DONATO NEGRO
Arcivescovo
Perché abbiano la vita
Lettera Pastorale sull’educazione
Otranto 2011
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INTRODUZIONE
Carissimi fratelli e sorelle,
quante volte, da qualche tempo, mi capita di incontrare adulti che hanno a che fare con ragazzi e che si lamentano della „maleducazione. crescente! Basta intavolare una breve discussione ed ecco che si dà la stura a recriminazioni di ogni genere e a giudizi molto severi verso le giovani generazioni. Se poi si aprono i giornali, ecco che quasi quotidianamente si leggono notizie di teppismo giovanile, di bullismo a scuola, di violenze esercitate da ragazzi e adolescenti. È tuttavia chiaro che la banale e qualunquistica deprecazione lascia il tempo che trova: è un modo molto comodo per scuotersi di dosso ogni responsabilità e chiamarsi fuori.
E, del resto, è veramente realistico pensare che ci sia stata una sorta di „mutazione genetica. per cui le nuove generazioni siano naturalmente più irrequiete e caratteriali delle precedenti? Non è invece più sensato supporre che ci siano nuove ed esigenti sfide che oggi si pongono agli educatori e che non sempre vengono raccolte? Possono gli educatori – siano essi i genitori, gli insegnanti, i sacerdoti, i catechisti – semplicemente pensare che basti riprodurre i moduli e i paradigmi pedagogici che sono stati usati verso di loro dagli educatori di un tempo? Non ci sono in campo educativo meccanismi replicabili, ma una relazione con la libertà dell.uomo che avviene in precisi contesti storici e culturali.
Mi pare allora giusto e responsabile che tutti quanti noi, che abbiamo compiti educativi, ci sentiamo interpellati dai cambiamenti epocali che stiamo vivendo e, con serenità, senza ansie inutili e improduttive angosce, riflettiamo pacatamente sui modi migliori per rispondere adeguatamente alle sfide educative.
Come Pastore di questa Chiesa, mi sento di invitare tutte le comunità cristiane e, insieme, tutti coloro che sono impegnati in compiti educativi, anche se della comunità cristiana non si sentono parte, ad uno sforzo comune di buona volontà: per metterci insieme, confrontarci sui nostri cammini formativi, darci una mano, in vista del bene comune. Perché l.educazione è un bene comune: da essa dipendono tanti tratti essenziali del futuro vivere civile nella nostra società. Come ha affermato il Papa: “La frontiera educativa costituisce il luogo per un.ampia convergenza di intenti: la formazione delle nuove generazioni non può, infatti, che stare a cuore a tutti gli uomini di buona volontà, interpellando la capacità della società intera di assicurare riferimenti affidabili per lo sviluppo armonico delle persone”1.
Basta lamentarci: basta pessimismo: basta giudizi perentori verso le nuove generazioni!
Il problema, se un problema c.è, non è degli educandi, è ovviamente di noi educatori: “In particolare sembra necessario educare e addestrare anche gli adulti al dialogo, alla capacità di ascolto, al sapersi mettere nei panni dei loro interlocutori, ad utilizzare il «sì» e il «no» in forma educativa, a far rispettare le regole elementari del vivere civile andando anche contro corrente rispetto ai comportamenti sociali più diffusi pur di aiutare realmente i giovani a diventare
1 BENEDETTO XVI, Discorso alla 61a Assemblea generale della CEI, 27 Maggio 2010.
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autenticamente responsabili e liberi, conservando, da parte loro, la propria autorevolezza e il proprio ruolo” 2.
Per questo i Vescovi italiani hanno ritenuto opportuno porre al centro degli Orientamenti pastorali, per il decennio 2010-2020, il tema educativo: Educare alla vita buona del Vangelo. Educazione e Vangelo dunque: perché l.educazione è sempre co-implicata nell.evangelizzazione che è l.unica, grande, missione della Chiesa. Annunciare il Vangelo, testimoniare il Vangelo, incarnare il Vangelo. Le nostre Chiese locali, allora, si metteranno “al servizio del Vangelo per l.educazione integrale di quanti vorranno accogliere il dono che abbiamo ricevuto e che offriamo a tutti”3, diffondendo “la buona notizia che il Vangelo può trasformare il cuore dell.uomo, restituendogli ragioni di vita e di speranza”4, ma anche – contestualmente – “promuovendo la capacità di pensare e l.esercizio critico della ragione”5. Ecco dunque l.obiettivo che la Chiesa italiana si è dato per i prossimi dieci anni: lanciare “una rinnovata stagione di evangelizzazione”6 e, insieme, una proposta educativa che mira allo sviluppo della persona nella sua totalità7. Evangelizzarsi per evangelizzare, con fiducia, con fede: “A noi sta a cuore la proposta esplicita e integrale della fede, posta al centro della missione che la Chiesa ha ricevuto dal Signore. Questa fede vogliamo annunciare, senza alcuna imposizione, testimoniando con gioia la bellezza del dono ricevuto, consapevoli che porta frutto solo quando è accolto nella libertà. Il Vangelo fa emergere in ognuno le domande più urgenti e profonde, permette di comprenderne l.importanza, di dare un ordine ai problemi e di collocarli nell.orizzonte della vita sociale”8.
Questa mia lettera allora vuol essere un contributo per l.avvio di un confronto e di un approfondimento, innanzi tutto nella comunità cristiana: per rilanciare l.entusiasmo per l.avventura educativa come cammino di corresponsabilità comunitaria e per incoraggiare e sostenere sia il difficile e faticoso impegno di chi è direttamente investito di ruoli educativi sia la passione educativa che deve nascere e crescere nel cuore di tutti. Come ha osservato il Papa, parlando ai Vescovi italiani: “Educare non è mai stato facile, ma non dobbiamo arrenderci: verremmo meno al mandato che il Signore stesso ci ha affidato, chiamandoci a pascere con amore il suo gregge. Risvegliamo piuttosto nelle nostre comunità quella passione educativa, che è una passione dell.«io» per il «tu», per il «noi», per Dio, e che non si risolve in una didattica, in un insieme di tecniche e nemmeno nella trasmissione di principi aridi”9.
2 F. MONTUSCHI, La vita tra fare ed essere, in L. LEUZZI – F. MONTUSCHI, Aiutare i giovani a progettare la vita. La sfida educativa, oggi, Roma Morena, Ed. OCD, 2009, p. 20.
