Reazioni a caldo sul no a Ratzinger alla Sapienza

 

Una lettera di un  professore emerito di Milano

 

Carissimo                           dopo avere letto i giornali, scrivo a te per confidare la mia tristezza; tu mi conosci da tempo, non difendo a priori le posizioni in dibattito. Sono rattristato di quanto è capitato all’Università di Roma. E’ ridicolo prendere una frase da un discorso, una citazione di carattere storico, e non considerare tutto il contesto dell’argomentare. Hanno fatto cosi anche i fondamentalisti musulmani su di una frase estrapolata da un discorso a Ratisbona! Ha vinto il radicalismo di certa sinistra oltranzista, ha perso la libertà di ricerca e di dialogo e soprattutto la convivenza civile. Ma per me non è solo una questione politica, che mette in crisi la nascita del PD; è una questione epistemologica, perché nessun sapere può pretendere l’esclusiva della ricerca e recintarsi nel suo ambito come se fosse il tutto dell’universo conoscibile, e questa vale per la fisica come per la metafisica. Dal mio maestro, che tu conosci, ho imparato che bisogna distinguere per unire e se si dialoga si possono riconoscere le ragioni degli altri.Cordialmente                                                                                                                                           Piero Viotto

Un articolo  del  collega docente universitario LUMSA

 

Da Affari Italiani –quotidiano on line nazionale I laici nel labirinto del laicismo Milano Mercoledí 16.01.2008 13:13di Luciano Nicastro
                                                              filosofo e sociologo

Galileo Galilei
 

Si sente la mancanza di Norberto Bobbio. I “laici” sono rimasti senza le antiche virtù “laiche” se contestano in modo illogico e irrazionale persino il Papa che viene a dialogare con loro nel Tempio della ricerca e della “Sapienza”. Ideare una scuola aggressiva di laicismo ed una “settimana anticlericale” significa tagliare la barba non solo a Voltaire ma anche alla nostra rispettosa e corretta tradizione “laica” dopo la famosa “Questione Romana”. In questi anni i toni della rivendicazione “orgogliosa” della propria identità sono stati al di sopra delle righe sia da parte dei cattolici che da parte dei laici. La politica ha alimentato ed utilizzato a piene mani lo scontro e la reciproca delegittimazione. Non è cresciuto lo spazio dialogico di quanti preferivano avanzare, serenamente anche se appassionatamente, sul piano del merito nelle questioni aperte: quelle eticamente sensibili e quelle delle relazioni nuove, epistemologicamente più coerenti, tra fede e scienza in ordine alla controversa “dittatura” del relativismo. La struttura costitutiva della “relatività” dei fondamenti del sapere scientifico non favorisce il rigore filosofico e teologico fondato sulla ricerca di senso e sull’argomentazione aperta alla trascendenza né cancella l’esigenza virtuosa di una feconda e armoniosa convivenza “ragionevole” tra credenti e non credenti, tra pensatori e ricercatori, siano essi o meno sostenitori dell’evoluzionismo darwiniano, della famiglia “costituzionale” o delle unioni civili, del limite paradigmatico della decrescita o della sostenibilità “eticamente responsabile” (H. Jonas). Non è possibile porre in antagonismo la ricerca del volto di Dio con quella della sete di conoscenza dell’uomo per un nuovo dominio nell’universo. Le due direzioni sono “compossibili” se non si fanno confusioni di ambiti ed incursioni di campo. Galileo Galilei non è solo da inquadrare nel caso storico eclatante del conflitto “scienza-fede” del “processo” alle sue “Sensate esperienze e certe dimostrazioni” proprie della confutazione della presunta credibilità” del geocentrismo. Come è noto il suggerimento del Card. Roberto Bellarmino di porre in forma di ipotesi la tesi dell’eliocentrismo era non un semplice espediente offerto a Galilei per non incorrere nella condanna del S. Uffizio ma una più coerente e corretta applicazione del teorema della distinzione dei due livelli di approccio epistemologico alla verità di fede e alla verità di ragione, nella Sacra Scrittura e nella Scienza astronomica. Non si dimentichi che Galilei è uno scienziato ed un credente che risolve da “laico” il conflitto culturale, teologico e filosofico sulle questioni allora dibattute della ricerca scientifica con quella teologica e biblica sino al problema dell’esistenza reale di Dio nell’esperienza storica di Gesù il Cristo.

     

Oggi ci sono nel nostro Paese, ma anche in generale nell’Occidente, pochi segni di dialogo e troppi segnali di “riscosse”, laiche e cattoliche. Bisognerebbe dire che uno spettro si aggira da noi Università ed è “il vecchio inquisitore” che dismette e indossa secondo le circostanze di reattività gli abiti di Chiesa o quelli del neo-illuminismo di Paolo Flores d’Arcais (cfr. Micro Mega “Per una riscossa laica”, 2007). Non ha senso storico, culturale ed etico passare dal Grande Inquisitore al piccolo inquisitore “laico”, da una scuola di integralismo ad un’altra di cieco e moderno fanatismo che sa tanto di oscurantismo e di fideismo razionalistico. E’ il momento di far rinascere le virtù del laico e del credente, che in Galileo Galilei, uomo di scienza e di fede, convivevano in modo consapevole e profondo in una sintesi interiore di autonomia a libertà della ricerca come bene comune e valore primario da rispettare, tutelare e promuovere nel dialogo vivo e a tutto campo su tutte le questioni presenti nella società, nelle istituzioni stesse della Scuola Pubblica, dell’Università Statale e della ricerca impegnata. “La questione democratica” del nostro Paese non tocca solo il rispetto dell’autonomia degli ambiti concordatari ma anche quello del metodo euristico del discernimento dei valori comuni che possono consentire convergenze, condivisioni e sintesi dialettiche su linee di progresso della ricerca nel rispetto dei valori della persona umana, della libertà e della identità storica della Comunità nazionale senza il ritorno a storici e anacronistici steccati tra clericali e anticlericali. I giovani universitari non hanno bisogno, nella loro attuale condizione soci-culturale di “cattivi maestri” ma di una maieutica socratica. Per uscire dall’attuale labirinto (cfr. Norberto Bobbio, Autobiografia, Laterza, Bari 1997) non ci resta che la speranza che viene dall’uso della ragione per trovare una via di uscita comune e costruire insieme un sobrio ed onesto bene comune che esalti il valore sociale della fede e della scienza nelle istituzioni di alta cultura nella Chiesa e nelle religioni per una nuova e più profonda coesione spirituale nella società e nella politica.