Adolescenti e cittadinanza

Adolescenti e cittadinanza

A.    Danese

 

Dal punto di vista della formazione, dobbiamo  riconoscere, il peso di un\’eredità  individualista e spiritualista, troppo spesso disincarnata dalla polis, con la conseguente atrofia del senso della cittadinanza per la disabitudine alla risposta positiva all\’impegno pubblico. C\’è  nel mondo vitale in genere un’atavica sottovalutazione del momento oggettivo e quindi della politica e del diritto, quasi che sempre e tutti i problemi si possano risolvere a livello di buona volontà e di relazioni solidali. Tale acquiescenza, opposta a quella che nutre eccessiva fiducia nel potere umanizzante e trasformante delle strutture, é un freno e una risorsa. Risulta difficile trovare l\’equilibrio tra la rinuncia alle mediazioni politiche (col rischio di restare nei sogni o nello spiritualismo) e la fiducia incondizionata che delega tutti i problemi alla soluzione politico istituzionale. Molto più in profondità della distribuzione dei compiti, l\’impegno in tal senso é culturale: mira a ricomporre l\’alienazione tra persona e cittadino/a.

A tal fine occorre educare le ragazze e i ragazzi:

– ad essere presenti ed assumere impegni di rappresentanza negli organismi partecipativi oggi e  negli enti locali domani;

– a cercare di far sì che la composizione dei vertici sia rappresentativa, in qualunque associazione, in modo da avvicinarsi il più possibile ad una diarchia, con la presenza di donne e uomini a livelli dirigenziali;

– a non sottovalutare la dimensione giuridica (contentandosi dell\’intimità affettiva) come quella nella quale si fissano le regole di un gioco che può sempre divenire pericoloso e penalizzante per tutti, specie se non si è contribuito a costruirle;

– a gestire la forza del sociale come  pressione contrattuale che controlla e vincola l\’azione politica, dando forza alla voce delle donne, specie tramite i mass media : gestione di giornali e riviste; radio e TV nazionali e locali; interventi telefonici, critiche ed espressione di pareri mediante lettere; partecipazione diretta a incontri e dibattiti il più possibile aperti a gruppi di donne che hanno solidarizzato e che la frequentazione e il confronto hanno reso capaci di  dare un giudizio autonomo e creativo sulla realtà.

Si continua a discutere sul pluralismo educativo, sui suoi costi in termini economici e sui rischi di disperdere il tessuto unitario della nazione in una pluralità di contenuti e metodi formativi. Certo, l\’educazione pubblica è insostituibile per il suo compito “neutrale” di evitare ogni dogmatismo e ogni particolarismo. Ciò garantisce il rispetto delle differenti concezioni metafisiche e ideologiche. Ma la neutralità non può significare vuoto di contenuti, come accadrebbe a discipline che forniscono un senso positivo della vita, nel rispetto delle differenti concezioni ideologiche e religiose.

Per il fatto stesso che si condivide l\’impegno a favore della persona, il pluralismo non può essere a rigore neutrale. Da un lato infatti è necessario in uno Stato pluralista il riconoscimento e il sostegno della scuola privata, dall\’altro occorre trovare, ove possibile, una piattaforma di intesa su alcuni valori umani comuni, accettabili da tutti. I personalisti ne indicano alcuni:   «Nessuna scuola può giustificare, o coprire, lo sfruttamento dell\’uomo da parte dell\’uomo, la prevalenza del conformismo sociale o della ragione di stato, l\’ineguaglianza morale e civile delle razze e delle classi, la superiorità della vita privata e pubblica della menzogna sulla verità, dell\’istinto sull\’amore e sul disinteresse»[1]. Una scuola degna di questo nome dovrebbe essere pronta a difendere tali principi anche contro lo Stato, qualora questi propugnasse una indifferenza educativa propagandata come laicità.

Da un punto di vista generale, la scuola di Stato sceglie di educare al rispetto dei principi della costituzione e quindi alla centralità della persona.  Ma l’applicazione di questi principi universali contempla una vasta gamma di possibilità. Proprio il rispetto del pluralismo, diritto inalienabile della persona, può indurre alla formazione di gruppi che  intendono creare  scuole impostate secondo la loro cultura e chiederne il riconoscimento. Tali gruppi hanno il diritto di chiedere un sussidio pubblico,  almeno per quel tanto che scaricano lo Stato dai suoi oneri. Soprattutto i genitori hanno il diritto di scegliere per i loro figli la scuola che più corrisponde alla cultura che essi vogliono trasmettere. La proposta del bonus-sussidio per l’istruzione dei figli, va in questa direzione, lasciando proprio ai genitori, finché i figli sono minorenni, la responsabilità di optare per la scuola statale o quella privata. Resta intesa la necessità del controllo, teso ad evitare che dal dogmatismo statale si scada in un variegato dogmatismo dei gruppi particolari: se le famiglie e i gruppi hanno diritto di darsi una educazione specifica, essi sono tenuti però a rispettare I valori del bene del fanciullo e del bene comune della società, nonché le norme fondamentali che regolano il mondo dell’istruzione in una determinate nazione[2].