3 CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, n. 6.
4 Ibid., n. 8.
5 Ibid., n. 10.
6 BENEDETTO XVI, Discorso alla 61a Assemblea generale della CEI, 27 maggio 2010.
7 CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, n. 15.
8 Ibid., n. 4.
9 BENEDETTO XVI, Discorso alla 61a Assemblea generale della CEI, 27 maggio 2010.
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CAP. I
UNO STILE EDUCATIVO ANIMA DELLA PASTORALE
1.1. Rabbunì
Innanzi tutto allora, proprio guardando alla vita interna della Parrocchia e della Diocesi, noi dobbiamo essere consapevoli che l.educazione non è solo e non è tanto un “settore” della pastorale. Non si tratta, cioè, di pensare che, nell.insieme delle azioni pastorali promosse dalla comunità cristiana (evangelizzazione, catechesi, liturgia, carità), ce ne siano alcune di carattere educativo: normalmente – se non quasi unicamente – la catechesi e magari, in funzione di quella, la formazione dei catechisti per le varie fasce di età. Non è così. Una visione così settorializzata non è veramente e pienamente ecclesiale e, diciamolo pure, non ha senso. Se dovesse esserci è irrimediabilmente condannata all.irrilevanza evangelizzatrice e al fallimento educativo. Va, invece, ricordato con chiarezza che la Chiesa educa con tutto quello che è e che fa. La celebrazione liturgica è uno spazio altamente educativo, è una irrinunciabile opportunità di annuncio ai vicini e lontani, a praticanti abituali e occasionali; e non è da meno la vita concreta, la carità incarnata e vissuta con forza profetica: nulla educa, coinvolge, testimonia più dei segni concreti di amore, dei gesti di accoglienza e dono.
Il Papa ha affermato: “Tutte le attività della Chiesa scaturiscono dalla sua consapevolezza di essere portatrice di un messaggio che ha la sua origine in Dio stesso: nella sua bontà e sapienza, Dio ha scelto di rivelare se stesso e di far conoscere il mistero della sua volontà (cfr. Ef 1, 9; Dei Verbum, 2). Il desiderio di Dio di farsi conoscere e l.innato desiderio di ogni essere umano di conoscere la verità forniscono il contesto della ricerca umana sul significato della vita. Questo incontro unico è sostenuto entro la comunità cristiana: chi cerca la verità diventa uno che vive di fede (cfr. Fides et ratio, 31). Ciò può essere descritto come un movimento dall.«io» al «noi», che porta il singolo ad essere annoverato entro il popolo di Dio”10.
Perciò l.educazione, nel suo senso più profondo e reale, è l.anima di tutta la pastorale. Possiamo forse pensare a qualche momento della vita di Gesù in cui egli non sia stato il Maestro? Gesù è sempre, in ogni sua azione, in ogni suo comportamento, in ogni sua parola Rabbunì: il Maestro caro. E la Chiesa non è veramente alla sequela del suo Signore e Maestro, non è fedele alla sua missione evangelizzatrice che dal suo Maestro ha ricevuto, non è credibile e non è credente, se non vive quello stile caldo e sincero di passione educatrice vera che è di Gesù.
Senza quello stile disinteressato e puro, la Chiesa corre il rischio di sembrare come un vecchio e pedante professore che ripete sempre le stesse cose, con la cantilena noiosa e con l.arcigna severità, oppure come una autoritaria maestrina, che conosce solo il registro del rimprovero moralistico e che urla per imporre una mortificante disciplina. Insomma una caricatura di educatrice: che non riesce più a parlare ai giovani e che perciò i giovani non ascoltano.
Noi non siamo a questo punto: preghiamo di non doverci mai giungere. Eppure in tante abitudini sclerotizzate, in tanti schemi stantii, in tanto ripetere stancamente e senza fantasia rinnovatrice
10 J. RATZINGER – BENEDETTO XVI, Servitori della Verità. Riflessioni sull’educazione, Brescia, La Scuola, 2009, pp. 60-61.
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quello che si e sempre fatto, il rischio della pedanteria didascalica . cioe del contrario della vera educazione . e sempre in agguato. Il Vangelo di Gesu e continuamente nuovo, anche gli otri nei quali lo versiamo devono essere nuovi.
Questa fresca Buona Novita che e il Vangelo ha, peraltro, segnato la grande tradizione della Chiesa. Rinnovare gli schemi pastorali, aggiornarne i paradigmi educativi non significa cioe interrompere traumaticamente un lungo e importante cammino, non vuol dire per nulla segnare una discontinuita con l.eredita che abbiamo ricevuto e buttare via tutto il bene che c.e stato: al contrario significa essere veramente . e percio creativamente . fedeli a quella Tradizione, cioe allo Spirito. Si e fedeli non se ci si ferma e ci si illude che quello che si e maturato nell.ultimo pezzo di strada fatta basta e avanza e che non ci sia piu bisogno di camminare. Questo e tradizionalismo educativo che offende e uccide la grande Tradizione della Chiesa. Ed e sfiducia e chiusura di cuore verso l.azione dello Spirito, che anima e guida la Chiesa nel cammino verso il Regno e fa si che la Chiesa cammini con un desiderio continuo di purificazione e di riforma, per essere sempre piu vicina al Vangelo.
1.2. Mater et Magistra
Lo stile educativo che fin dall.eta apostolica ha portato tanti significativi frutti nella storia, animando la vita pastorale delle comunita cristiane, si esprime in quella sequela di Cristo Maestro, in quella fedelta al Vangelo, in quella apertura generosa e fresca allo Spirito, che fanno della Chiesa una Madre e una Maestra.
Si possono generare tanti figli, al fonte battesimale, e non essere, solo per questo, veramente Madre; si possono istituire tanti luoghi di insegnamento della dottrina cristiana e non essere, solo per questo, veramente Maestra.
La prima attenzione, dunque, sta nello stile complessivo della nostra vita pastorale perche sia veramente educativo e non diseducativo e percio anti-evangelico. Non basta dire ¡°parole¡± di Vangelo, se poi con la vita quelle parole si smentiscono. Sarebbe come il medico che dice al paziente di non fumare avendo lui una sigaretta in bocca: si, quello che dice e giusto ma il suo ¡°stile¡± non e certo educativo. E la contraddizione che Gesu intravede nei Farisei, percio ammonisce: fate quello che dicono, ma non comportatevi come si comportano, perche dicono e non fanno.
Come comunita cristiana . preti, religiosi e laici . dobbiamo fare questa verifica del nostro stile educativo: seguiamo forse anche noi il fariseismo pedagogico? Pensiamo cioe che sia sufficiente solo predicare bene (e magari ¡°razzolare¡± male)? Impartire lezioni con grande enfasi e prosopopea, addirittura con durezza inflessibile, e poi fare esattamente il contrario con i nostri quotidiani comportamenti? Meno prediche e piu vita evangelica! Cosi l.educazione cristiana comincia a costruirsi sulla roccia.
Si potrebbe dire che cio implica la ¡°pedagogia del buon esempio¡±, in termini cristiani si chiama testimonianza. Come continuamente diceva Paolo VI, l.uomo contemporaneo ascolta piu volentieri i testimoni che i maestri o se ascolta i maestri lo fa perche sono testimoni11. E Benedetto XVI, ha, recentemente, aggiunto: ¡°Anche nel piu ampio contesto sociale, proprio l.attuale emergenza educativa fa crescere la domanda di un.educazione che sia davvero tale: quindi, in concreto, di
11 PAOLO VI, Evangelii nuntiandi, n. 41.
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educatori che sappiano essere testimoni credibili di quelle realta e di quei valori su cui e possibile costruire sia l.esistenza personale sia progetti di vita comuni e condivisi¡±12.
