La leggenda nera su Pio XII risale a Mounier? B. Comte storico di Lione fa chiarezza

Con il titolo arbitrario “La leggenda nera di Pio XII l’ha inventata un cattolico: Mounier”, lo scorso 20 giugno Sandro Magister ha presentato sul suo sito(www.chiesa.espressonline.it) due articoli sulle origini della leggenda nera” di Pio XII, recentemente pubblicati da due studiosi  romani. Nell’articolo

“Pio XII e la fine della seconda guerra mondiale”, apparso su LaCiviltà Cattolica del 4 giugno, Padre Giovanni Sale fa risalire le origini di questa “leggenda nera” al 1945, in seguito ala messaggio

del 2 giugno di quell’anno rivolto da Pio XII ai cardinali, nel quale

Pio XII fa un’allusione, secondo Padre Sale chiarissima, alla “soluzione finale”. La notizia, variamente commentata nel mondo, ha

provocato un violento attacco da parte di Radio Mosca che ha denunciato il silenzio del papa durante le ostilità. Fu l’inizio, scrive

Padre Sale, della “leggenda nera” di “Pio XII amico e alleato dei

nazisti”, che dopo essere stata orchestrata dagli ambienti comunisti

durante la guerra fredda è arrivata fino ai nostri giorni. Secondo

il riassunto di Sandro Magister,  l’articolo denuncia soprattutto la

propaganda comunista senza tirarein causa la figura di Emmanuel

Mounier. Parere diverso è espresso nell’articolo

di Giovanni Maria Vian(docente di filologia patristica all’Università

La Sapienza e membrodel Pontificio Comitato diScienze Storiche) pubblicato sullarivista annuale della facoltà distoria ecclesiastica dell’UniversitàPontificia Gregoriana ArchivumHistoriae Pontificiae. SandroMagister riporta questo importantearticolo, dal titolo “Il silenziodi Pio XII: alle origini della leggendanera”; l’autore risale al

1939 prima di citare gli attacchipolemici del mondo comunistacontro Pio XII, poi la controversiaaperta dal dramma di Rolf Hochhuth

“Der Stellvertreter” nel1963. G.B. Montini si è all’epocaimpegnato, alla vigilia e all’indomanidella sua elezione al Pontificato,nella difesa di Pio XII. Lostorico Giovanni Spadolini ha inseguito ripreso questa difesa, inun articolo pubblicato nel febbraio1965 dopo la prima rappresentazionea Roma della pièce“Le Vicaire”. Spadolini denunciauna manovra politica dei comunistie della sinistra, supportata dallacompiacenza di alcuni cattolici.Nel suo articolo, riassunto da G.Vian, egli spiega che se le accusecontro Pio XII sono state diffusedalla propaganda sovietica durante la guerra e riprese dai comunisti ai tempi della guerra fredda,tuttavia, alle origini di queste accuseci sono due intellettuali cattolicifrancesi, Emmanuel Mounier,sin dal 1939, e FrançoisMauriac nel 1951. G. Vian conclude

amentando come la “leggendanera” così creata ostacolioggi il miglioramento dei rapportitra la chiesa cattolica e il giudaismo,al punto che si dimenticanole origini delle accuse “nate inambienti cattolici e amplificatesoprattutto dalla propaganda sovieticae comunista e dai suoi nostalgici,che non perdonano a PioXII il suo anticomunismo”. Secondo lui, dunque, Mounier eMauriac sono stati i primi accusatoridi Pio XII. Di tutt’altro tono è l’articolo del 15 luglio di Piero Vassallo,che si basa sul libro dell’abate Vitaliano Mattioli (dell’UniversitàUrbaniana) Massoneria e comunismocontro la Chiesa in Spagna1931-1939 per denunciare gli errorio le menzogne di Mounier aproposito dei comunisti spagnoli, un Mounier “cattocomunista”, al pari degli altri profeti Maritain,La Pira, Dossetti, come pure dei loro successori Alberigo e Campanini.Vassallo, preso dalla suaossessione anticomunista, sembraignorare del tutto i numerosi scritti nei quali Mounier spiega, dal

Sulle presunte accuse di Mounier circa il silenzio di Pio XII

Bernard Comte

Storico, Universit. di Lione

(traduzione di Anna Vaccarili)

Il contributo cerca di far chiarezza sulla

posizione di Mounier di fronte al Pontefice.