 

Per poter conoscere e prevenire tutte le forme di  mancata cittadinanza è utile far riferimento alle agenzie di socializzazione con supporto di strutture adeguate. Il volontariato sociale va incoraggiato soprattutto là dove gli utenti sono gli adolescenti, con animazione  del tempo libero organizzato, soggiorni estivi ed invernali di vacanze collegate a corsi di formazione nei vari settori.

   E\’ anche vero che forse lo spazio di  appartenenza dell\’uomo si è troppo allargato al mondo e ai suoi problemi e troppo allontanato dall\’ambiente concreto in cui egli vive. Si è affievolito il senso di appartenenza ad una città particolare; occorre allargarne il ruolo socializzante per poter arginare l\’emarginazione per solitudine e mancanza di solidarietà, evitando che essa divenga matrice di forme di disgregazione[3].

Occorre innanzitutto che i genitori  verifichino se nella città si svolgono efficacemente i compiti educativi nelle varie istituzioni, enti, associazioni, famiglie, scuola, parrocchia, partiti, esercito, sindacato, associazioni culturali, mass-media. Notevole importanza è da attribuire alle varie forme di associazionismo, anche dentro la scuola, attraverso la figura di docenti o di animatori socio-culturali, onde venire incontro alla difficoltà di socializzazione che i giovani incontrano, alla mancanza di momenti e spazi di aggregazione oltre la famiglia. Per Lorenz: \”Qualsiasi cosa è preferibile al fatto di non far parte di nessun gruppo, persino la partecipazione alla più triste delle comunità, quella dei drogati. Aristide Esser…ha potuto dimostrare che oltre alla noia, é il bisogno di associarsi in gruppo a spingere un numero crescente di giovani a drogarsi\”[4].

L\’associazionismo sembra infatti il modo privilegiato per  dare vita alla crescita del senso di cittadinanza del ragazzo che all’interno di gruppi in cui i rapporti sono personalizzati percepisca di poter arricchire col proprio contributo gli altri membri del gruppo, di poter liberare i valori dell\’affettività, di compartecipazione emotiva e simpatetica, di poter modulare le relazioni interpersonali in maniera meno fredda di quanto si realizzi nelle istituzioni pubbliche. Vedere perciò se  e dove possibile favorire un associazionismo  che salvi il sapore della spontaneità, ma la orienti anche  tramite una sapiente opera di animazione socio-culturale è compito dell\’animatore che sia tale per vocazione e non solo per professione, capace di far prendere coscienza e far sviluppare le potenzialità latenti di un individuo: \”L\’animatore é lo stimolatore, il maieuta della crescita personale e sociale del giovane\”[5]. I genitori devono vigilare a che l’animatore sia  dotato di disponibilità al dialogo, di capacità di valorizzazione dell\’altro e quindi di dare fiducia, comprensione. In particolare si tratta di puntare sullo sviluppo di tutte le forme espressive umane allargando gli spazi comunicativi della corporeità (sport, danza, yoga come riappropriazione del corpo e come comunicazione), delle relazioni interpersonali ( in generale come attenzione all\’umano: tempo per ascoltare, parlare, confidare; persone che sappiano perdere tempo in queste cose, nella società dell\’efficienza che vede l\’uomo in quanto funzione; dell\’espressività (anche linguaggi non verbali: musicale, mimico, grafico-pittorico, iconico, manuale). Importante anche la capacità di umorismo, come liberazione dell\’inconscio scherzosamente comunicato e intelligentemente interpretato, con funzione liberatoria dall\’eccessiva serietà che pervade il modello sociale scolastico e lavorativo.

La famiglia, magari insieme ad altre famiglie potrebbe chiede ad enti interessati alla Formazione professionale il compito di istituire corsi di preparazione per animatori di gruppi e associazioni, nonché corsi di animazione del tempo libero, di volontariato sociale, di educazione civico-politica. Le associazioni di genitori potrebbero istituire un premio di civismo per gli under 18 con una commissione  preposta al vaglio delle segnalazioni affidate alle scuole, alle associazioni, ai gruppi di volontariato, alle istituzioni riconosciute.  

Tutto ciò interpella i genitori che  devono diventare essi per primi cittadini attivi verso la politica e invitare a ripensare gli interventi attraverso una programmazione oculata nell\’ambito delle risorse disponibili, con servizi da incentivare, ma da affidare anche ai privati per una gestione efficiente che contempli anche  il contributo dei fruitori.

 


[1]     Ivi, p.109.

[2] Lo Stato «non deve dimenticare l\’incompetenza, l\’indifferenza e l\’egoismo biasimevoli di molte famiglie, per la maggior parte forse, in materia d\’educazione. Qui lo Stato può e deve intervenire, con l\’assistenza degli enti educativi, nel duplice ruolo di protezione della persona e di organizzatore del bene comune», Ivi,pp.111-112.

[3] Per S.BELLOW muore più gente di crepacuore per solitudine che per radiazioni o per l\’inquinamento atmosferico: cf.S.BELLOW, Ne muoiono più di crepacuore, Mondadori, Milano 1987,pp.88 ss.Sulla disgregazione operata dalla città, cf. G.AMENDOLA, Disgregazione e marginalità urbana: il borgo antico di Bari, Mazzotta, Milano 1976.

[4] K.LORENZ, Gli otto peccati capitali della nostra società, Adelphi, Milano 1981, p.64.

[5] F.BELLINO, op.cit.,p.196.