Una vita per educare

Attilio Danese e Giulia P. Di Nicola

Tracciare il profilo pedagogico di un amico che ci ha appena lasciati non è cosa semplice perché bisogna disgiungere l’amicizia dal riconoscimento oggettivo di quello che ha fatto, in questo caso una vita al servizio dei ragazzi.

Si tratta del Dirigente Scolastico Claudio Torreggianti.

L’ho conosciuto  alle prese con le sue variegate letture sul tema della valutazione e poi l’ho seguito, insieme a mia moglie Giulia Paola Di Nicola, lungo tutto il percorso da dirigente, attento alle novità didattiche e pedagogiche, con una certezza sempre vigile: l’alunno deve restare al centro dell’attenzione. Il paradosso delle istituzioni formative è che nascono per i giovani e finiscono spesso per essere più utili ai docenti. Claudio ha avuto chiaro sempre che il suo tempo, la sua retribuzione, il suo impegno avevano valore solo in funzione del risultato che poteva avere il suo sforzo educativo. Ha stimolato continuamente il corpo docente all’impegno e alla creatività, per incarnare lo spirito delle norme e aggiornarsi sulle preziose scoperte nei vari campi delle scienze umane  nel contesto operativo della scuola e a servizio di ogni alunno. Forse per questo poteva risultare talvolta troppo rigoroso (lo era dapprima con se stesso) o impermeabile alle esigenze pur comprensibili degli adulti.

L’orientamento fondamentale della sua cultura si colloca nel quadro del personalismo. Anch’egli era convinto che il disincanto del mondo postmoderno, dopo la caduta delle ideologie, dovesse portare necessariamente verso un personalismo creativo, che andasse oltre la contingenza storica del suo sorgere in quanto corrente filosofica e pedagogica. Proprio il crollo delle certezze, il pluralismo cultural-religioso e la complessità dei sistemi autoregolantisi gli sembravano chiamare in causa il riferimento alla persona per consentire ad una molteplicità di prospettive di incontrasi e collaborare. Non sarebbe possibile educare senza avere alcuni valori fondamentali di riferimento, condivisibili da fronti  diversi, attorno ai quali costruire quelle convergenze indispensabili a trasformare un agglomerato di individui in un corpo docente, e poi a livelli più ampi in un popolo, una nazione.

Forte del riferimento alla persona umana nella Costituzione della Repubblica italiana, Claudio Torregianti è riuscito a trovare il suo ostro filo conduttore costante  nel variare dei ministri, delle circolari e delle norme ministeriali, senza perdersi nei meandri della complessità burocratica. Ha indovinato la rotta. Oggi ancor più che ieri non è possibile costruire sinergie attorno a principi astratti della convivenza, a ideologie e a confessioni religiose;  neanche è possibile fare a meno di quell’unità primaria di riferimento di ogni azione sociale e politica che poggia sul riconoscimento della  comune umanità espressa nel volto del prossimo che si ha di fronte, specie quello di un fanciullo che domanda di essere aiutato a crescere.

Volendo evidenziare i suoi punti forti, mi piace sottolineare:

 