Non si tratta di un attacco al Papa,

ma di una domanda di autentica spiritualità

SPECIALE MOUNIER

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Mounier, inventore della

“leggenda nera” di Pio XII?

1934 fino alla sua morte, la sua

posizione di radicale avversario

della dottrina marxista e del tolitarismo

staliniano che ha rifiutato

di schierarsi tra le fila dell’anticomunismo

politico e ha cercato di

essere un collaboratore autonomo

ed esigente del movimento comunista

che rappresentava l’aspirazione

dei poveri alla giustizia1.

Il mio obiettivo qui non è quello

di discutere in generale di questa

presentazione unilaterale della

“leggenda nera” di Pio XII, ma di

correggere l’errore commesso a

proposito del testo di Mounier, ritenuto

all’origine di questa leggenda2.

Il G. Vian sembra far affidamento

sull’articolo di Spadolini,

senza conoscere integralmente

quello di Mounier, apparso su LeVoltigeur3 nel 1939, con un titolo

interrogativo. Questa rivista bimestrale

di informazione e riflessione

politica è stata creata dal

gruppo di Esprit al tempo degli

accordi di Munich per combattere

l’atteggiamento di disfattismo di

fronte alla minaccia hitleriana e

per difendere la pace senza tremare

davanti al rischio della guerra.

Presentare il testo di Mounier solo

come una protesta contro il silenzio

di Pio XII sull’aggressione

commessa dall’Italia fascista contro

l’Albania, silenzio che Mounier

afferma essere causa di scandalo,

aldilà delle giustificazioni

diplomatiche, per molti che aspettano

una “Parola”, significa

deformarne il senso e la portata.

In effetti, Mounier tratta anche, e

in maniera più approfondita, delle

congratulazioni espresse da Pio

XII a Franco, vincitore della

guerra civile spagnola; in questo

caso, puntualizza, “non si tratta

più di silenzi, ma di affermazioni”.

È evidente che i drammi evocati

sono ben diversi dal massacro

degli ebrei d’Europa in piena

guerra mondiale. Il lettore di G.

Vian ignorerà d’altra parte il carattere

pedagogico di questo testo:

l’appello al Sovrano Pontefice

è anche un’incitazione ai cattolici

affinché escano dalla passività,

una testimonianza di solidarietà

verso i compagni non credenti

in cerca di giustizia, come

pure verso le vittime innocenti

della violenza armata.

Non si tratta per Mounier, lo

spiega egli stesso, di un attacco

contro la persona del nuovo papa

(di cui sottolinea con molto rispetto

“l’eccezionale qualità”), né

contro la funzione pontificia

(Mounier ha salutato in febbraio

la morte di Pio XI, “uno dei grandi

papi del mondo unito”, sebbene

abbia in precedenza deplorato la

debolezza del suo messaggio di

settembre sulla minaccia della

guerra4), né si tratta di contestare

in toto la politica condotta dalla

diplomazia vaticana. In maniera

più profonda, egli porta avanti, in

favore dei suoi lettori, cattolici e

non credenti, una riflessione avviata

sin dalla creazione della sua

rivista per restituire alla spiritualità

al tempo stesso purezza e forza

proprie, prendendo le distanze

dall’ordine conservatore e dalla

politica reazionaria. Mounier ha

già esplicitamente trattato nel

19375 la questione della “politica

vaticana”, molto controversa all’epoca

dei concordati firmati da

Pio XI. Rifiutando di addentrarsi

nelle polemiche “spesso ingiuste

dal punto di vista della critica e

altrettanto miopi sotto l’aspetto

della difesa”, esprime chiaramente

le sue opinioni. La chiesa non

può non intervenire, in nome della

sua missione spirituale, negli

affari della politica; ma i suoi rappresentanti

sono uomini con limiti,

pregiudizi e debolezze che i fedeli,

come pure i non credenti,

possono analizzare e criticare. A

questo punto chiama in causa la

latinità della Chiesa di Roma, la

prevalenza di italiani tra il suo

personale dirigente e suggerisce

un vero e proprio aggiornamento

del Concilio:

“Forse, in un momento in cui la

cattolicità appare instabile al suo

interno e minacciata dall’esterno,

è giunta l’ora per i suoi capi di tenere

le sedute universali. Non lo

sappiamo. Ma non oso nemmeno

immaginare quali conseguenze

avrebbe sui destini del mondo un

forte segnale di pace e di contraddizione,

di cui sono fuori discussione

sia la buona che la cattiva

fede; aspettiamo speranzosi un

impeto di eroismo che risollevi e

rafforzi la cristianità6”.

