L’Occidente è attraversato da cupi fremiti che invocano, implorano, pretendendola, la Pace in Medio Oriente. Se ciò fosse possibile l’Umanità si sarebbe risparmiata migliaia di conflitti e milioni di vite, ma così non è.
Soffermarsi su Gaza e Israele è impegno mediatico e quotidianità politica, giungere a ragionamenti di una qualche compiutezza non attiene né all’oggi né al domani ma al tempo dell’indomani, se vogliamo avvicinarci, a ciò che è utile da pensarsi. Il problema palestinese si avvia verso i centocinquant’anni, datando i primi esodi 1881, quando la Palestina era ancora provincia dell’impero ottomano. Proprio l’impero ottomano e la sua espansione nei Balcani e in Medio Oriente offre una visione della complessità per gli intrecci tra conquiste territoriali e contrapposizioni etniche religiose.
Visione che sta ad indicare il diverso livello di contrapposizione e capacità di perdono delle genti, nei conflitti tra combattenti e quelli che interessano pesantemente anche i civili. Stermini di congiunti, estesi coinvolgimenti di famiglie non si tralasciano né si perdonano con tregue, armistizi, e a volte, neppure con la pace.
Caduto l’Impero Romano d’Oriente e presa Costantinopoli si avvia l’espansione ottomana nei Balcani che, per la convivenza, dopo cinquecento anni e l’ultimo conflitto tra Serbia e Kosovo, ancora oggi necessita di truppe internazionali d’interposizione.
Ecco un precedente storico, naturalmente con proprie specificità e condizioni, di un conflitto territoriale che si intreccia e avviluppa con determinazioni religiose. Cinquecento anni per i Balcani, ancora con i suoi strascichi, centoquaranta, tra turbolenze, rivolte e guerre, per la terra di Canaan.
A fronte dei due milioni residenti in Israele, circa sei milioni sono i palestinesi rifugiati in vari Paesi, prevedibilmente terreni di coltura per coriacei oppositori di domani.
È un’illusione politica/militare credere che eliminare i terroristi di Hamas significhi la fine della convinzione e dell’anima terrorista. I discendenti dei morti odierni saranno gli oppositori di domani.
Allora, cosa è da pensarsi? Occuparsi di ragioni e torti del passato, sarebbe fuori tempo. E’ del tutto evidente che le maggiori responsabilità sono da addebitare ai vincitori delle due guerre mondiali che in un mix di malafede, incompetenza e pressappochismo, per decenni, hanno creduto in un facile e semplice innesto di una popolazione in un territorio già popolato.
È superfluo girarci intorno, in questo tempo non si avvertono vie d’uscita, solo pericolosi, sdrucciolevoli cammini capaci di perpetuare la grigia esistenza di questi popoli.
Il nostro sillogismo ci induce ad una immaginazione sul post domani.
Se si attenuassero i contrasti tra i Paesi guida o coinvolti, si potrebbero individuare cammini di sensato intelligente dialogo.
Arabia Saudita, Autorità Nazionale Palestinese, Cina, Egitto, Gran Bretagna, Giordania, Hamas India, Iran, Israele, Lega Araba, Libano, Palestina, Qatar, Russia, Siria, Usa, Gran Rabbinato d’Israele, Gran Mufti d’Egitto, Imam Sciita, potrebbero dar vita ad un Forum per la libertà e la vita dei due popoli.
Utopia? Sicuramente un passo avanti alla pochezza di tanta politica internazionale. È preferibile il potere dell’immaginazione, se diretto a comprendere complessità storiche e contemporanee. In tutti i casi, ancora preferibile un libero ragionamento all’inutilità delle grida di questi tempi.