Piu che insegnare al figlio una preghiera a memoria, serve che il figlio veda i genitori pregare. Piu che sgridare per simulazioni e bugie, servono comportamenti limpidi e chiari. Piu che fare sermoni ai figli sul non sprecare i soldi, serve uno stile di vita familiare sobrio, che trovi forme di condivisione solidale con chi ha necessita (corporali e spirituali). I figli sono un sensibile termometro di contraddizioni e ipocrisie genitoriali: ¡°Quello che piu indispone i figli, specie nell.eta adolescenziale, e la proclamazione di grandi principi; rispettivamente, e l.atteggiamento per cosi dire predicatorio, che facilmente accompagna quella proclamazione. Alla tentazione sono piu esposti, paradossalmente, proprio quei genitori che hanno una pratica cristiana personale piu consolidata. Dai genitori i figli attendono non proclamazioni, ma testimonianze, rese convincenti dal coinvolgimento personale. Nell.appello dei genitori ai grandi principi essi avvertono spesso una strategia per sfuggire al confronto personale. In questo hanno ragione¡±13.
Naturalmente la testimonianza personale non vuole dire che i genitori devono porsi come cristiani perfetti ed esemplari (con il rischio che si credano veramente tali): non sarebbero cristiani ma ¡°farisei¡±. Vuol dire, invece, lasciarsi coinvolgere in un confronto esistenziale serio con i figli: le pratiche educative si verificano sui vissuti e sull.elaborazione relazionale (tra genitori e figli) della loro coerenza, cosi che il genitore sia il genitore: un genitore certo non perfetto, ma sempre coerentemente disponibile al confronto su scelte e comportamenti (e perfino sul loro profilo di autenticita cristiana) e percio, come il figlio, perfettibile e ¡°in cammino¡±.
La pedagogia del buon esempio, allora, non si sostanzia tanto in singoli atti, in buone azioni, ¡°esibite¡± e proposte come modello, ma nell.essere dei genitori, cioe nel loro normale modo di vita: a partire, soprattutto, dalla tenerezza coniugale e dalla capacita di perdono, tra marito e moglie, dei reciproci difetti, incoerenze ed errori: di perdono richiesto e di perdono accordato.
E quello che vale in famiglia, vale anche nella comunita ecclesiale.
1.3. Ascolto, accoglienza, comprensione
Lo stile educativo, dunque, che deve animare tutta la nostra pastorale deve fondarsi, potremmo dire, sulla pedagogia della maternita. La Chiesa e Madre e Maestra: e innanzi tutto Madre e puo essere Maestra se e nella misura in cui si dimostra veramente Madre.
Lo stile che deve animare tutti i momenti di tutte le nostre comunita, di tutte le azioni degli animatori pastorali in tutte le forme dei loro impegni deve essere sempre materno: che e quanto dire autenticamente evangelico nella testimonianza vissuta. Chi si accosta alla comunita . bambino che viene a Messa o alla catechesi, ragazzo che si avvicina alla parrocchia, adolescente o giovane che incontra nella comunita cristiani adulti, giovane coppia che si riaccosta per ricevere il sacramento del matrimonio, famiglia anche non praticante che chiede l.iniziazione cristiana dei figli . deve incontrare un ambiente familiare e materno, un clima di serenita materna, che colpisce per l.ascolto, l.accoglienza e la comprensione.
12 J. RATZINGER – BENEDETTO XVI, Servitori della Verita. Riflessioni sull¡¯educazione, cit., p. 73.
13 G. ANGELINI, Educare si deve: ma si puo? Milano, Vita e Pensiero, 2002, p. 232.
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Ripeto: un ambiente che si riconosce e rimane impresso per l.ascolto che mette in atto (con tenerezza e senza giudicare), per l.accoglienza che vive (con affabilita e cordialita sorridente), per la comprensione che dimostra (con sollecitudine e vero interesse, ma senza invadenza intrusiva e indebita curiosita).
Tutto questo e anche importante sia per il discernimento dei carismi sia per la formazione dei formatori. Come non puo essere parroco cosi non puo essere operatore pastorale chi ha difficolta a vivere questa disponibilita materna e a costruire attorno a se una Chiesa di ascolto, accoglienza e comprensione. Cosi come si formano . anche pedagogicamente . i sacerdoti a questa pedagogia della maternita spirituale, cosi ad essa vanno formati tutti i formatori, tutti coloro che nella comunita cristiana ricevono una missione educatrice.
I cambiamenti storici che stiamo vivendo e che investono in modo radicale culture e mentalita, anche per la potente azione dei mass-media, fanno si che oggi molte persone, di ogni eta, siano disorientate sulla vocazione e sulla missione della comunita cristiana e percio si rivolgano, sempre piu spesso, ad essa con richieste improprie. La pervasiva mentalita corrente, insieme nichilista e post-secolare, non e contraria alla religione, ma tende a costruire religioni individuali, fai-da-te: il legame ecclesiale perde rilevanza e persino senso. Dobbiamo essere ben consapevoli che questa e la caratteristica del tempo che ci tocca vivere. Sempre piu le persone si avvicinano alla comunita cristiana pensando, anche in buona fede, di essere portatrici di un personale diritto ¡°religioso¡± che deve essere soddisfatto, nelle forme e nei modi da loro desiderati, dalla comunita stessa e, in particolare, dai suoi Pastori. Attenzione: queste persone vanno ascoltate, vanno accolte e vanno capite. Cio non significa che vadano sempre ¡°esaudite¡±: ma e importante che anche l.affermazione di un valore (prima ancora di ¡°norme¡±), che porta a scelte e indirizzi difformi se non opposti ai loro desideri e alle loro richieste, sia sempre pero comunicato con modalita tali che le persone stesse si sentano comunque capite: ascoltate non liquidate con burocratico fastidio, accolte non giudicate con arrogante supponenza, comprese non rimproverate.
In particolare, poi, a tutti coloro che avanzano richieste di sacramentalizzazione, per loro stessi (giovani nubendi) ma soprattutto per i figli, deve essere comunicato, con calda simpatia e con vera umanita, che l.obiettivo della Chiesa non e il catechismo o il sacramento, ma la felicita delle persone (cioe la salvezza): proprio in vista di tale felicita Gesu ha istituito i sacramenti e la stessa Chiesa. Il Parroco qui ha un ruolo fondamentale e delicato – forse oggi il piu importante sulla linea di una pastorale missionaria -: quello di essere, di norma, la persona a cui ci si rivolge per la ¡°domanda religiosa¡±: non risponda in modo stereotipato e sbrigativo, dando moduli da compilare e rimandando ad incontri collettivi, poi gestiti con insopportabile pesantezza; ma si coinvolga personalmente, vada a trovare le famiglie nelle loro case, dia per primo l.esempio di ascolto, accoglienza e comprensione.
Non dobbiamo lamentarci se i genitori che non fanno parte della nostra ¡°comunita eucaristica¡± (che cioe non praticano la Messa domenicale) mandano i figli al catechismo e chiedono, secondo tradizione, prima comunione e cresima: pronti a ¡°pagare il dazio¡± di accompagnare una volta a settimana i figli in parrocchia per un.oretta, per poi organizzare le feste rituali dei sacramenti, come ¡°fanno tutti¡± e come anche per loro e stato. E inutile – ed estraneo alla pedagogia materna – stare a lamentarci, rovesciare piu o meno surrettiziamente un.accusa di incoerenza sui genitori, lamentare con sprezzo l.inutilita di un catechismo stiracchiato e strapazzato e di sacramenti svuotati di ogni sacralita e mondanizzati. Certo, in cuor nostro dobbiamo sentire un vivo dolore per i processi di svuotamento nichilistico del Vangelo e dell.esperienza cristiana, ma poi non dobbiamo rendercene,
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malgrado tutto, complici, proponendo risposte pastorali inadeguate: se il medico prescrive farmaci che non servono per la patologia del paziente, non solo non ne migliora la salute, ma puo anche, colpevolmente, peggiorarla.
