UNICEF
Indagine su Adolescenti e famiglia 2010
Giulia Paola Di Nicola
Riportiamo i risultati di quella indagine e applichiamo ad un territorio dcome Teramo le possibili soluzioni per il nostro dopoterremoto
I ragazzi del terremoto a L’Aquila (2010)
Un gruppo di quattro domande è stato rivolto specificatamente ai ragazzi della città de L’Aquila, colpiti dall’evento del terremoto dell’Aprile 2009 e ancora prevalentemente in situazione di disagio, non solo abitativo.
Si tratta di 79 adolescenti, pari al 17,5% del campione intervistato, a cui abbiamo rivolto domande tese a disegnare un quadro della loro percezione del rapporto tra terremoto e relazioni familiari. Non dunque una valutazione delle realtà strutturali, architettoniche, politiche, economiche, ma l’influsso dell’evento sismico sui rapporti genitori-figli, fratelli-sorelle, nonni, zii…
Siamo partiti dalla convinzione, sociologicamente confermata, che un gruppo è tanto più unito quanto più deve affrontare eventi catastrofici o persone ostili all’esterno. Al contrario, tende ad approfondire i dissensi nel momento in cui le situazioni tornano nella normalità. Così accade nei periodi di guerra o di crisi in cui una nazione si unisce nella difesa del proprio territorio e del proprio patrimonio, ma così accade anche per una famiglia, che se attaccata si difende stringendosi attorno ai valori portanti della sua unità.
Le domande poste dunque suppongono una messa tra parentesi delle questioni più oggettive, per focalizzare l’attenzione sulle conseguenze del sisma sul clima familiare.
E’ stato chiesto (domanda n. 1): “Abitare in una casa adeguata secondo te è importante per stabilire buoni rapporti in famiglia?”.
Le risposte vanno da un deciso 37,8% di ragazzi che confermano: “Sì perché la casa è il riferimento che unisce tutta la famiglia”, al 34,1% che risponde “Sì. Se la casa è comoda, anche le persone si rilassano”. Sommando queste risposte a quel 6,1% che sottoscrive: “Sì, perché stare insieme in uno spazio piccolo porta a litigare di più” e “Sì, perché in una tenda non si ha intimità”, si ricava una valutazione decisamente positiva sull’importanza delle condizioni abitative per un buon clima familiare: l’80,4% delle risposte di adolescenti si è reso conto, proprio a causa del sisma, dell’importanza di avere un tetto e un luogo che nei fatti e nell’immaginario coincidono con quella piattaforma di sicurezza protettiva e di affetti consolidati che identifica la casa e la famiglia.
Solo il 18,3% degli intervistati dice di non considerare la casa importante: “No, la casa non conta, contano le persone”. Rispetto all’incrocio con il sesso, le femmine danno un valore simbolico più alto alla casa, come riferimento di unità della famiglia (F: 51,3%; M: 27,5%) mentre i maschi tendono a sottolineare di più il rapporto tra casa e agio personale, pensando alla casa come il luogo in cui ci si rilassa (M: 40,0%; F: 28,2%).
La domanda n. 2 è stata direttamente mirata alla percezione che i ragazzi hanno del rapporto tra terremoto e relazioni familiari.
La maggioranza pensa che il terremoto non abbia cambiato i rapporti (42,7%), mentre solo l’1,2% pensa che “Siccome viviamo in condizioni disagiate e in spazi insufficienti, litighiamo di più tra noi”. Tra questi due estremi c’è una gamma di risposte che segnano la differenza: mentre sulla casa c’è un associazione evidente tra struttura abitativa e intimità familiare, se la domanda è posta direttamente sulle relazioni, si resta sorpresi del fatto che i ragazzi e le ragazze riescono a cogliere gli effetti positivi di una tale disgrazia.
Infatti un buon 31,7% ritiene che dopo “Ci siamo sentiti più uniti dalla disgrazia”; vi è poi un 9,8% che risponde “Sì, abbiamo sentito la solidarietà della gente attorno e ci siamo aperti di più agli altri”, un 7,3%: “Sì, abbiamo capito che non vale la pena litigare tanto” e ancora un 6,1% fa riferimento alla relazione di coppia dei genitori, vedendoli più uniti dalla necessità di fronteggiare insieme la disgrazia: “Sì, papà e mamma ora sono più uniti”. Sommando le risposte in questo senso, dunque, otteniamo una maggioranza del 54,9% che guarda al terremoto come ad un evento che resta tragico per tutto quello che ha comportato nel cambiamento dello stile di vita, ma che ha avuto anche effetti positivi sulle relazioni familiari, a conferma che le disgrazie generano una unità speciale tra coloro che ne sono colpiti e reagiscono affrontando le situazioni solidarmente e, dovendo fronteggiare problemi ben più gravi, attenuano le piccole incomprensioni quotidiane.
