amico del cuore, il riccone annoiato Massimo Campi, è tra i sospettati, decide di scoprire lui l’assassino per poter scagionare l’amato Massimo. Mal gliene incoglierà. Egli giunge infatti presto ad individuare il possibile assassino (od assassina), ma, quando si reca al Balon[2] per trovarvi l’ultima conferma dei suoi fondati sospetti, ci lascia le penne. Viene infatti trovato a terra, con il cranio sfondato da un pestello per mortaio, nel cimitero dei mobili usati, dietro una catasta di vecchie suppellettili. Curiosamente al Balon, nello stesso momento, sono presenti quasi tutti i personaggi sospettati del primo delitto.

 Il secondo delitto accelera le indagini, il commissario Santamaria ed il collega De Palma stringono il cerchio e giungono finalmente all’incriminazione ed all’arresto di chi ha commesso i due omicidi. Il movente del primo delitto era stata proprio una questione di lavanderia: su un terreno collinare di proprietà dell’omicida, il Garrone aveva scoperto l’esistenza di un grosso antico lavatoio in pietra, interrato e nascosto, un reperto storico, la rivelazione della cui esistenza avrebbe tolto la possibilità al proprietario di ottenere dal Comune di Torino la trasformazione del terreno in area edificabile, pratica che già l’omicida aveva iniziato e che era a buon punto: dalla vendita dell’area fabbricabile si sarebbe ottenuto un cospicuo ricavo. Di lì al ricatto, per il Garrone, il passo era stato breve. Il secondo omicidio è stato ovviamente perpetrato per chiudere definitivamente la bocca al Riviera, che stava per giungere alla verità riguardo al primo delitto.

http://it.wikipedia.org/wiki/La_donna_della_domenica_(film)