L.impatto di diversificazione e di relativismo che la globalizzazione rovescia sulla famiglia non va letto, da parte della parrocchia, solo come un handicap e un pesante ostacolo, ma va anzi, a sua volta, ribaltato in occasione provvidenziale e in opportunita per passare, veramente, ad una pastorale di evangelizzazione: ¡°Oltre che risorsa, la famiglia, oggi, proprio nei suoi aspetti piu problematici, e via per la composizione di un assetto della Chiesa che sia piu decisamente aperto all.evangelizzazione. Parliamo moltissimo di evangelizzazione, ne facciamo pochissima: cominciamo dalla famiglia, ripeto, via per una composizione della Chiesa veramente aperta all.evangelizzazione e al dialogo. [¡¦] Una Chiesa chiusa in se stessa che si riducesse a contemplare la propria bellezza di grazia, arroccata per paura del mondo in una posizione di difesa, non sarebbe in grado di dare testimonianza della fede al mondo d.oggi¡±14.
Allora i Pastori e tutti gli operatori dovranno stabilire un dialogo sincero e prioritario con tutti i genitori, anche se non partecipi della ¡°comunita eucaristica¡±, per dir loro: noi vogliamo solo la felicita dei vostri figli; a questo fine pensiamo di realizzare un luogo educativo sano, cosi raro oggi nella societa, a loro beneficio; in questo contesto pensiamo siano di grande importanza percorsi di gioia spirituale, di crescita umana e di formazione morale, che avranno percio i loro specifici momenti. E la Comunita con la sua vita, immersa con un annuncio di salvezza nella storia del mondo, che dobbiamo presentare, alla quale dobbiamo invitare: vieni e vedi.
1.4. Il santo degli educatori
Vorrei offrirvi, a questo punto, un grande esempio storico: meglio, vorrei richiamare la figura di un grande testimone dell.educazione cristiana contemporanea: San Giovanni Bosco.
Come e noto, don Bosco ha speso tutta la sua vita per l.educazione dei giovani, con una calda passione educativa e con una viva sensibilita sociale. Si e occupato, infatti, soprattutto dei ragazzi dei ceti piu poveri e ha avuto sempre un atteggiamento che non escludeva i ¡°soggetti piu difficili¡±.
Dell.esperienza di don Bosco e della congregazione religiosa da lui fondata, i Salesiani, due aspetti mi piace soprattutto ricordare: il metodo pedagogico e l.attenzione all.educazione sociale. A don Bosco e generalmente ricondotto il ¡°metodo preventivo¡±. In un.eta in cui l.educazione si svolgeva con metodi normalmente repressivi e correttivi, portare a valore pedagogico la ¡°prevenzione¡± significa sia rilevare che la pratica educativa deve rapportarsi soprattutto ai bisogni e alle caratteristiche dell.educando e non dell.educatore, sia concepire l.educazione stessa come un complesso processo che si distende nel tempo, intrecciando elementi legati alla crescita psicologica dell.individuo, nelle varie eta della vita, con la rete di relazioni umane provenienti dal suo ambiente.
Piu che un.attivita fatta di momenti puntuali, l.educazione reclamava allora un.attenzione prospettica e un impegno dall.orizzonte lungo. Prevenzione quindi, come metodo che non consiste soltanto nell.evitare esperienze negative quanto nell. ¡°educare al positivo¡±, proponendo esperienze coinvolgenti, belle, nobili, capaci di attrarre a qualunque eta verso il bene. L.accompagnamento e la
14 S. DIANICH, Famiglia, via e risorsa della Chiesa, in S. NICOLLI – E. e M. TORTALLA (a cura di), Stile di vita della famiglia cristiana, Siena, Cantagalli, 2009, p. 317.
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modalita relazionale attraverso cui si applica il metodo preventivo. Un accompagnamento che implica un farsi presenti accanto e in mezzo ai giovani, un condividerne la vita, gli interessi, i linguaggi. Un accompagnare che e vissuto con amorevolezza, altro punto di forza del sistema preventivo, che lungi dall.essere semplice buonismo, e l.arte di intrecciare verita e amore in modo profondo. Don Bosco, infatti, scriveva: ¡°Chi vuol essere amato bisogna che faccia vedere che ama¡±15. Atteggiamenti non sempre semplici che richiedono all.educatore passione educativa, liberta interiore e una forte spiritualita. Credo che tutto cio sia significativo anche per noi oggi.
Sarebbe, per esempio, importante far capire ai genitori che servira a poco rivolgersi al parroco e alla parrocchia quando il figlio avra, eventualmente, da adolescente o giovane, problemi di droga o peggio. Preoccupiamoci di piu e meglio e con piu frutto oggi, per preoccuparci di meno e inevitabilmente peggio e con prevedibilmente scarso frutto domani. Non si tratta, naturalmente, di terrorismo psicologico d.accatto o di meschino ricatto ¡°differito¡±. Si tratta di una forma, forse un po. brusca e rude, di porre un problema vero (e comune). Piu nobilmente si tratta di portare a valore pastorale, nelle nostre comunita, il metodo preventivo di don Bosco: senza peraltro distorcere tale metodo in senso iper-protettivo.
Ma l.esperienza del sacerdote torinese e dei religiosi Salesiani, da lui fondati, e molto attuale anche nella grande attenzione che presta all.educazione sociale. Come ha osservato Benedetto XVI, nella sua visita a Leuca nel 2008, ¡°in un contesto che tende a incentivare sempre piu l.individualismo, il primo servizio della Chiesa e quello di educare al senso sociale, all.attenzione per il prossimo, alla solidarieta e alla condivisione. La Chiesa, dotata com.e dal suo Signore di una carica spirituale che continuamente si rinnova, si rivela capace di esercitare un influsso positivo anche sul piano sociale, perche promuove un.umanita rinnovata e rapporti umani aperti e costruttivi, nel rispetto e nel servizio in primo luogo degli ultimi e dei piu deboli¡±16.
Scrivendo poi al Capitolo Generale appunto dei Salesiani di don Bosco, il Papa ha esortato a proseguire sulla strada intrapresa ¡°superando un .modello liberale. [¡¦] di fronte ai rischi e alle minacce della mediocrita e dell.imborghesimento [¡¦] elaborando insieme risposte alle sfide della post-modernita, dell.interculturalita e della comunicazione sociale e cercando nel contempo di venire in aiuto delle famiglie¡±17. Attenzione, dunque, a non arrendersi all.individualismo strisciante: il nostro stile educativo e i nostri percorsi formativi siano interiormente tesi al farsi prossimo, non lascino campo all.egoismo, puntino – come fece don Bosco – ad una pedagogia ¡°popolare¡± (nel senso del Popolo di Dio).