Anche in questo caso sono soprattutto le ragazze a far registrare l’aumento del tasso di solidarietà e di unità del gruppo familiare in rapporto alla catastrofe (F: 40,0%; M: 25,0%); i ragazzi invece prevalgono nel sottolineare che il terremoto li ha aiutati a ridimensionare i valori: “Abbiamo capito che non vale la pena litigare tanto” (M: 15,0%; F: 0,0%).
La domanda n. 3 guardava alla prospettiva futura della famiglia e della propria città ed era formulata nel modo seguente: “Pensi che la situazione tornerà come era prima del terremoto, quando la tua città sarà ricostruita e tornerete nelle vostre case?”.
Il maggior numero di risposte risulta segnata dall’ ottimismo: gli intervistati pensano che tutto tornerà come prima (“Sì, quando passano le disgrazie ognuno riprende le sue abitudini”: 40,3%). Vi è poi una sostanziosa fetta di incerti, che non si pronunciano, ma manifestano una inflessione piuttosto pessimista: “Non so se davvero tutto tornerà come prima e quando” (35,8%) e una porzione più ridotta di coloro che constatano comunue un forte mutamento anche se non sanno o non vogliono interpretarlo in senso positivo o negativo. Sanno solo che il mondo è cambiato e che le persone dopo il terremoto sono cambiate con esso: “Penso che quella del terremoto sia stata una grande lezione per tutti e che la vita non potrà più essere come prima” (17,9%).
All’incrocio col sesso i maschi sembrano particolarmente ottimisti, giacché ritengono in misura maggiore rispetto alle ragazze che dopo l’iniziale sconvolgimento tutto tenderà a tornare allo stadio precedente (M: 47,2%; F: 32,3%). Le ragazze invece prevalgono nel considerare l’evento terremoto come un tornante della storia, quella loro personale, della famiglia e della loro città, tale da imporre una sorta di ricominciamento e comunque da non consentire uno sviluppo lineare: “La vita non potrà più essere come prima” (F: 25,8%; M: 11,1%).
Alla domanda del questionario: “In questi mesi dopo il terremoto quali sono state le persone che hai sentito più vicino?” (domanda n. 4), gli intervistati hanno decisamente segnalato la mamma e il papà: 88,8%.
Il terremoto ha confermato quello che da sempre essi sanno: il primato della famiglia come pietra miliare del loro orientamento e banca dei depositi della loro fiducia. A notevole distanza vengono gli amici: 53,8%, che pure sono stati considerati molto affidabili, specie se si considera che “fratello e sorella” – è da sottolineare – vengono posposti e raggiungono il 45,0% delle risposte.
Vi sono poi indicazioni precise che indicano una determinata persona: “un vicino di casa” 3,8%; “un volontario della protezione civile”: 3,8%) “un sacerdote o una suora” (1,3%). Sacerdoti e suore, che non sono apparsi così evidenti nei mass media come attori di solidarietà e di prossimità ai più colpiti, vengono anche qui indicati dopo i vicini e i volontari. Nella risposta “Altro” segnalata dal 15,0% sono compresi soprattutto i nonni e poi, a significativa distanza, gli zii (6,1%), la fidanzata, i parenti.
All’incrocio con il sesso, i maschi hanno avvertito maggiormente la solidarietà, mentre le ragazze sono apparse più sole o più introverse, dato che hanno avvertito meno, in proporzione, la solidarietà di genitori (M: 92,5%; F: 84,2%), dei fratelli (M: 55,0%; F:34,2%), dei volontari e degli amici.
Le risposte al questionario ci hanno consegnato una popolazione adolescenziale segnata dal terremoto in modo indelebile, ma non sempre e solo in modo negativo, giacché, specialmente in prossimità dell’evento tragico, ha potuto constatare non solo la solidarietà di vicini e lontani, ma soprattutto la tensione unitiva che sosteneva il gruppo famiglia “obbligato” dagli eventi a reagire al disastro potenziando l’affetto, l’intelligenza delle situazioni, la condivisione. Sono effetti che nulla tolgono alla sofferenza dei ragazzi e delle ragazze aquilane, che si mostrano consapevoli e disincantati: la strada è in salita, le lacerazioni esterne e interne sono ancora dolorose, ma è possibile farcela.
