Il paese delle caste e degli sprechi[1]

Si legge nell’introduzione al libro  I Faraoni[2]: “L’Italia è il Paese delle caste, delle castine, delle lobby e delle corporazioni, ma anche dei furbi e dei furbetti. Un Paese in cui tutti o quasi hanno qualcosa da chiedere, da rivendicare, ma pochi sono disponibili a fare il loro dovere, a dare una contropartita o anche solo un obolo per gli interessi generali”. I primi a scrivere dei costi della politica e delle istituzioni non sono stati  Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, autori del noto saggio La Casta ma già nel 1991, lo aveva evidenziato Giovanni Berlinguer ne I duplicanti. Politici in Italia (Laterza), e tuttavia passò stranamente sotto silenzio. Anche il Pci, erede di Enrico Berlinguer lo ignorò.

Nel 2005 c’è stato un altro saggio di Cesare Salvi e Massimo Villone (senatori Ds), Il costo della democrazia (Mondadori), sollevò un po’ di polvere e procurò molte critiche agli autori soprattutto dall’apparato dei Ds che emarginò subito i due senatori. In questo libro, per la prima volta, si conobbero i veri costi della politica italiana, che nel 2005 ammontavano a 3-4 miliardi l’anno. Era il costo dei circa mezzo milione di persone che vivevano e continuano a vivere (stipendiate) di politica.

In questi mesi di crisi economica si parla e si scrive di ridurre gli stipendi le indennità, le pensioni, i “vitalizi” dei consiglieri, degli assessori, dei presidenti, dei parlamentari, a volte sembra una gara nel fare proposte, ma non si va oltre il misero 0,5 per cento in meno. Dove sono le cancellazioni dei Consorzi,  l’accorpamento dei piccoli Comuni, degli enti inutili, le Comunità Montane, i Consigli Circoscrizionali, delle stesse leggi, ritenute obsolete, anacronistiche o dotate di doppioni?

Ad oggi niente di tutto questo, solo promesse.
 Per esempio ci sono circa 110 enti inutili (al 2008), una giungla costosa di sigle che riesce a sopravvivere perché commissari, direttori generali, funzionari e impiegati non sono andati in pensione. Pensate soltanto nel 2007 ne è stato abolito uno fondato da Italo Balbo, la Lati (Linee aeree transcontinentali italiane).

Soltanto Liviadotti con il suo L’altra casta. Inchiesta sul Sindacato. Privilegi. Carriere. Misfatti e fatturati da multinazionale[3], ha dimostrato coraggio di pubblicare un saggio dedicato interamente allo strapotere dei sindacati e forse per questo ha avuto meno successo di altri saggi.

Per esempio ci sono circa 110 enti inutili (al 2008), una giungla costosa di sigle che riesce a sopravvivere perché commissari, direttori generali, funzionari e impiegati non sono andati in pensione. Pensate soltanto nel 2007 ne è stato abolito uno fondato da Italo Balbo, la Lati (Linee aeree transcontinentali italiane).
 Poi c’è la selva dei comitati, costituiti per affrontare o risolvere i problemi, che poi diventa arduo scioglierli. In dieci anni lo Stato italiano ha speso 67 milioni di euro per finanziare le attività di 158 comitati nazionali. Forbice e Mazzucca fanno riferimento a qualcuno come quello che ha l’incarico di redigere l’elenco degli aracnidi, i ragni pericolosi per l’uomo, o il comitato per l’Antardide, o per verificare i danni provocati dai campi di calcio in erba sintetica.  

 Ovviamente la parte del leone l’hanno fatta i comitati per celebrare i grandi anniversari storici, personaggi della politica, dell’arte, della letteratura etc. Poi c’è il Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro), un “organo ausiliario” dello Stato, composto da “esperti”, in questi anni pochi sanno a che cosa sia servito; i consiglieri, nominati dalle organizzazioni imprenditoriali, dalle confederazioni sindacali (Cgil, Csil e Uil), tutti percepiscono, 1600 euro al mese, una cifra modesta, ma per un impegno molto ridotto: la partecipazione a una riunione del ‘parlamentino’ una volta al mese e ai lavori delle commissioni, dove l’assenteismo è molto elevato.  

Che dire infine dei 20000  dipendenti della regione Sicilia, o delle 30000 guardie forestali siciliane?

Con il 15% della superficie forestale nazionale, tre regioni meridionali (Sicilia, Calabria e Campania) hanno in carico il 75% del personale regionale addetto in tutta Italia alla tutela del patrimonio boschivo.

Se non si tagliano le spese  si possono fare tutte le manovre fino a rimanere in “Mutande”, ma il problema non si risolverà: la Grecia insegna.


[1] Liberamente tratto da http://annavercors.splinder.com/post/25542398/una-manovra-senza-tagli

[2] Come le mille caste del potere pubblico stanno dissanguando l’Italia, Autori: Aldo Forbice  Giancarlo Mazzucca, casa editrice Piemme, 2009. 

[3] Bompiani, 2008