L.eredita pedagogica di don Bosco, ha ancora molto da dire e puo continuare a dare frutti educativi: ¡°E indispensabile aiutare i giovani a valorizzare le risorse che portano dentro come dinamismo e pensiero positivo; metterli a contatto con proposte ricche di umanita e di valori evangelici; spingerli ad inserirsi nella societa come parte attiva attraverso il lavoro, la partecipazione e l.impegno per il bene comune¡±18.
15 G.BOSCO, Lettera alla comunita salesiana dell¡¯Oratorio di Torino-Valdocco, in P.BRAIDO (a cura di), Don Bosco Educatore. Scritti e testimonianze, Roma, LAS, 1992, p.381.
16 BENEDETTO XVI, Omelia a Santa Maria di Leuca, 14 giugno 2008.
17 BENEDETTO XVI, Lettera ai partecipanti al XXVI Capitolo Generale dei Salesiani di don Bosco, 1 marzo 2008, nn. 2, 3, 6.
18 Ibid., n. 4.
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CAP. II
L.EDUCAZIONE LIBERATRICE
2.1. Oltre l¡¯autoritarismo e l¡¯abbandono permissivo
Affinche la relazione educativa sia pienamente umana e, insieme, pedagogicamente efficace, e importante che sia ¡°paritaria¡± dal punto di vista della dignita personale, cosi da non determinare forme improprie di dirigismo o, peggio, di autoritarismo umiliante e diseducativo; e pure importante, peraltro, che ci sia una complementarieta non piattamente simmetrica tra educatore ed educando, cosi da non annacquare la densita pedagogica della relazione stessa.
Il passato, anche recente, e stato nel segno onnipervasivo e onnipotente dell.Autorita: cosi che l.autoritarismo dominava, con logiche impositive, addirittura talvolta violente, nella famiglia, nella societa, nella scuola, perfino nella Chiesa. La ¡°formazione¡± significava obbligare in una ¡°forma¡±. L.educazione era intesa come domare e ammaestrare un animale selvatico, perche obbedisse al comando, allo schioccare di frusta. L.istruzione era vista come un indottrinamento forzoso: riempire di nozioni un sacco vuoto.
Questo autoritarismo e stato spazzato via non tanto da forme culturalmente piu illuminate e eticamente piu sensibili di educazione umana, quanto da dinamiche di ¡°cultura televisiva¡± che, sedimentandosi, hanno spinto verso consumi e mode, hanno condizionato comportamenti, hanno polarizzato atteggiamenti e modalita relazionali, molto piu libere e comunque insofferenti verso autoritarismi patriarcali da societa arretrate pre-televisive.
Questo naturalmente non vuol dire che non ci possano essere ancora rischi di violenza e di negazione dei diritti dell.infanzia, sia nella famiglia sia nella societa e nella scuola. Per questo non bisogna abbassare la guardia e la responsabile vigilanza. E, per quanto riguarda le comunita ecclesiali, cio significa un ¡°supplemento¡± di attenzione corresponsabile, di autocontrollo, di vigile e rigorosa preoccupazione nella carita: non possono esistere zone d.ombra o anche solo di minimo dubbio.
Conclusasi, peraltro, l.egemonia dell.educazione autoritaria, la pedagogia consumistico-televisiva imperante ci ha condotto ad una prospettiva esattamente opposta, che solo approssimativamente si potrebbe definire permissiva. In realta, pur presentandosi come espressione di liberta, tale prospettiva e nel segno dell.abbandono. Come si assegna alla televisione la funzione domestica di baby-sitter ¡°abbandonando¡± i bambini davanti a trasmissioni di ogni tipo, che talvolta neppure si conoscono e si controllano, cosi ci si ¡°abbandona¡± alla fruizione bruta di spettacoli non certo educativi, senza filtro e selezione. Non e raro il caso di genitori e figli incollati davanti a reality-shows, fictions, talk-shows (la terminologia inglese imperante e metafora linguistica di un.importazione generalizzata e acritica) che veicolano linguaggi, modalita espressive, gesti e comportamenti nel segno della volgarita sguaiata, dell.edonismo egoistico, dell.arrivismo aggressivo. Non scadiamo in geremiadi moralistiche, ma cerchiamo comunque di guardare in faccia la realta senza infingimenti. Sono questi i nuovi catechismi che catechizzano tutti noi e, in particolare, i piu deboli tra noi, i meno attrezzati ad una ricezione critica dei messaggi: i bambini, i ragazzi, molti giovani, ma anche non pochi adulti.
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Benedetto XVI ha osservato: ¡°Le complesse sfide che l.educazione contemporanea deve affrontare sono spesso collegate alla diffusa influenza dei media nel nostro mondo. Come aspetto del fenomeno della globalizzazione e facilitati dal rapido sviluppo della tecnologia, i media delineano fortemente l.ambiente culturale (cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Il Rapido Sviluppo, 3). In verita, vi e chi afferma che l.influenza formativa dei media e in competizione con quella della scuola, della Chiesa e, forse, addirittura con quella della famiglia. ¡ìPer molte persone, la realta corrisponde a cio che i media definiscono come tale¡í (Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Aetatis Novae, 4)¡±19.
Siamo passati dalla paleo-televisione pedagogica che voleva elevare culturalmente gli spettatori, ad una neo-televisione strutturalmente commerciale per la quale quello che conta e l.audience (che determina gli introiti pubblicitari) e dunque che dismette ogni intento educativo per inseguire i gusti del cliente e vellicarne gli istinti piu bassi. E tuttavia, in questo suo intento mercantile, la neo-televisione ha sempre un impatto formativo formidabile, anche se orientato in un senso che non ci piace: non e semplicemente neutro, e diseducativo: segna il dominio della maleducazione.
2.2 Autorita asimmetrica e autorita liberatrice
Cio comporta allora un responsabile discernimento sia sul piano dell.orientamento pedagogico fondamentale sia rispetto a concrete scelte educative adeguate a questo contesto e alle sue sfide all.umanesimo e alla coscienza cristiana.
Per quanto riguarda l.orizzonte pedagogico generale, umanamente avvertito e percio evangelicamente irrorato, si puo osservare che se autoritarismo e abbandono permissivo sono, con tutta evidenza, percorsi negativi per la persona e per la comunita, tuttavia, affinche ci sia una relazione educativa autentica e positiva, sono necessarie Autorita e Liberta. Ci puo soccorrere la riflessione di un pedagogista cristiano, Lucien Laberthonniere, che pure ebbe delle incomprensioni con la Chiesa del suo tempo, che tuttavia egli accetto con serena obbedienza, anzi con appassionato amore per la Chiesa stessa.
