Non siamo i soli ad aver individuato il burattinaio. Questo articolo che riportiamo dal giornale “Libero news” la dice lunga sulla catena di S. Antonio della Finanza internazionale.
Ci sembra una pista interessante:
G oldman Sachs detta il copione alla politica italiana. La potente banca d’affari di Wall Street di buon’ora ha fatto circolare uno studio nel quale spiega quali sono i desideri della finanza internazionale. La stessa che, in queste ore ha affondato la Borsa e ha mandato a terra i nostri Btp. Al primo punto del menù di Goldman Sachs c’è il governo di larghe intese «guidato da un “outsider” di ottima reputazione». Gli specialisti della banca d’affari americana non fanno nomi. Ma è evidente che il ventaglio di scelte non è molto ampio. Inutilizzabile Mario Draghi, appena volato a Francoforte, non resta che Mario Monti. Il presidente dell’Università ed ex commissario europeo all’Antitrust che, in nome del libero mercato, ebbe la capacità di opporsi a Bill Gates, gran capo di Microsoft. Ma anche a colossi come General Electric e Honeywell. A parte Monti (che ieri è stato nominato senatore a vita) non resta molto altro. A meno di recuperare dalla soffitta protagonisti della Prima Repubblica come Giuliano Amato. Tre ipotesi L’ipotesi del governo tecnico piace anche all’Aiaf (Associazione Italiana Analisti Finanziari) che la mette in testa alle priorità per abbattere lo spread. «Il tempo necessario per la realizzazione delle riforme». Secondo Goldman Sachs l’esecutivo tecnico avrebbe il vantaggio di far tornare il differenziale tra Btp e bund a 350 punti. Più o meno il livello dove si trovava la scorsa estate. Prima che arrivasse la tempesta. L’ipotesi meno gradita alla grande finanza di Wall Street è la seconda. È lo scenario che prefigura le elezioni. «Sarebbe la scelta peggiore per i mercati -dicono a Goldman Sachs-. E questo il presidente Napolitano lo sa. Probabilmente farà resistenza contro lo scioglimento della Camere». Insomma il Quirinale, Palazzo Chigi e tutti i protagonisti della politica sono avvertiti: gli italiani non devono votare. Altrimenti il referendum della grande finanza contro l’Italia segnerà i tempi di una catastrofe: titoli di Stato che crollano, la forbice con il bund tedesco che si apre oltre i limiti dell’immaginabile, i valori azionari che vanno al tappeto. Fra l’ipotesi giudicata migliore (il governo tecnico) e quella più catastrofica per i mercati (il voto anticipato) c’è un terzo scenario. Di medio peso perchè taglierebbe lo spread fino a 450 punti. Anche questo piatto nega le urne. Immagina un nuovo premier (escluso Berlusconi) sostenuto dall’attuale maggioranza Pdl-Lega che si allarga all’Udc. «Ma prima il nuovo governo dovrebbe dimostrare di essere efficiente e il protrarsi dell’incertezza peserebbe sulla crescita economica. Inoltre la riforma delle pensioni potrebbe incontrare resistenza da parte della Lega Nord. Due settimane – Perché si capisca quale dei tre scenari si verificherà passeranno per Goldman circa due settimane. Intanto quello che gli investitori possono aspettarsi è che i rendimenti sui buoni del Tesoro italiani abbiano toccato o stiano per toccare il massimo, e che rimarranno elevati fin quando «i creditori dell’Italia possano essere rassicurati sul fatto che le misure strutturali da tempo attese per far salire il tasso di crescita del paese saranno messe in opera». I listini hanno letto il report di Goldman Sachs e si sono immediatamente colpendo il risprmio degli italiani. Incurante del fatto che l’Italia è il paese europeo con i conti pubblici migliori. L’avanzo primario (prima delle spese per gli interessi) stimato per il 2012 è da record. Si va infatti dal +2,6% di Roma al -6,3% di Washington. In mezzo il +0,8% di Berlino, il -2,1% di Parigi e il -4,1% di Londra. Che vanta giudizi molto più alti del nostro ma anche un deficit pubblico più che doppio (stime 2011) e un indebitamento privato di famiglie e imprese non finanziarie al 215% contro il nostro 126% sul Pil. Eccole, le famiglie italiane. Chiamate spesso in causa quando c’è da rimettere ordine nei danni altrui, anche stavolta riescono in qualche modo a ribaltare una situazione altrimenti pesante. Nella classe delle cinque grandi economie «bianche» e industrializzate, infatti, l’Italia risulta essere tanto il Pierino quanto il secchione di turno. Ed è proprio alla conquista della loro ricchezza che sembra puntare la grande finanza di Wall Street. In realtà i francesi che ridono di noi e i britannici che ci dipingono a tinte fosche hanno sicuramente molto da imparare.
di Nino Sunseri