Nella stessa prospettiva, nel

1939 incita i membri della chiesa

cattolica a respingere nei confronti

degli atti politici o diplomatici

del Vaticano “la falsa docilità”

che nasconde una “assoluta inerzia

spirituale e politica, contraria

all’insegnamento centrale e alla

vita profonda della Chiesa”. Ciò

comporta un duplice lavoro di discernimento:

egli rifiuta “di giudicare

le azioni della nostra chiesa

solo dal punto di vista politico,

che spesso è solo casuale e che in

ogni caso non ne esaurisce il senso”

e chiede comprensione ai suoi

amici non credenti; ma lotta anche

contro la confusione tra atti

diplomatici e magistero religioso,

contro l’ignoranza di quella parte

di tradizioni, abitudini e calcoli

criticabili che si mischia agli atti

di questa politica temporale. È

quanto chiede ai cattolici di analizzare

senza timore. Il cattolico

come il non credente devono fare

“un grande sforzo di lucidità e di

comprensione” per esprimere la

propria opinione su questo argomento

nella maniera più imparziale

possibile. Si tratta del diritto

e del dovere dei fedeli di apprezzare,

in nome della “coscienza

cattolica”, senza pretese né parzialità,

gli atti politici delle autorità

ecclesiastiche e di parlarne ai

propri amici non credenti che

condividono i loro valori senza ri-

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conoscere il magistero religioso.

Deve così svilupparsi “un’opinione

pubblica cattolica” capace di

apportare alla chiesa, forte dei

suoi diplomatici e uffici, “soccorso

e controllo là dove, per necessità

vitale, essa si invischia nei

giudizi empirici degli uomini”.

Queste riflessioni, che, si converrà,

sono di tutt’altro ordine e

forse anche di tutta altra attualità

in questo inizio di XXI secolo, rispetto

alla “leggenda nera” di Pio

XII, Mounier le esplicita attraverso

due fatti recenti. Il primo è

l’allocuzione pasquale di Pio XII,

pronunciata il 9 aprile 1939, due

giorni dopo l’invasione dell’Albania,

senza che il papa evochi

l’aggressione brutale della “nazione

più cattolica d’Europa”

contro un “esiguo popolo disarmato”;

questo silenzio ha stupito

e deluso molti cattolici, come nota

nel suo giornale il cardinale

Baudrillart7, uomo di forte stampo

conservatore. Mounier è onestamente

disposto “a risolvere le

cose nel migliore dei modi”. Ammette

l’intervento segreto del

Pontefice per far conoscere la sua

opinione in alto loco e agire diplomaticamente

per “distogliere

l’Italia dall’avventura tedesca8”.

Grida allora: “Santo Padre, non ci

sono solo i Grandi popoli, ma anche,

semplicemente, i popoli, i

popoli abbandonati”, non solo il

popolo albanese, ma masse di cristiani

disorientati, i non credenti

che da un anno hanno riposto

un’immensa speranza nel papato

di Pio XI, si sono appoggiati al

segretario di Stato Pacelli che

speravano fosse il suo successore.

Senza mettere in discussione il

comportamento dettato al papa

dalla saggezza politica, né pretendere

di sostituirsi “alla coscienza

pontificia”, Mounier si sente in

diritto e in dovere di parlare come

fedele per dire “che lo scandalo a

causa di questo silenzio si è diffuso

tra milioni di animi. E che non

è una cosa buona che succeda uno

scandalo simile”. L’ultima frase

di questo paragrafo rende bene la

sua posizione e la sua intenzione,

intenzione politica, purchè si intenda

la politica nel senso che lui

le attribuisce, e cioè ispirata e animata

da valori cattolici. Scrive

Mounier:

“Liberi osservatori nella città

degli uomini, a un Pontefice che

probabilmente si chiede, nell’angoscia

di un conflitto interiore, se

deve scegliere la negoziazione o

l’eroismo, forse i fedeli più convinti

e quelli più tiepidi possono

aiutarlo nella decisione dicendogli

in quanti lo seguirebbero irresistibilmente

lungo le vie dell’eroismo,

qualora stabilisse di impegnarsi

in questa direzione”.