Nel suo scritto piu importante, che si puo considerare un classico della pedagogia contemporanea20, egli afferma: ¡°C.e l.autorita che usa del potere e dell.abilita di cui dispone per subordinare gli altri ai propri fini particolari e che cerca unicamente d.impadronirsi di essi per sfruttarli: e l.autorita che asservisce. Ma c.e anche un.altra autorita, che usa del potere e dell.abilita di cui dispone per subordinare in un certo senso se stessa a coloro che le sono soggetti e che, unendo la sorte propria alla loro, persegue con essi un fine comune; e questa e l.autorita liberatrice. [¡¦] Bisogna quindi distinguere l.obbedienza servile, che corrisponde all.autorita autoritaria, se cosi si puo dire, e l.obbedienza libera, che corrisponde all.autorita liberatrice. Se nel primo caso obbedire significa subire, cio non e affatto nel secondo caso, in cui obbedire significa accettare¡±.
Si potrebbe dire che, nel nostro contesto di oggi, la diseducazione indotta dai mass-media, pur predicando un.assoluta liberta, e pero un.autorita che asservisce, che cioe ¡°usa del potere e dell.abilita di cui dispone per subordinare gli altri ai propri fini commerciali particolari e cerca
19 BENEDETTO XVI, Messaggio per la XLI Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, 20 maggio 2007.
20 L. LABERTHONNIERE, Teoria della educazione, tr. it., Brescia, La Scuola, 1958 (edizione dalla quale sono tratte le citazioni che seguono).
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unicamente d.impadronirsi di essi per sfruttarli ai fini del mercato pubblicitario¡±. Il ¡ìmessaggio¡í e sempre libertario e relativisticamente aperto a ogni licenza; il ¡ìmedium¡í e invece autoritario con la sua ferrea logica commerciale.
Non si risponde a questa sfida epocale contrapponendo ad un.autorita asservitrice un.altra autorita asservitrice, bensi un.autorita liberatrice alternativa.
Talvolta oggi si ha paura della parola ¡ìautorita¡í e si chiede all.educatore ¡ìautorevolezza¡í. Ora, come afferma Savagnone: ¡°Il concetto di autorita implica non la mera capacita di costringere qualcuno a fare qualcosa, bensi la qualita per cui si e degni di essere ubbiditi. E in gioco non un fatto, ma un valore. E questo valore lo si comprende se, risalendo alle radici etimologiche del termine, si recupera il senso per cui auctoritas deriva da augere, ¡°far nascere¡±, ¡°far crescere¡±. L.autorita non e dominio, ma capacita di dar vita a singoli e comunita orientandoli al bene¡±21. Che l.educatore debba essere autorevole e giusto: e questa autorevolezza, come abbiamo visto, puo venirgli solo dall.essere testimone, dal vivere cio che insegna. Ma, comunque, cio non toglie che l.educatore debba, proprio per essere veramente tale, esercitare un.autorita. Negarlo significa o mascherare e dissimulare pratiche sottilmente autoritarie oppure arrendersi alla deriva mass-mediale e abbandonare ragazzi e giovani alla diseducazione indotta dal sistema.
L.autorita non piace perche sembra che conculchi e limiti la liberta. Ma la liberta non e una condizione di partenza: il bambino non e libero, ma e fortemente condizionato dall.ambiente, dalle relazioni sociali, dai suoi stessi istinti egoistici, che possono giungere a imprigionarlo. La liberta e allora una conquista: e il fine dell.educazione. E per raggiungere tale fine e importante poter disporre di un riferimento che sia un.autorita liberatrice, che sorregga e aiuti la liberazione, che contrasti le forze asservitrici, che stimoli e rafforzi l.autonoma crescita verso la liberta. ¡°L.intervento dell.educazione . osserva Laberthonniere . e necessario per collaborare appunto a quest.opera di umanizzazione [¡¦]. Il fanciullo ha bisogno di essere difeso da se stesso, ha bisogno di essere aiutato nella conquista di se: l.autorita dell.educatore e l.aiuto che egli attende e domanda per diventare cio che deve essere, e non puo essere efficace che a patto di conservare il proprio carattere di autorita¡±. Ad ogni passaggio e momento del processo educativo l.autorita liberatrice incontrera e promuovera la maggiore liberta possibile dell.educando. Come ha efficacemente osservato Benedetto XVI: ¡°Il rapporto educativo e pero innanzi tutto l.incontro di due liberta e l.educazione ben riuscita e formazione al retto uso della liberta. Man mano che il bambino cresce, diventa un adolescente e poi un giovane; dobbiamo dunque accettare il rischio della liberta rimanendo sempre attenti ad aiutarlo a correggere idee e scelte sbagliate¡±22.
L.autorita liberatrice dell.educatore deve essere percio in grado, senza essere asservitrice, di offrire all.educando norme, protezioni e permessi (senza eccedere ne nelle norme, ne nella protezione, ne nei permessi). Proprio per il rispetto delle necessita dello sviluppo psicologico dell.educando. Se l.educando, specie se bambino, non ha norme, se le deve inventare e dare da solo, con grande fatica psichica, con dispendio di energie. La liberta senza norme, che meglio si direbbe ¡ìlicenza¡í, potrebbe indurre ansia da abbandono e perfino depressione. Come ha osservato la
21 G. SAVAGNONE, Il Dio che si fa nostro compagno. Dalla direzione all¡¯accompagnamento spirituale, Leumann (Torino), Elledici, 2000, p.99-100.
22J. RATZINGER – BENEDETTO XVI, Servitori della Verita. Riflessioni sull¡¯educazione, cit., p. 38.
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psicanalista cattolica Francoise Dolto, ¡°Qualunque liberta che sia in realta licenza ¡ìinduce depressione¡í¡±23.
Naturalmente, anche l.educazione cristiana deve essere un.educazione liberatrice: anzi, se guardiamo a tutta la persona, e la vera educazione liberatrice perche si riferisce al Vangelo che libera veramente e completamente l.uomo.
Cosi nella comunita cristiana ogni educatore deve esercitare un.autorita liberatrice: ¡°Il problema – ha scritto Laberthonniere – resta sempre il medesimo. Si tratta ancora di intervenire nella vita di un altro, non solo senza asservirlo, ma aiutandolo a liberarsi e a prendere possesso di se. Si tratta dunque specialmente, dovendosi educare dei fanciulli, di portarli a credere alla verita cristiana in maniera personale e viva; sicche essi vi credano dal profondo dell.anima, per un.adesione voluta e non per inerzia, come sarebbe se subissero passivamente l.insegnamento d.un maestro. [¡¦] E solo dal di dentro, infatti, che si e cristiani: e la fede non e un.impronta che si subisce, ma e un atto che si compie. [¡¦] Bisogna insegnare la dottrina cristiana cristianamente, in maniera conforme allo spirito del Cristo, che e uno spirito di vita, di liberta, di rinnovamento¡±.
2.3. Autonomia, coscienza, senso critico
Le scelte educative specifiche, che derivano dalla prospettiva dell.educazione liberatrice e che il contesto storico in cui viviamo rendono piu urgenti, si possono riassumere in tre indirizzi: educare all.autonomia; educare al primato della coscienza; educare al senso critico. Naturalmente sono tre indirizzi tra loro strettamente legati e interconnessi. Non indicano tre tempi successivi, ma tre attenzioni sempre presenti.
