Salotto: mercoledì 20 febbraio 2008

Con  il Patrocinio della Fondazione Tercas, della città di Teramo e della Provincia di Teramo 

Questa settimana il “Salotto culturale 2007” di Prospettiva Persona  presenta:  Mercoledì 20 2008 alle  ore 18

  “Logos e Mythos: Eros in Empedocle  a cura   Emilia Perri

sempre  in Via N. Palma, 33 – a Teramo  info: www.centropersonalista.it\//

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Approfondimento

Platone, nel “Convito”, ci offre una delle più straordinarie pagine di tutti i tempi sul tema dell'amore:

“Siccome dunque Amore è figlio di Penia e di Poros ecco qua è la sua condizione. Intanto, è povero sempre; e non è affatto delicato e bello, come per lo più si crede; bensì, duro, ispido, scalzo, senza tetto; giace per terra sempre, e nulla possiede per coprirsi; riposa dormendo sotto l'aperto del cielo nelle vie e presso le porte. Insomma riferisce chiara la natura di sua madre, dimorando sempre insieme con povertà.

Da parte di padre invece, Amore insidia con accorti espedienti i belli nel corpo e nell'anima; è valoroso, audace. È veemente. Cacciatore possente è Amore, intreccia sempre astuzie e intrighi; ansioso di possedere perspicace visione e ricco d'espedienti per procurarsela. Amante per tutta la vita di sapienza, filosofo cioè.

E per sua natura non è né mortale né immortale; ma, un momento, nel medesimo giorno quand'ogni espediente bene gli procede, è tutto in fiore e tutta vita, un momento successivo Amore muore, e torna poi in vita grazie alla paterna natura; ma, quanto è riuscito a procurarsi, a poco a poco via sempre gli sfugge.
Insomma Amore non è mai del tutto povero; né, d'altra parte, del tutto ricco. Si trova in mezzo fra ignoranza e sapienza.”


Siamo ad Atene, nel 416 a.C. Il simposio comincia. Gli invitati si distendono l'uno accanto all'altro sopra i lettucci: cenano, fanno le libagioni rituali, cantano gli inni di Dioniso. Su proposta di Fedro, ognuno di essi pronuncia un discorso in lode di Eros. Non c'è argomento più adatto a una riunione dionisiaca: perché, come sapremo da Socrate, Eros è stato concepito da un dio ubriaco di nettare. Il discorso di Aristofane, uno dei commensali, annuncia il tema centrale del Simposio: l'alleanza, che si stabilì in quella notte unica al mondo, tra lo spirito erotico della filosofia e lo spirito dionisiaco, insieme farsesco e tragico, della commedia. Aristofane e Socrate appartengono per un momento allo stesso regno: sia la commedia che la filosofia balzano oltre l'intelligenza razionale per cogliere la verità suprema con un mito che illumina, splende, rivela ciò che la ragione da sola non sarebbe mai capace di esprimere; sia Aristofane che Socrate scorgono l'essenza di Eros nella mancanza e nella ricerca, nella morte e nella rinascita.
Quando la notte è al suo culmine, nel cortile si ode un gran frastuono. Poi irrompe nella sala il più elegante e indemoniato tra gli spiriti dionisiaci: Alcibiade, completamente ubriaco. Appena vede Socrate, si stende sul lettuccio accanto a lui, lo inghirlanda e ne pronuncia l'elogio. Per bocca di Alcibiade, Dioniso stesso esalta Socrate, e ci mostra in quest'uomo modesto, sobrio, ironico, la più alta incarnazione che lo spirito dionisiaco possa conoscere. Ma il Simposio non si trasforma in un'orgia sacra. Socrate non cede alla tremenda forza del dio. Egli è il seduttore che non si lascia sedurre, l'ispiratore che non viene invasato. Conosce tutti i religiosi deliri che assalgono l'anima degli uomini: la follia di Dioniso, la follia di Apollo, la follia di Eros: ne deriva tutta l'elevazione e la forza di verità; eppure trova in questa condizione una specie di calma e regale tranquillità, che gli permette di superare delirando lo stesso delirio.