  • L’alunno come persona sempre degno di rispetto e di risorse qualunque sia la sua provenienza. Sulla scia di E. Mounier, ha cercato di ricordare il primato di una dignità infinita, di una presenza misteriosa e sacra nel soggetto umano, oltre le apparenti incongruenze, le difficoltà e anche gli scacchi che il  mestiere di educatore comporta.
  • Ha voluto che i discorsi astratti fossero orientati dal suo corpo docente ad una progettualità che avesse di mira la formazione integrale dell’alunno all’interno di un contesto di senso motivante. Non a caso ha selezionato anno dopo anno tematiche legate all’ambiente, al sociale, alla responsabilità civile, al lavoro, all’etica, coinvolgendo discipline e saperi, corpo docente, non docente e alunni in progetti attinenti e realizzabili gradualmente, nella tensione al raggiungimento del meglio possibile in un determinato contesto.
  • La diversità come valore e risorsa. Solo  distinguendo e mettendo a contatto più culture è possibile realizzare quell’accoglienza personalizzata che costituisce “il piccolo villaggio”. Unità e diversità non possono essere miscelate in un indistinto melting pot. Occorre mantenersi vigili sui principi universali dei diritti umani, ma nel rispetto particolare delle differenze e delle caratteristiche di ciascun ragazzo e di ciascun gruppo di appartenenza. La diversità gli è apparsa una ricchezza rispetto al rischio di chiudersi nel proprio “particulare”. Per questo non si è fatto tentare da  influssi di xenofobia, massimalismo e fondamentalismo, anche politico, che finiscono sempre con l’escludere quanti la pensano in modo diverso. Claudio Torreggianti ha cercato di coniugare intercultura e reciprocità seguendo la bussola unica della cultura personalista.
  • Protagonista nell’applicazione dell’autonomia scolastica, ha favorito nei docenti  il perfezionamento della  professionalità e la capacità di progettare e programmare l’azione educativa con iniziative a favore dell’apprendimento, della produzione, favorendo la soluzione delle difficoltà inevitabili nel lavoro in team con colleghi o esperti disciplinari. Ha coinvolto  il personale docente e non docente nella ricerca, allo scopo di  individuare le relazioni tra le discipline, curare i rapporti interpersonali, saper usare strumenti di valutazione, sperimentare percorsi didattici alternativi ed individuali, autovalutare l’efficacia del lavoro didattico personale e collegiale, selezionare gli elementi di qualità e valorizzare l’esperienza e le competenze acquisite.
  • Ha vissuto la dirigenza in un’epoca  complessa, soggetta a spinte innovative e dinamiche che richiedevano flessibilità e capacità di adattamento ai cambiamenti. Memore che la complessità vuol dire, appunto, confrontarsi costantemente con una infinita gamma di soluzioni, ha cercato di riattualizzare il proprio punto di vista e il proprio sistema di riferimento. Era necessario attivare, perciò, un continuo processo di apprendimento,  operare un cambiamento delle proprie abitudini, del proprio stile di vita (orari, viaggi, cambiamento di sede), del modo di pensare per poter essere all’altezza delle nuove sfide. Esiste, del resto, una evidente e stretta correlazione tra i mutamenti, che si determinano, l’esperienza che ne deriva e l’apprendimento.
  • Si è in grado di gestire il mutamento solo se si nella comprensione delle diverse situazioni si potenzia l’attrazione empatica per quanto ci viene proposto. Non a caso Claudio Torreggianti ha  dato l’importanza ai processi di apprendimento e di insegnamento puntando sullo  “stupore” e  sulla “seduzione” suscitati dal “mistero” che avvolge la realtà e in particolare la natura. Memorabile l’esperienza da lui fatta con alunni e insegnanti nei nostri boschi. Non è la fredda razionalità né la passione passeggera, ma quello stupore che nasce spontaneamente, senza forzature, occupando il cuore e la mente dei bambini e che tiene insieme soggetto e oggetto: la realtà si impone dall’esterno per la sua bellezza, per la sua imponenza,  per la sua capacità di scombinare il già visto e rinnovare la prospettiva sul mondo.
  • Un capitolo a parte merita la nostra attenzione di osservatori informati: il rapporto della scuola con le famiglie. La famiglia costituisce l’agenzia primaria ed è l’elemento culturale del sistema, il punto focale da cui partire per ogni lavoro educativo che abbia senso. Di qui l’importanza non solo del confronto, ma anche della interazione con i genitori in un clima di educazione permanente che la scuola è tenuta a contemplare col coinvolgimento  di tutti i soggetti disponibili. L’educazione permanente è un atteggiamento “verso la vita, che è per l’adulto, come per il fanciullo, il senso perenne della ricerca”, un modo per rispondere a quell’esigenza di investigazione, che è insito nell’animo umano, soddisfacendo a quella sete inesauribile di conoscenza e di progresso. La stessa creazione di un giornale  per coltivare il dialogo con le famiglie ha segnato una tappa significativa in questa direzione, senza dimenticare i frequenti  momenti formativi aperti a tutte le componenti della scuola con esperti di fama nazionale fatti venire appositamente per dibattere i problemi più urgenti.
  • Nella società complessa il modello scuola-centrico si rivelava  inadeguato. Cresce sempre più il sistema formativo allargato, una rete di soggetti formali ed informali in grado di fornire apprendimenti specifici a particolari gruppi sociali e in determinati momenti della vita. Claudio ha cercato perciò di favorire  uno stretto rapporto tra sistema sociale (istituzioni ed enti territoriali), sistema scolastico e cultura delle famiglie. Il ruolo dell’istituzione scolastica in quest’ottica sistemica, è stato di agevolare il cambiamento, individuando i bisogni specifici, le soluzioni e  i modelli adeguati, e di rafforzare in tutti il valore pedagogico delle scelte compiute nei differenti contesti.
    In ogni caso quando è in gioco la formazione delle donne e degli uomini di domani non possiamo non pensarlo attento e combattivo anche da lassù. A tutti noi che lo abbiamo conosciuto, alla città e alle istituzioni l’augurio di riconoscere e profittare del valore dell’impegno pedagogico di Torreggianti, facendo della sua testimonianza una risorsa di saggezza moltiplicata e offerta.