Secondo fatto, che Mounier

espone e commenta più a lungo, è

l’allocuzione rivolta da Pio XII a

metà aprile ai cattolici di Spagna

(il Papa si era congratulato con

Franco sin dal primo aprile per

“la vittoria della Spagna cattolica”,

ciò che aveva costernato, tra

gli altri, Maritain e il suo amico

Journet9, ma essi non hanno pubblicato

i loro commenti come

Mounier). Il Papa ha lodato “la

parte retta del popolo spagnolo”

per aver preso le armi “per difendere

l’ideale della fede e della civiltà

cristiana”; ha esaltato “i nobilissimi

sentimenti cristiani” di

cui hanno dato prova il Capo di

Stato e parte dei suoi collaboratori.

Mounier, confessando il suo

turbamento davanti a questo linguaggio,

si difende innanzitutto

dall’accusa di fare il gioco del comunismo10.

Dopo aver onestamente

ammesso che forse il Vaticano

non poteva fare a meno di

salutare la vittoria di Franco,

esprime, sotto forma di domande,

la sua sorpresa scandalizzata davanti

alla formule del Papa: esse

escludono dalla Spagna “retta”

tutti gli oppositori, i sindacalisti

cristiani e il clero basco che hanno

respinto il comunismo come i

cattolici repubblicani e i tanti sconosciuti

combattenti votati alla

causa del popolo; le formule fingono

d’altra parte di vedere in tutti

i partigiani di Franco dei cristiani

convinti, scevri da odio e da

egoismo, e dimenticano la crudeltà

dei bombardamenti e della

repressione.

Ma Mounier non intende restare

sul piano politico, laddove si

difendono uno schieramento e

una causa contro l’altro. Parla allora

da cristiano, onesto e solidale

con la sua Chiesa, ma anche difensore

di coloro che essa sembra

ignorare o isolare. Avendo l’impressione

che i giochi sono fatti,

dopo l’ingresso di Hitler a Praga a

prezzo della violazione della sua

recente firma, e che la volontà di

resistenza comporta l’accettazione

di una guerra spaventosamente

distruttrice, Mounier conclude il

suo testo con un giuramento solenne

al Santo Padre:

“Pensiamo che, dato come vanno

le cose, saremo presto chiamati

a morire a causa dei disordini che

ci sono nel mondo, quelli che si rivolgono

contro il cristiano e quelli

che il cristiano ha creato con i suoi

silenzi e le sue mancanze. Ci rivolgiamo

questa volta ai nostri attuali

doveri, non ci piacerebbe morire

senza aver deplorato davanti a voi

l’abbandono di tutti coloro che il

vostro silenzio, senza volerlo, ha

travolto Santo Padre, tenendo in

debito conto tutte le nostre incurie

e tutte le nostre accondiscendenze

di cristiani, molto poco fieri del

nostro passato quando apriamo un

po’ di più gli occhi davanti la loro

disperazione: questi pastori albanesi;

questo povero popolo spagnolo;

questi preti baschi che ho

visto piangere l’altro giorno mormorando

tra la loro disperazione

delle parole di affetto per voi; i

miei amici non credenti, che cominciavano

a scorgere dei bagliori

dello splendore cristiano e che si

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sentono rigettati nella loro sfiducia

ereditaria. Non posso fare niente

per loro, nient’altro che parlare.

Non avremmo chiesto niente per

loro, se non delle parole. In quanto

succede anche che la Parola vivifichi”.

È chiaro come Mounier si situi

su un piano completamente diverso

rispetto agli autori di una “leggenda

nera” che cercano, con il

comunismo internazionale, di far

passare Pio XII per un “amico e

alleato dei nazisti”. In questo testo

del Voltigeur, Mounier non ha

preteso di elargire insegnamenti a

Pio XII, esigendo che scegliesse

l’eroismo piuttosto che la diplomazia;

l’ha informato che se

avesse fatto questa scelta sarebbe

stato seguito “irresistibilmente”, e

non solo dai cattolici11. Ha rimpianto

l’assenza di parole di solidarietà

e incoraggiamento per

quanti sono sopraffatti dalla miseria,

vittime della deplorevole violenza

sfrenata, o gettati nella disperazione

dall’ingiustizia trionfante.