Appello
Israele-Palestina: fermiano la violenza, riprendiamo in mano la pace
Condanniamo l’ignobile e brutale atto di aggressione di Hamas contro la popolazione civile Israeliana, contro anziani, bambini, donne, in spregio di ogni elementare senso di umanità e di civiltà, alla quale si è aggiunta la barbara pratica della presa di ostaggi. Siamo di fronte alla violazione di tutti i trattati e le convenzioni internazionali, volti a salvaguardare le popolazioni civili dalle guerre e da ogni forma di occupazione.
Non vi è giustificazione alcuna per l’operato di Hamas, neppure la disperazione e l’esasperazione del popolo Palestinese, vittima da decenni dell’occupazione, della restrizione delle libertà, della demolizione delle case, dell’espropriazione dei terreni e delle continue provocazioni delle frange radicali della destra israeliana e dei coloni può trovare una risposta nell’azione terroristica e militare.
La nostra condanna contro ogni forma di violenza, di aggressione e di rappresaglia contro la popolazione civile, sia Palestinese, sia Israeliana è assoluta.
Hamas deve immediatamente rilasciare gli ostaggi e cessare le ostilità per il bene del popolo palestinese.
Israele non deve reagire con la sua potenza militare contro la popolazione della Striscia di Gaza o usare metodi di rappresaglia come togliere cibo, luce, acqua ad una popolazione anch’essa ostaggio della violenza scatenata da Hamas, senza vie di fuga ed impossibilitata a proteggere le famiglie, i bambini e gli anziani.
Il 7 ottobre segna una radicale svolta militare, di guerra, che porterà nuove vittime e nuovo odio senza risolvere le cause che, da quasi un secolo, travolgono la popolazione e la terra di Palestina e d’Israele. E’ evidente per di più il rischio imponderabile del conflitto che potrebbe travolgere il Medio Oriente.
Solo con il rifiuto della guerra e della violenza possiamo tutti impegnarci per costruire giustizia, rispetto per i diritti di autodeterminazione delle due popolazioni, riparazione, convivenza, pace giusta e duratura.
Ci appelliamo al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite affinché assuma la propria responsabilitàdi organo garante del diritto internazionale chiedendo alle parti l’immediato cessate il fuoco, il rilascio degli ostaggi e dei prigionieri, il rispetto del diritto umanitario per evitare ulteriore spargimento di sangue, con l’impegno di convocare, con urgenza, una Conferenza di pace che risolva, finalmente, la questione Palestinese applicando la formula dei “due Stati per i due Popoli”, condizione che porrebbe fine all’occupazione Israeliana ed alla resistenza armata Palestinese, ristabilendo così le condizioni per la costruzione di società pacifiche e democratiche.
Noi, come componenti della società civile italiana ed internazionale, siamo pronti a fare la nostra parte per sostenere il cammino della pace ed invitiamo le autonomie sociali Palestinesi ed Israeliane a schierarsi chiaramente per la fine della violenza, per il rispetto reciproco e per il reciproco diritto di vivere in pace e liberamente nel proprio stato.
Per questo lanciamo un appello alle associazioni e movimenti Palestinesi ed Israeliani a manifestare insieme, in Terra Santa, sfidando chi invece vuole distruggere con la violenza, con l’aggressione, con l’occupazione e l’assedio, il diritto dell’altro, la possibilità della convivenza e di un futuro di pace e di benessere per tutto il Medio Oriente.
Riprendiamo per mano la pace.
Assisi Pace Giusta
Rete Italiana Pace e Disarmo
Acli
Anpi
Arci
Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII
Beati i costruttori di Pace
Centro Studi Sereno Regis
Cisp
Cgil
Fondazione Lelio e Lisli Basso
Fondazione Giorgio La Pira e Centro Internazionale Studenti
Forum Trentino per la pace e i diritti umani
Gruppo Abele
Ipri-Ccp
Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo
Legambiente
Libera
Lunaria
Movimento Internazionale della Riconciliazione
Movimento Nonviolento
Nexus Emilia Romagna
Pax Christi
Portico della Pace Bologna
Pro Civitate Christiana
Tavola della Pace