L’Italia sceglie l’impegno: fermare la cristianofobia

Napolitano: non si può stare inerti di fronte alle persecuzioni

DA ROMA EUGENIO FATIGANTE

L a quiete del primo giorno dell’anno viene rotta dal­l’orrore per il Capodanno di sangue ad Alessandria d’Egitto. Bisogna mobilitarsi, è il grido unanime. Che si salda, nel mondo politico, all’apprezzamento per l’ap­pello del Papa in occasione della Giornata mondiale del­la pace. Anche il presidente della Repubblica, Giorgio Na­politano, in un messaggio inviato al Pontefice ha detto con forza basta alle «persecuzioni contro i cristiani nel mondo», aggiungendo che «non si può restare inerti» di fronte «alla drammatica e sistematica violazione delle li­bertà individuali» cui si sta assistendo «in molte parti del mondo».

Proprio questa necessità di dar vita a nuove iniziative di mobilitazione è il filo rosso che attraversa, in modo tra­sversale, la totalità dei commenti. Il nostro ministero de­gli Esteri per primo, raggiunto dalla notizia della strage poco prima dell’una di notte, nel manifestare in una no­ta la «ferma condanna» e «la propria vicinanza» alle fa­miglie delle vittime e al popolo egiziano, ha assicurato che l’Italia «continuerà a farsi sentire nelle sedi europee e in­ternazionali » a tutela delle comunità cristiane, «affinché la libertà di religione sia pienamente tutelata in ogni pos­sibile circostanza». Per Renato Schifani «nessuna istitu­zione può sottrarsi a questo preciso dovere etico»: per questo il presidente del Senato ha garantito che Palazzo Madama «risponderà senza incertezze e senza ritardi», perché «di fronte a violenze reiterate e crudeli contro i cri­stiani » diventano «urgenti e necessarie iniziative capaci di dare una vera speranza». Sulla scia di Schifani anche Mau­rizio Gasparri, presidente dei senatori del Pdl, ha ripetu­to che proseguirà l’impegno di sensibilizzazione, senza dimenticare tuttavia che «un’iniziativa del governo con­tro la persecuzione dei cristiani già c’è, come la risoluzio­ne all’Onu presentata dall’Italia con il supporto di tutti i paesi dell’Unione Europea per difendere i cristiani per­seguitati in Iraq». La stessa dose di reazione e di attivismo viene promessa dal segretario del Partito democratico. Secondo Pier Lui­gi Bersani «è doveroso rispondere al forte richiamo di Be­nedetto XVI», anche perché «c’è il rischio che sulla libera espressione religiosa si scarichino sanguinosamente ten­sioni politiche ed etniche». Bersani ha aggiunto che «c’è bisogno urgentemente di una mobilitazione delle istitu­zioni internazionali, dei governi, delle diplomazie e delle pubbliche opinioni perché la libertà religiosa sia piena­mente garantita» e, in questo, il Pd è «pronto ad appog­giare ogni iniziativa del governo italiano che incoraggi u­na reazione internazionale». Un drappello di politici im­puta proprio all’Europa una ‘latitanza’ su questo piano. A esempio Mario Mauro, capo della delegazione Pdl nel Ppe, è perentorio: «Basta incertezze e vigliaccherie. La po­litica estera europea si manifesti e la signora Ashton (il ‘ministro degli Esteri’ dell’Ue, ndr ) chiarisca di essere qualcosa di diverso da un ectoplasma». Per Mauro, infat­ti, a parte l’Italia e «la Francia di Sarkozy» i governi dell’U­nione «hanno fortemente sottovalutato e fatto finta di non vedere ciò che accade in oltre 50 stati membri delle Na­zioni Unite». L’atto di accusa a Bruxelles è condiviso da Re­nato Farina (Pdl), per il quale «l’Europa che condanna l’i­slamofobia, e fa bene, tace invece sulla cristianofobia»; i­noltre Farina ha aggiunto che «dà dolore vedere che da­vanti a Palazzo Chigi giustamente è esposta l’immagine di Sakineh condannata a morte, ma non si è trovato spa­zio per Asia Bibi, cristiana condannata a morte in Pakistan per ragioni religiose». Un altro deputato Pdl, Isabella Ber­tolini, parla di «assordante silenzio dell’Europa».

Mai come stavolta la reazione è davvero trasversale. Roc­co Buttiglione, presidente dell’Udc, chiede al governo di «farsi carico di un’opera di promozione della difesa dei cristiani nel mondo, a partire da una pressione affinché sia più incisivo l’intervento dell’Ue e dell’Onu». Nell’Idv è Leoluca Orlando a denunciare che questi continui attac­chi «sono sintomi dell’affermarsi di fondamentalismi», lontani dalla consapevolezza che uccidere nel nome di Dio «è il più grave dei peccati». Per il leghista Roberto Ca­stelli «occorre dare seguito ad iniziative concrete». Infine è Roberto Di Giovan Paolo, senatore del Pd, a sostenere che la comunità mondiale deve «mettere al centro dell’a­zione il tema della libertà di religione, qualsiasi essa sia».

da avvenire del 2/01/2011