Sin dalla fondazione di

Esprit, ha costantemente fatto appello

ai suoi contemporanei, ai

cristiani in particolare, affinché si

impegnassero in questi atti di solidarietà.

La domanda cui egli si affida a

proposito degli atti politici di Pio

XII e dei suoi silenzi, domanda

che è una supplica per l’avvenire,

e non una critica a un comportamento

passato, si pone in continuità

con questa azione profetica,

molto più di quanto essa non sia

all’origine di una “leggenda nera”

che si è sviluppata su un altro registro

e in un contesto differente.

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1 Oltre ai suoi articoli sulla rivoluzione e il comunismo ripresi nella raccolta

Rivoluzione personalista e comunitaria e Le certezze difficili (Opere,

t.1 e 4), Mounier ha chiaramente fatto il punto nel novembre 1983, in

Le Voltigeur, sul suo duplice atteggiamento: rifiuto dell’anticomunismo,

“lotta totale” contro l’ideologia comunista (“Anticomunismo”, testo ripreso

in Il bollettino degli amici di E. Mounier, 23-24, dicembre 1964).

2 Per quanto riguarda François Mauriac, si tratta della sua allusione al silenzio

di Pio XII davanti al genocidio commesso dai nazisti contro gli

ebrei (nella sua prefazione al Breviario dell’odio di Léon Poliakov, nel

1951). L’oggetto della sua osservazione e il contesto sono completamente

differenti rispetto a quelli di Mounier nel 1939.

3 E. Mounier, “Interrogando i silenzi di Pio XII”, Le Voltigeur, 5 maggio

1939. L’articolo, circa 13000 battute, è stato riportato su Il bollettino

degli amici di Mounier, 23-24, dicembre 1964.

4 E. Mounier, “Al Voltigeur cattolico” (firmato: il Voltigeur non credente),

Le Voltigeur, 15 febbraio 1939. Articoli apparsi, insieme ad altri,

nello stesso numero del Bollettino.

5 Mounier aveva già trattato la questione de “la fondazione della Chiesa”,

della sua “superficie”d’istituzione umana e quella del comportamento

politico dei cristiani, nei testi “Confessioni per noi altri cristiani”

(introduzione al numero di Esprit Rottura tra l’ordine cristiano e

il disordine stabilito”, marzo 1933) e “Esiste una politica cristiana?”(

Esprit, giugno 1934), testi integrati a Rivoluzione personalista e comunitaria,

1935 (Opere, t.1). Ha puntualizzato l’analisi della “politica

vaticana” nel suo “Corto trattato sul cattolicesimo ondeggiante”, Esprit,

novembre 1937, riportato in Feu la Chrétienté (Opere, t. 3).

6 “Corto trattato del cattolicesimo instabile” (Feu la Chrétienté, Ed.

Seuil, 1950, p.33).

7 I Taccuini del cardinale Alfred Baudrillart (29 novembre 1935-11

aprile 1939), Parigi, Cerf, 1996, p. 1016.

8 Ipotesi confermata dagli archivi diplomatici della Santa Sede (cfr. Philippe

Chenau, Pio XII diplomatico e pastore, Paris, Cerf, 2003, p.235).

9 Journet-Maritain, Correspondance, t. 2, 1930-1939, Fribourg, Edizioni

Universitarie, 1997, p. 826, p. 831.

10 Il sunto in cui Mounier afferma che “è la rivolta di Franco, secondo il

parere degli stessi conservatori, che ha creato di sana pianta il comunismo

in Spagna, suscitando l’aiuto di Mosca e la riconoscenza di un

popolo generoso” è utilizzato da vassallo come prova del suo “cattocomunismo”.

11 Bisogna forse ricordare il comportamento di Mounier durante la guerra,

il rifiuto di abbandonare la Francia per l’America nell’estate del

1940, la prigione, l’internamento e lo sciopero della fame del 1942?

Tutto ciò testimonia l’autenticità del suo appello del 1939 in favore

dell’impegno politico.

NOTE