Marzo da matti
Una volta si diceva ‘marzo matto’ perché pioveva e
c’era il sole e la temperatura era alquanto instabile.
Oggi viene voglia di dire che questo marzo è ‘da
matti’.
Folle è la natura, perché come i folli non si lascia
governare, segue i suoi incoercibili impulsi e colpisce
alla cieca! L’uomo, pur straordinaria creatura, spesso si
illude, vanamente, di poterla dominare, di scoprirne
tutte le leggi e piegarla. Essa si prende gioco di lui presuntuoso
e lo rimette al suo posto. E così, ogni volta
che si verifica una catastrofe ‘naturale’,
come il terremoto in Giappone dell’11
marzo (quest’11 ormai fatidico), si parla
di ‘tragedia’ mentre meglio sarebbe dire
‘disgrazia’, cioè qualcosa che capita
senza concorso dell’azione umana , e
riflettere sulla nostra fragilità . Alla morte
non c’è rimedio. Fiat voluntas Dei.
Se la natura è folle, e lo sappiamo,
ancor più folli sono molti uomini, spesso
ai posti di comando: uno a caso,
Gheddafi Il grave è che potrebbero e
dovrebbero essere controllati da chi ha
senno, isolati quando commettono atti
sconsiderati, puniti, estromessi dalla
comunità internazionale. Spesso,invece,
si fa finta di niente, in nome del
petrolio, del gas, della paura del terrorismo e degli
immigrati e di chissà cos’altro. Si chiudono gli occhi,
per interesse e coscientemente, sulle tragedie delle
dittature, sulla mancanza di rispetto dei diritti
umani, sulle tragedie dei popoli che, specie se lontani,
tutto sommato non ci riguardano. Quando poi,
un folle che ha folleggiato per anni, comincia a sparare
sui ribelli che vogliono cacciarlo via, ecco che
gli uomini, che hanno finora avuto il senno dormiente,
avvertono una sorta di rigurgito della ragione, si
svegliano ed intervengono, per così dire, a fin di
bene . E la tragedia scoppia ancor più grande perché
essa scaturisce dalle sventure che riusciamo a procurarci,
paradossalmente, proprio con i nostri tentativi
di sventarle.
Il riferimento è, ovviamente alla guerra di Libia, una
guerra che incute paura perché è a un passo da noi,
perché non si sa cosa porterà dopo. I commentatori
sono scatenati nelle variegate interpretazioni dei
motivi del conflitto, i pacifisti hanno riposto le loro
bandiere, l’ONU ancora una volta ha dimostrato la
sua lentezza e la sua inadeguatezza, … insomma c’è
una grande confusione. E nell’attenzione
mediatica, nella ridda delle notizie
che ci confondono, nella mancanza di
figure di riferimento, la tragedia di quel
popolo si sta consumando per intero e
la nostra, con tutte le varie e possibili
ripercussioni, è appena agli
inizi.Quello che si avverte, in conclusione,
è che tra disgrazia e tragedia, di
fatto, non c’è differenza perché nell’una
e nell’altra definizione è contenuto
l’assioma che poter padroneggiare e
governare a nostro piacimento sia gli
eventi naturali sia i casi della storia è
pura illusione. Non si rileva la vittoria
della ragione né la capacità degli uomini
di dirigere le azioni in senso positivo.
Nel secolo appena passato gulag e shoah, la corsa
alla bomba atomica, il terrorismo nostrano e islamico,
sono stati tragedie immani frutto di un atteggiamento
umano che smentisce e deride la prosopopea
dell’uomo stesso. È più opportuno, forse, riflettere
sul senso della nostra fragilità, sulla vita che è il
‘sogno di un’ombra’ e umilmente accettare i propri
limiti, riconquistare un minimo di semplicità onesta
nel vivere per seminare l’operato di una ragione liberata
dal potere e dall’egoismo.
Ma già, poi… si rischierebbe la pace.
mdf