Principi di politica per la famiglia
Attilio Danese
Si possono applicare anche al futuro welfare della nostra città
«1. La sperimentazione di politiche strutturali a sostegno della famiglia capaci di incidere significativamente nel lungo periodo sul benessere familiare attuando in parallelo significativi processi di valutazione dell’impatto delle politiche familiari;
- Il sostegno alla natalità e all’occupazione femminile, favorendo fortemente le famiglie con figli, attraverso una politica orientata alla “presa in carico della fascia 0-3 anni”;
- La tutela delle famiglie numerose, garantendo tariffe comunali che contemplino la gratuità dal terzo figlio in poi e investendo sulla filiera dei servizi che consentono di aumentare i tassi di occupazione femminile;
- Lo sviluppo e l’attuazione di una forte politica promozionale, e non assistenziale, a favore delle famiglie, individuando ed attuando interventi strutturali che consentano di pianificare un progetto di vita con maggior sicurezza e serenità;
- Il coinvolgimento e l’inclusione, secondo le logiche dell’accountability, degli attori familiari, promuovendo la sussidiarietà e valorizzando le associazioni familiari nelle fasi della pianificazione, della gestione e della valutazione delle politiche attuate;
- Lo sviluppo del territorio colpito dal terremoto, seguendo lo stile “famiglia” al fine di accrescere, tramite una forte politica dei servizi orientati alla famiglia, l’attrattività territoriale e di sostenere lo sviluppo locale coinvolgendo su queste tematiche tutte le organizzazioni che costituiscono e rappresentano il “sistema ricostruzione”;
- Lo sviluppo della città di Teramo quale territorio pilota sulle politiche familiari, in particolare nel dopo terremoto come territorio in cui è possibile sperimentare politiche strutturali, che innovano i modelli gestionali-organizzativi, i sistemi tariffari, le modalità di coinvolgimento degli attori locali e delle famiglie, che valorizzano la sussidiarietà e che attuano la valutazione delle politiche stesse. Ciò per permettere alle famiglie di progettare il proprio futuro sul medio-lungo periodo;
- Il rafforzamento, la sperimentazione e la ricerca di politiche di conciliazione tra impegni professionali e familiari, tramite azioni di raccordo dei tempi sociali, con interventi di coordinamento dell’offerta di servizi di interesse pubblico tenendo conto degli orari.
- Il sostegno all’integrazione delle politiche locali e agli attori territoriali secondo una logica di sostegno al benessere delle famiglie, adottando piani operativi trasversali agli ambiti di competenza di tutti gli assessorati, connessi con le politiche comunali;
- La realizzazione e la sperimentazione di un sistema di norme orientato alla “Certificazione territoriale familiare”, da promuovere e divulgare anche in ambito extra-locale.
Alla luce di questi input, le politiche familiari non possono sottrarsi per la propria parte a ricercare sinergie e strumenti che favoriscano l’insostituibile impegno educativo delle famiglie. Operando all’interno di una pluralità di soggetti in ambiti educativi e nelle aree di prevenzione e di promozione del benessere psico-fisico-relazionale, esse favoriranno – nell’ottica della trasversalità dei temi in oggetto – da una parte sinergie e percorsi di scambio e confronto nell’ambito dell’amministrazione pubblica, dall’altra, nel quadro della sussidiarietà, il ruolo e le esperienze delle famiglie stesse e delle associazioni familiari che decidano di mettere in campo occasioni di formazione e di scambi per una crescita sempre più consapevole del proprio ruolo educativo e delle istanze di senso e di guida, che i figli pongono nelle varie fasi di crescita.
c) Prevenire le fragilità
L’evoluzione demografica si può così sintetizzare: basso tasso di natalità, lieve incremento dovuto all’immigrazione, invecchiamento della popolazione, diminuzione del tasso di attività e della forza lavoro.
L’aumento della vulnerabilità del contesto sociale e della fragilità delle singole persone corre parallelamente all’aumento delle condizioni di precarietà e di insicurezza: dal lavoro alle nuove povertà, dalle relazioni sociali all’educazione, alle emergenze post-terremoto. Tali condizioni. Nuove difficoltà e nuove povertà investono sia le tradizionali categorie degli anziani e delle famiglie monoparentali, sia quelle sinora considerate “normali”, che fino a ieri vivevano il futuro senza incertezze. La maggiore fragilità intrinseca delle famiglie rischia altresì di compromettere la loro capacità di dare concreta risposta ai bisogni e di assolvere ai suoi compiti tradizionali, sia all’interno dell’ambito familiare sia nella comunità allargata.
