di Chiarina Macrina
Non è semplice parlare di un libro, soprattutto se si tratta di una raccolta di poesie, si rischia di non comprendere appieno quanto l’autore ha voluto comunicare. Il problema non si pone quando a parlare è il libro stesso. A Passo di Capre. Liriche per la contemplazione filosofica di Filippo D’Andrea: uno stile lineare, una sintassi apparentemente semplice, frasi brevi, spesso nominali, sia pure arricchiti da preziosismi letterari lasciano chiaramente trasparire la storia di una vita. Con una accurata sapienza stilistica l’autore adotta una varietà di metri e strutture strofiche, un andamento parattattico che abolisce i nessi logici più comuni e traduce in musicalità la sua presenza sensibile nel mondo. È suggestivo partire dalla copertina, un tramonto che induce a riflettere, un foscoliano momento serale, una “fatal quiete” che spinge l’uomo ad intimi pensieri, un’infinita sera che timida si adagia sui calmanti dolori di questo perduto mondo. Il titolo, saggiamente scelto, “A Passo di Capre” esalta l’avanzare lento per poter essere consapevolmente e pienamente presente negli spazi vitali. Un’immagine che richiama alla memoria l’intimo dialogo di Umberto Saba che nel belato sofferente di una capra riconosce la sofferenza che affratella tutti gli esseri viventi, l’universale condizione di dolore ravvisabile altresì nel modello leopardiano (nello specifico, nel Canto notturno di un pastore errante dell’Asia). Ma il volume non è solo opera di un poeta, è il frutto dell’esperienza di un filosofo che ha saputo realizzare un sapiente equilibrio tra cognizione ed emozione. Il sottotitolo “Liriche per la contemplazione filosofica”, sottolinea la funzione svolta dalla contemplatio, dall’attenta osservazione dei significati più intimi dell’anima che solo la pratica filosofica può attuare. Non a caso l’autore pensa di riportare la prefazione alla sua traduzione italiana del saggio sulla Contemplazione filosofica del filosofo Ran Lahav. Le poesie sono suddivise in sezioni in base alla data di composizione e segnano il percorso della vita dell’autore: All’imbrunire, Passo dopo passo, Orme di pensiero, Tutto torna, A passo di capre. Ed è così che in questo viaggio nei luoghi nascosti del pensare troviamo la terra di Calabria con i suoi paesaggi e i suoi mille luoghi d’incontro, il mare e gli ermi monti, l’umile vigna e la campagna, una Calabria che è capace di provare profondi sentimenti di amicizia, una Calabria piena di ricordi, scorci di vita paesana, relazioni gratuite in questo calabro incanto che hanno odore di Sud. E’ qui che il poeta cede il passo all’uomo, ad un’anima assetata d’infinito che se in un primo tempo riconduce alla visione leopardiana, tuttavia non rimane frutto dell’immaginazione e del desiderio, puro prodotto della mente umana, ma si innalza oltre la siepe per giungere a quell’Assoluto anelito dei filosofi romantici, a quel celeste Tutto che ha il sapore agostiniano.
Lo straordinario potere della lettura consiste nel regalare emozioni uniche, nel vivere con partecipazione altre vite, fino a sentirsi una cosa sola col personaggio. A tal proposito più di un secolo fa Giovanni Pascoli scriveva che «intenso il sentimento poetico è di chi trova la poesia in ciò che lo circonda, e in ciò che altri soglia spregiare». Un pensiero vecchio e superato, si penserà, dal momento che oggi pare sempre più complicato scorgere il bello, ma “se ci sforzassimo ad apprezzare le piccole cose, se accettassimo poeticamente i limiti del vivere quotidiano, forse la nostra esistenza sarebbe più appagante o, quantomeno, meno arida”. Filippo D’’Andrea, sulla scia degli insegnamenti del grande oratore latino Quintiliano, realizza un’opera in cui appare oltremodo un buon maestro capace di trasferire ai suoi discepoli/lettori al di là dei contenuti quel valore morale, il valore aggiunto, costruito con l’esperienza e l’esempio.
Docente di Italiano e Latino
Liceo Scientifico Statale “E. Ferraro” di Chiaravalle Centrale (CZ)