L’Immacolata Concezione e l’Assunzione di Maria: Una lunga strada verso il riconoscimento

18 Maggio

Sono serviti secoli di iconografia e tradizioni per arrivare, a metà Novecento, a riconoscere il mistero dell’Assunzione[1]. Riguardo all’Immacolata, nonostante le innumerevoli discussioni, non si è avuto alcun intervento del Magistero fino al secolo XV, con il pronunciamento favorevole di papa Sisto IV che, con la costituzione Cum praecelsa del 1476, istituì la festa dell’Immacolata concezione l’8 dicembre e con la bolla Grave nimis (1483) chiuse la bocca a quanti la contestavano[2]. La definizione definitiva è arrivata secoli dopo, con la bolla Ineffabilis Deus di Pio IX, l’8 Dicembre 1854: «La beatissima Vergine Maria fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, immune da ogni macchia di peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento»[3].

La contrarietà tra le diverse confessioni cristiane conferma la difficoltà di comprendere quel groviglio di affermazioni che conducono a una coincidenza oppositorum irrisolvibile per la ragione[4]. Del resto, senza ciò che è oltre l’intelligenza, l’umano finisce con l’essere subumano[5]. Per S. Weil sono proprio le contraddizioni della ragione che lasciano le facoltà discorsive al «ruolo di semplice strumento esploratore dell’intelletto»[6] e costringono a quella resa che apre le porte a Dio. Il mistero reclama un’adesione d’amore: «Le correlazioni dei contrari sono come una scala. Ciascuna ci eleva a un piano superiore dove abita il rapporto che unisce i contrari. Finché giungiamo a un punto in cui dobbiamo pensare insieme i contrari, ma dove non possiamo avere accesso al piano in cui sono legati. È l’ultimo scalino della scala. Là non possiamo più salire, dobbiamo guardare, attendere e amare. E Dio discende»[7].

[1] Molto prima che nella proclamazione di Pio XII del 1950, questa convinzione si trova espressa già nell’iconografia «La dottrina – scrive S. De Fiores – si basa su un testo apocrifo che si fa risalire al VI secolo, al cui interno però si può trovare un nucleo essenziale del II secolo. Si tratta di materiale antichissimo […] già le prime comunità cristiane si interrogavano sulla sorte di Maria […] Un tema su cui i Vangeli tacciono perché sono concentrati su Cristo: e allora, a supplire, arriva la fede dei primi cristiani» (S. De Fiores, Maria sintesi di valori. Storia culturale della mariologia, San Paolo, Cinisello Balsamo 2005).

[2] Cf J. B. Malou, L’Immacolata Concezione della beata Vergine Maria considerata come dogma di fede, Per Giacinto Marietti, Torino1857.

[3] Il pronunciamento pontificio si ebbe dopo che nel 1830 la novizia Catherine Labouré a cui era apparsa la Vergine, fece coniare la ‘medaglia miracolosa’ con su scritto: «O Maria, concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a voi». La bolla Ineffabilis Deus 1854 di Pio IX, è consultabile in https://www.sanpiox.it/archivio/images/stories/PDF/Testi/Encicliche/Pio_IX-Ineffabilis_Deus.pdf (visit. il 30.11.2020).

[4] Cusano chiamava concetti-limite quelli che trascendono «le capacità del nostro intelletto… poiché noi ci muoviamo attraverso quelle realtà che ci vengono mostrate dalla stessa natura» (N. Cusano, De docta ignorantia, I, cap. IV, cit. in Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano 1964, vol. VI, 1020-1021).

[5] Non a caso F. Nietzsche sosteneva che l’uomo è «una corda tesa tra l’animale e il Superuomo, una corda al di sopra del precipizio», «un ponte e non uno scopo», «un passaggio e un tramonto» (F. Nietzsche, Così parò Zarathustra, Adelphi, Milano 1975, 31ss.). Heidegger, dal canto suo, lo definiva “pastore dell’essere”, pensando più a un compito in rapporto a ciò che lo sorpassa che ad una sostanza (cf M. Heidegger, Lettera sull’umanismo, trad. it. F. Volpi, Adelphi, Milano 1995, 31).

[6] G. Gaeta, Riflessioni sull’opera Filosofico – religiosa di Simone Weil, in Aa.Vv., Simone Weil: la passione della verità, Morcelliana, Brescia 1984, 128.

[7] S. Weil, Cahiers II, Plon, Paris 1953, abbr. C II, tr.it. (1972), Quaderni II, Adelphi, Milano 1985, 408.