Vanno in paradiso solo i credenti praticanti? Come se la mettono i non credenti con Dio? Quale ponte tra gli uni e gli altri? I credenti devono solo insegnare o anche imparare in uno scambio reciproco di doni tra persone oneste?
In piena epoca di multiculturalismo ci sono differenti modi di adorare Dio, ma anche indifferenza religiosa, compresenza di praticanti, diversamente credenti e lontani. La convivenza è solo necessaria o porta con sé una ecologia dello spirito che libera i credenti da forme di spiritualismo, integralismo, confessionalismo e gli altri da forme superate di laicismo e ateismo?
Cogliendo il lato positivo di ogni seria ricerca di verità e di bene, si può valorizzare la ricchezza di ogni serio percorso di crescita umana, sganciandosi dall’alternativa “laicità o religiosità” e raccogliendo il positivo di ogni gesto di attenzione verso il prossimo, di ogni domanda di spiritualità. Particolarmente significativa è l’analisi delle forme implicite dell’amore di Dio, che sollecitando ogni persona alla piena e corretta realizzazione umana, la indirizzano anche verso Dio: amore e rispetto per la natura, silenzio nel chiasso della società consumista, rispetto dell’amicizia, cura dei bambini, fedeltà sponsale, compassione, solidarietà attiva, sofferenza, ascolto della coscienza, attenzione agli eventi, perdita del prestigio.
Se è vero che ogni essere umano avverte il bisogno di spiritualità, è altrettanto vero che a tale bisogno vengono spesso date risposte precarie, incerte o discontinue. Il punto di riferimento resta la Regola d’oro: «Fa’ agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te». Essa allude ad un umanesimo di tipo familiare e relazionale, che corrisponde al desiderio di costruire rapporti soddisfacenti con tutti e realizzare la civiltà dell’amore.
Cosa c’è, infatti, di più laico e di più divino della vita d’amore?
Cogliendo il lato positivo di questa esigenza, è possibile analizzare le ricchezze di ogni serio percorso di crescita umana, sganciandosi dall’alternativa “laicità o religiosità” e declinando il tema con particolare riferimento alla vita di relazione. Cosa c’è, infatti, di più laico e di più divino dell’amore? L’apertura all’altro, il dono sincero di se nel rispetto della diversità, possono così offrire l’opportunità di una testimonianza forte della vocazione di ogni persona a vivere in relazione, per poter “volare alto”.
Contro quanto si auspicava e si profetizzava negli anni Settanta del Novecento riguardo alla “morte di Dio” e all’ “eclissi del sacro”, il bisogno di spiritualità è oggi vivissimo, e nell’opinione pubblica si assiste ad una rinnovata attenzione verso quanto “parla di Dio”, tingendosi talvolta di sincretismo o in contrasto con le grandi tradizioni religiose.
È possibile, e come, vivere questa dimensione nella vita di coppia anche per chi non è dichiaratamente credente?