L.educazione conduce progressivamente all.autonomia dell.educando, cosi che sia veramente libero e responsabilmente solidale con gli altri. Cio e evidente e scontato quando si parla, in generale, di educazione. Appare meno scontato quando ci si riferisce all.educazione cristiana. Spesso nelle nostre comunita non educhiamo all.autonomia dei battezzati, non educhiamo ogni battezzato aiutandolo a conquistare progressivamente l.autonomia in cui potra finalmente assumere, in prima persona e in pienezza, le sue responsabilita battesimali. Cio e all.origine di un.evidente carenza, oggi, nella comunita ecclesiale: la maturita del laicato, l.autonomia del laicato, la piena corresponsabilita pastorale di un laicato adulto. Rischiamo di avere un laicato permanentemente bambino e dipendente. Naturalmente, la crescita non si produce meccanicamente. Non si ha l.autonomia del laicato semplicemente affermando di ¡°concedergliela¡±: non si puo comandare la liberta. Non si puo essere, insieme, autorita asservitrice e liberatrice: pensando di ottenere i risultati dell.autorita liberatrice con i metodi dell.autorita asservitrice.
Lo dico a tutti coloro che hanno, nella comunita cristiana, compiti educativi e in particolare ai sacerdoti e a coloro che condividono con me la responsabilita pastorale: e tempo di renderci conto che la formazione del laicato non puo piu essere rimandata; e tempo di renderci conto che occorre un.educazione liberatrice che formi i battezzati ad assumersi, in autonomia, le loro responsabilita battesimali nella societa, per aprirla al Vangelo e orientare le realta temporali verso il Regno; e tempo di avviare o consolidare, con serieta e costanza, percorsi formativi in vista della liberta e della corresponsabilita pastorale dei laici.
23 F. DOLTO, I problemi dei bambini, tr. it., Milano, Mondadori, 1996, p. 13.
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Tra noi, la parola ¡ìcoscienza¡í non deve essere fuggita con paura, quasi fosse l.anticamera della disobbedienza o dell.eresia. Altrimenti non avremo un.educazione cristiana: non sara certamente cristiana, ma non sara neppure vera educazione. Il magistero del Concilio Vaticano II ci deve stare sempre nel cuore, senza tentennamenti e senza tiepidita: ¡°Gli imperativi della legge divina l.uomo li conosce e li riconosce attraverso la sua coscienza, che e tenuto a seguire fedelmente in ogni sua attivita per raggiungere il suo fine che e Dio. Non si deve quindi costringerlo ad agire contro la sua coscienza. E non si deve neppure impedirgli di agire in conformita ad essa, soprattutto in campo religioso¡± (D. H., n. 3). ¡°La coscienza e il nucleo piu segreto e il sacrario dell.uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell.intimita propria. Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge che trova il suo compimento nell.amore di Dio e del prossimo¡± (G. S., n. 16). ¡°Tuttavia ogni uomo ha il dovere di tenere fermo il concetto della persona umana integrale in cui eccellono i valori della intelligenza, della volonta, della coscienza e della fraternita, che sono fondati tutti in Dio Creatore e sono stati mirabilmente sanati ed elevati in Cristo¡± (G. S., n. 61).
L.educazione vera e, certo, coltivazione e fortificazione della volonta nel carattere: ma riconoscendo il primato della coscienza e percio educando ciascuno ad entrare nel sacrario della propria coscienza, dove trovera il Signore e comprendera il principio della fraternita umana.
E tutto questo richiede, in modo essenziale, oggi, una robusta educazione del senso critico, per contrastare energicamente la ¡°catechesi¡± anti-evangelica e mercantile abbondantemente propinataci dai mass-media, con la loro dirompente potenza di liberta licenziosa, associata ad una ferrea autorita asservitrice.
2.4. Un prete educatore vero
Vorrei qui evocare un secondo Testimone dell.educazione cristiana contemporanea, dopo San Giovanni Bosco: il prete fiorentino Lorenzo Milani, fondatore della scuola di Barbiana. La sua lezione puo forse considerarsi superata per qualche marginale aspetto, piu legato alle condizioni sociali ed economiche dell.Italia tra gli anni .50 e gli anni .60, ma rimane intatta nel suo valore complessivo. Di grande attualita pedagogica e pastorale e poi, appunto, il profilo di don Milani come educatore del ¡°senso critico¡±.
Fin dalla fine degli anni .50, don Milani aveva scritto: ¡°Cinema e televisione dipendono ambedue per loro natura da organizzazioni molto costose. Era fatale dunque che dovessero cadere in mano a dirigenti la cui unica preoccupazione fosse quella di contentare gli spettatori. Ma e appunto qui che si distingue il maestro dal commerciante. Dicesi commerciante colui che cerca di contentare i gusti dei suoi clienti. Dicesi maestro colui che cerca di contraddire e mutare i gusti dei suoi clienti. Lo schierarsi di qua o di la di questa barriera e per il prete decisione ben grave¡±24.
Questo e, in realta, tanto piu grave quanto piu il sistema televisivo e anche il maggiore sistema informativo. Sorgono percio dubbi sulla verita e completezza delle informazioni: presupposto necessario anche per i cristiani, in vista di un responsabile discernimento in ordine alle realta temporali. Oggi, in una societa sempre piu complessa e globalizzata, il ¡°diritto alla necessaria informazione¡± e . ci insegna il Concilio, e lo conferma l.esperienza . uno dei diritti universali e inviolabili, essenziali per ¡°condurre una vita veramente umana¡± (G. S., n. 26). Il bene comune esige,
24 L. MILANI, Esperienze Pastorali, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1958, pp. 137-138.
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infatti, che ogni uomo e ogni donna ¡°possa liberamente investigare il vero, manifestare e diffondere la sua opinione, e coltivare qualsiasi arte; esige infine, che sia informato secondo verita degli eventi di carattere pubblico¡± (G. S., n. 59). Al battezzato che si forma nella comunita ecclesiale, come pure ad ogni cittadino, e necessaria allora una corretta informazione – su cio che succede nel mondo, in campo politico, economico, sociale, culturale ma anche morale e religioso . affinche ¡°si diventi capaci di formarsi un giudizio personale¡±.
Non e, peraltro, eticamente soddisfacente una societa in cui il sistema complessivo dei mezzi di comunicazione sociale sia in misura maggioritaria dipendente dal potere politico e dal potere economico: la cultura diffusa, veicolata da quei mezzi in quella societa, rischia di essere non una cultura libera, ma una cultura asservita, imposta dall.alto: una voce del padrone, che ovviamente tenta di imbavagliare o di intimidire le altre, poche, voci libere: ¡°Percio bisogna innanzitutto insistere che la cultura, stornata dal proprio fine, non sia costretta a servire il potere politico o il potere economico¡± (G. S., n. 59).
La comunita cristiana, puo dare in questo senso, un suo contributo positivo al bene comune della societa educando al senso critico: non sviluppare una preconcetta polemica ideologica, ma una critica consapevole a tutto campo: non la fede cristiana come ideologia intransigente verso i nemici, ma la fede cristiana come liberazione della mente da preconcetti e luoghi comuni, del cuore da idolatrie mondane, dello spirito da odi ¡°accecanti¡±. Don Milani lo faceva con i suoi ragazzi, leggendo con loro i giornali di tutte le tendenze e mostrando come spesso distorcevano e manipolavano le notizie (a questa critica non sfuggivano i giornali cattolici). Oggi don Milani farebbe lo stesso e anzi, con video-registrazioni di telegiornali e spettacoli televisivi, smentirebbe criticamente il linguaggio dei media, mostrandone i messaggi occulti: le linee culturali, di pensiero, di mentalita che vengono . in modo suadente e dissimulato, ma martellante . progressivamente instillate. Mi piacerebbe che occasioni formative di questo tipo ci fossero nella nostra diocesi: chiamateli ¡°laboratori don Milani¡± o come altro volete e provate a istituirli ovunque sia possibile.
