La Verginità di Maria: tra dogma e interpretazione contemporanea

Pensando a Maria 11 maggio 2023

Nel 553 il Concilio Costantinopolitano II (ma c’erano le basi già nel primo Concilio di Costantinopoli del 381) affermò chiaramente il dogma della verginità di Maria, corpo e anima, prima durante e dopo il parto: «[Il Verbo] prese carne dalla gloriosa Theotòkos (Madre di Dio) e sempre vergine Maria». La verginità fu poidefinita dal concilio Lateranense nel 649. Paolo IV nella costituzione Cum quorundam hominum del 1555 la ribadì “prima del parto, nel parto e dopo il parto, in perpetuo”[1]. Al Concilio lateranense fece eco la Lumen Gentium: «Il Figlio primogenito non diminuì la sua verginale integrità, ma la consacrò»[2]. Nell’esortazione Signum Magnum (13.5.1967) ancora una volta Paolo VI sostenne che Maria è «rimasta Vergine nel parto e dopo il parto, come sempre ha creduto e professato la Chiesa Cattolica»[3] e lo riaffermò nella Professione di fede del 1968: «Noi crediamo che Maria è la Madre, rimasta sempre Vergine, del Verbo Incarnato, nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo»[4]. Su questa fede convergono i cattolici, che la professano nel Credo.

P. Lefebvre, ricorda che in Dio essere vergini e genitori non corrisponde alle categorie umane, ma a due forme possibili dell’alleanza con Dio. Maria e Giuseppe vivono entrambe le vocazioni, ricongiunte armonicamente in un’unica via d’amore che realizza i due comandamenti principali nell’ordine in cui Gesù li ha indicati. Come sposi, dimostrano che le raccomandazioni evangeliche non sono dirette solo ai vergini, ma a tutti, chiamati a dare a Dio il primo posto. Come vergini invitano a non restringere il cuore ai propri cari, ma allargarlo ad ogni prossimo, sempre meritevole di amore. Ciascuno apprende da Maria e Giuseppe a coniugare l’amore per Dio con quello per lo sposo, i figli ed ogni prossimo, mantenendo con il rispetto dovuto al mistero della vocazione individuale.

La sensibilità contemporanea nota con disappunto l’insistenza – che a tratti appare ‘ossessiva’ – sulla verginità fisica di Maria, riducendo il senso di quel ‘non conosco uomo’ all’assenza di coniugio, alla presenza dell’imene, alla gravidanza e al parto. L’accentuazione fisiologica risulta una narrazione prevalentemente maschile pre e anti personalista, fatta propria anche dalle donne, in un contesto che considerava l’assenza di verginità condizione ostativa per il matrimonio. Secondo Gregorio di Nissa: «quello che nell’Immacolata Maria si realizzò fisicamente quando la pienezza della divinità risplendette in Cristo, attraverso la Vergine si realizza in ogni anima che rimane vergine secondo ragione»[5]. Infatti è vergine l’anima che risponde all’Amore che la convoca, instaurando un dialogo intimo e fecondo col suo Creatore.

(pp.31-32)

[1]H. Denzinger ­- P. Hünermann, et al., Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum. Testo latino a fronte. Ediz. Bilingue, 1 gen. 2009, abbr.DS, 1880.

[2] Acta Synodalia Sacrosanti Concilii Oecumenici Vaticani II, 25 voll., Città del Vaticano 1970-1978, abbr. AS Lumen Gentium, 57, nota 10 (d’ora in poi LG), consultabili in https://archive.org/details/ASI.3/page/n11/mode/2up, (visit.il 29.07.2020).

[3] Paolo VI, Signum Magnum (13.5.1967), consultabile in http://www.vatican.va/content/paul-vi/it/apost_exhortations/documents/hf_p-vi_exh_19670513_signum-magnum.html, n. 11 (visit.il 29.07.2020).

[4] Paolo VI, Professione di fede (1968), consultabile in http://www.vatican.va/content/paul-vi/it/motu_proprio/documents/hf_p-vi_motu-proprio_19680630_credo.html (visit.il 29.07.2020).

[5] S. Gregorio di Nissa, Sulla verginità, 2 in Detti editi e inediti dei Padri del Deserto, a cura di S. Chialà e L. Cremaschi, Qiqajon, Bose 2002, consultabile anche in https://www.scrutatio.it/archivio/articolo/padri-della-chiesa/1970/san-gregorio-di-Nissa-la-verginita, (visit.il 29.07.2020).