La precarizzazione del lavoro, il deficit di servizi non aiutano le giovani coppie ad investire nei figli. I posti disponibili di asili nido, ad esempio, sono solo 4,1 ogni cento bambini nella fascia 0-2 anni (la media italiana è 7,4). Ma le cose non vanno meglio per le scuole: le scuole materne sono sempre più accentrate, poche sono le istituzioni scolastiche che applicano l’orario prolungato, mentre solo circa il 10% dei bambini riesce ad essere seguito dai servizi diurni pomeridiani (centri attivati con la legge 285/97).
La denatalità crea un evidente ritardo nella sostenibilità a lungo termine dello sviluppo regionale: non è un caso che, a livello intraregionale, i territori con tassi di natalità più alti siano anche quelli con tassi di sviluppo più elevati.
Si tratta di comprendere in che modo le politiche sociali attive dei prossimi anni potranno incidere sul tessuto sociale per determinare un’inversione significativa rispetto al rischio di declino demografico ed economico della regione, in atto negli ultimi anni.
E’ possibile rispondere anche a livello comunale con interventi mirati e privilegiati di politica sociale per e con la famiglia?
La prospettiva da perseguire è una politica di valorizzazione e di sostegno delle diverse funzioni (educativa, sociale, riproduttiva, economica) che la famiglia assolve nella società, nell’ambito di una strategia complessiva capace di innovare realmente e con lungimiranza. Gli interventi si articolano attorno ad alcuni nodi:
- il buon essere familiare;
- le politiche di reddito;
- gli incentivi economici;
- l’accesso all’abitazione;
- il coordinamento dei tempi;
- l’informazione, l’accesso ai servizi e la sussidiarietà;
- la valutazione delle politiche;
- famiglia e nuove tecnologie;
- la risorsa famiglia;
- la formazione, la ricerca e il monitoraggio.Più in dettaglio:
- Il reddito di garanzia familiare favorisce l’emancipazione dallo stato di bisogno in cui una persona/famiglia può trovarsi in una determinata fase della propria vita, sostenendo il diritto di cittadinanza con riferimento ad un progetto di integrazione sociale e lavorativa mirato a tamponare situazioni contingenti di difficoltà dalle quali è possibile affrancarsi;
- gli alloggi a canone moderato garantiscono l’abitazione a quella fascia di popolazione che si colloca oggi a metà strada fra l’edilizia sociale e l’edilizia abitativa agevolata e che non rientrano nei requisiti economici della prima, ma nel contempo non possono accedere, per le limitazioni economiche poste, all’edilizia abitativa;
- la “presa in carico” della popolazione infantile compresa nella fascia 0-3 anni per garantire certezze sulle risposte alle domande di servizi espresse dalle famiglie su questo specifico target, a sostegno dell’occupazione femminile;
- le strategie sui tempi del territorio per semplificare la vita delle persone/famiglie, ovviando a rigidità strutturali spesso ingiustificate per introdurre politiche volte a conciliare bisogni contrapposti e a far guadagnare tempo al’intimità, ai rapporti e all’educazione;
- la creazione di una forte convergenza sul target famiglia di servizi privati e pubblici, provinciali e comunali per sostenere l’occupazione femminile, il benessere e accrescere l’attrattività e la competitività territoriale.
Crescono anche a Teramo le famiglie immigrate.
Fra le azioni necessarie al sostegno di queste famiglie sottolineiamo:
- Consulenza e sostegno psicosociale alla famiglia in difficoltà nel nuovo contesto;
- Consulenza e sostegno di tipo psicosociale e socio/educativo in caso di difficoltà legate allo svolgimento dei compiti genitoriali, alla complessità dell’impegno educativo e di accudimento in contesti altri, impegno aggravato dalla presenza di conflitti di coppia e di situazioni di monogenitorialità;
- Sostegno alle coppie di recente immigrazione o alle donne sole con figli, per problemi relativi alla fase di inserimento sociale, a difficoltà riguardanti ricongiungimenti familiari e a criticità connesse a matrimoni misti (con particolare riguardo all’educazione dei figli);
- Sostegno ai genitori, per problemi connessi alla condivisione degli impegni e delle responsabilità familiari, a difficoltà di “separazione generazionale”, all’acquisizione di autonomia e responsabilità adulta, in un contesto di migrazioni
- Sostegno e presa in carico in ordine all’affido dei figli contesi, in situazioni di separazione/divorzio particolarmente conflittuali;
- Integrazione del reddito familiare, prestiti sull’onore, interventi domiciliari di supporto educativo;
- Attivazione di famiglie/risorsa per appoggi diurni di minori e a sostegno di genitori in difficoltà;
- Creazione di gruppi di mutuo-aiuto;
- Supporto socio/assistenziale in ambito scolastico per minori e supporto domiciliare per particolari situazioni di difficoltà.