Riflessione sulla violenza nelle scuole

Leggendo alcuni articoli giornalistici propostici sul mondo della scuola si ha l\’impressione che le nostre scolaresche siano dominate da istinti brutali ed animaleschi, che i docenti usino la stessa brutalità nel reprimerle o mostrino assoluta indifferenza, come se le modalità di risoluzione delle controversie interpersonali tipiche di un mondo evoluto e civile avessero lasciato il posto ad una \”nuova\” ondata di violenza primordiale.

Che fine hanno fatto le indicazioni psicologiche e pedagogiche di cui tutta una generazione di docenti si è nutrita e che cosa è successo alla più parte dei discenti che, invece di essere spinti dalla volontà di apprendere, cercano selvaggiamente di affermare il proprio \”io\”,  calpestando i diritti dei più deboli?

E\’ proprio vero che la maggior parte dei nostri giovani sono \”bulli\” privi di ideali?

Probabilmente per la nostra scuola è giunta una crisi di trasformazione in cui i vecchi punti di riferimento sono venuti meno e i nuovi sono ancora parzialmente compresi e recepiti. Ne derivano scompensi psicologici e comportamentali e un profondo disorientamento, quello che Durkheim definisce \”anomia\”: uno spazio vuoto e privo di regole che lascia libero spazio all\’impulsività della violenza. Per usare una metafora moderna è come se si fosse premuto il tasto \”reset\”, lasciando ripulito di ogni imprinting quel particolare spaccato di società che è la comunità scolastica.

In realtà non vi è nulla di nuovo nella violenza, qualunque sia il nome che le attribuiamo: se la parola è moderna il fatto è antico, e al di là dell\’oblio e delle illusioni, la violenza si presenta quale \”destino \” insuperabile dell\’uomo da cui prendere coscienza senza cedere a paure eccessive o ad illusorie speranze.

Si tratta di un istinto che emerge nella volontà di potenza del \”superuomo\” di Nietzche o nel pensiero di Freud che pessimisticamente ritiene che non vi sia \”speranza\” nel voler sopprimere \”le tendenze aggressive degli uomini\”. Queste considerazioni non ci devono portare ad abbandonare le armi e a sentirci vittime di un destino tragico ed ineluttabile.

Quello che manca è la proposta di modelli positivi che porti i nostri giovani a far prevalere l\’aspetto riflessivo ed evoluto dell\’uomo, mettendo in ombra gli aspetti più animaleschi ed istintivi. Il grande studioso di problematiche giovanili, Pietropoli Charmet afferma che il problema dei ragazzi di questa generazione è che essi sono stati privati del senso di colpa, che ha caratterizzato quelle passate e sono guidati solo dal proprio narcisismo, per tale motivo è necessario rinominare il vivere degli adolescenti sulla base di nuovi impulsi. 

Se si condivide ciò, ne deriva che l\’unico modo per controllare i comportamenti dei ragazzi è quello di far leva sul senso di vergogna che può provare l\’adolescente o il giovane adulto nel non rispondere ai canoni di appartenenza al gruppo; si deve, allora, lavorare proprio sui \”canoni\” estetici e morali che possono essere il punto di riferimento di un cammino di crescita ; bisogna riempire lo spazio svuotato dai cambiamenti con \”uomini\” che siano tali a tutto tondo e che portino al perseguimento di obiettivi emulatori di crescita e di maturazione dell\’essere umano non basandosi solo su riferimenti effimeri e fallaci.

Non mi riferisco ad un sistema valoriale in particolare, né laico né religioso, ma al sistema valoriale per eccellenza, quello della ricerca della dignità in una dimensione che trascenda il quotidiano e che fissi degli obiettivi impegnativi, ma gratificanti per tutti.

Bisogna ciò dare come senso della formazione un unico item : lo sviluppo di uomini e donne a tutto tondo.