Se poi i genitori riescono a guardare i programmi televisivi insieme ai figli, ne profittino per commentarli ad alta voce: anche qui svelando e rendendo esplicito ogni messaggio che rimane, altrimenti, implicito (ma che non per questo incide meno). Il Papa ha giustamente auspicato: ¡°Educare i bambini ad essere selettivi nell.uso dei media [¡¦]. Come nell.educazione in generale, quella ai media richiede formazione nell.esercizio della liberta. Si tratta di una responsabilita impegnativa. Troppo spesso la liberta e presentata come un.instancabile ricerca del piacere o di nuove esperienze. Questa e una condanna, non una liberazione!¡±. E prosegue: ¡°La parrocchia e i programmi della scuola oggi dovrebbero essere all.avanguardia per quanto riguarda l.educazione ai media¡± 25.
Certo, per educare evangelicamente al senso critico ci vuole la carica delle Beatitudini, la forza del ¡°Discorso della Montagna¡±: insomma una vera capacita profetica. Nella famosa Lettera ai giudici che lo processarono per apologia di reato . avendo egli difeso l.obiezione di coscienza, che era, allora, in Italia, appunto, reato . don Milani scriveva: ¡°A questo punto mi occorre spiegare il problema di fondo di ogni scuola. E siamo giunti, io penso, alla chiave di questo processo perche io maestro sono accusato di apologia di reato cioe di scuola cattiva. Bisognera dunque accordarci su cio che e scuola buona. La scuola e diversa dall.aula di tribunale. Per voi magistrati vale solo cio che e legge stabilita. La scuola invece siede tra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi.
25 BENEDETTO XVI, Messaggio per la XLI giornata mondiale delle comunicazioni sociali, 20 maggio 2007.
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E l.arte delicata di condurre i ragazzi su un filo di rasoio. Da un lato formare in loro il senso della legalita (e in questo somiglia alla vostra funzione), dall.altro la volonta di leggi migliori cioe di senso politico (e in questo si differenzia dalla vostra funzione). [¡¦] Il ragazzo non e ancora penalmente imputabile e non esercita ancora diritti sovrani, deve solo prepararsi a esercitarli domani ed e percio da un lato nostro inferiore perche deve obbedirci e noi rispondiamo di lui, dall.altro nostro superiore perche decretera domani leggi migliori delle nostre. E allora il maestro deve essere per questo piu profeta, scrutare i ¡ìsegni dei tempi¡í, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso¡±26.
Qui veramente molti fili educativi si riannodano: autonomia, primato della coscienza e senso critico si legano strettamente fra loro. Don Milani richiamava i processi di Norimberga e di Gerusalemme ai gerarchi nazisti accusati delle stragi antisemite. Essi si difendevano dichiarando che avevano solo obbedito agli ordini di Hitler. E don Milani osservava: ¡°A Norimberga e a Gerusalemme sono stati condannati uomini che avevano obbedito. L.umanita intera consente che essi non dovevano obbedire, perche c.e una legge che gli uomini non hanno forse ancora scritto nei loro codici, ma che e scritta nel loro cuore. Una gran parte dell.umanita la chiama legge di Dio, l.altra parte la chiama legge della Coscienza. Quelli che non credono ne all.una ne all.altra non sono che un.infima minoranza malata. Sono i cultori dell.obbedienza cieca. [¡¦] C.e solo un modo per uscire da questo macabro gioco di parole. Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l.obbedienza non e ormai piu una virtu, ma la piu subdola delle tentazioni, che non credano di potersene fare scudo ne davanti agli uomini ne davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l.unico responsabile di tutto¡±27.
La nostra Chiesa di Otranto porta sempre nel cuore l.esempio dei Martiri, che seppero disobbedire al potere, mettendo liberamente al primo posto cio che richiedeva la loro coscienza di credenti e accettando, per questa coerenza di liberta e di autonomia cristiana, il martirio.
Poniamo gli sforzi educativi nella nostra diocesi sotto il patrocinio dei Martiri, perche le vie educative che mettiamo in opera guidino, con autorita liberatrice, alla liberta interiore salda, al primato della coscienza, al senso critico che non si lascia confondere dal potere.
26 L. MILANI, L¡¯obbedienza non e piu una virtu, cit. , pp. 36-37.
27 Ibid., pp. 49. 51.
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CAP. III
COMUNITA EDUCATRICE
3.1. Una donna grande educatrice e grande protagonista
Nel parlarvi della famiglia come comunita educatrice e, precisamente con lo stesso profilo, della parrocchia come comunita educatrice, vorrei presentarvi subito e non . come ho fatto prima . solo alla fine del discorso la figura di Testimone che vorrei farvi incontrare. Mi riferisco, in questo caso, a Maria Montessori: l.educatrice e pedagogista italiana piu nota nel mondo, la fondatrice delle ¡°Case dei Bambini¡±, incoraggiata con simpatia da Benedetto XV e ammirata anche da Paolo VI.
Maria Montessori affermava: ¡°Ormai, quasi tutte le madri conoscono le cure fisiche da prodigare ai bambini, sanno le regole dell.alimentazione, la temperatura nella quale meglio si sviluppano, e i vantaggi dell.aria libera, che largisce in gran copia l.ossigeno ai polmoni. Ma il bambino non e solamente un animaletto da nutrire; egli e fin dalla nascita una creatura che ha un.anima e se dobbiamo curarci del suo bene non basta accontentarne i bisogni materiali: bisogna aprirgli la via per lo sviluppo spirituale, bisogna, fin dal primo giorno, rispettare i moti del suo animo e saperli assecondare. L.igiene del corpo ci da direttive sicure per il trattamento del bambino; l.igiene dell.anima, che si estende in un campo assai piu vasto, la deve completare¡±28.
Oggi, certamente e grazie a Dio, molti genitori sono informatissimi sui piu moderni indirizzi della puericultura: la mortalita infantile, cosi, in Italia, e drasticamente diminuita. E sono rari i casi di bambini vittime di menomazioni fisiche dovute all.ignoranza dei genitori sull.alimentazione, sul sonno, sulle prime cure mediche necessarie. Ma siamo sicuri che ci sia un.informazione corretta e completa anche per quanto riguarda lo sviluppo psicologico? E lo sviluppo spirituale? Forse possiamo temere che si producano casi di bambini vittime di menomazioni spirituali, di ferite profonde dell.anima, a causa dell.ignoranza e dell.insensibilita dei genitori e, piu in generale, del mondo adulto verso i bisogni spirituali dei minori.
Certo e piu ovvio il caso di problemi sui minori che vengono a trovarsi . senza protezioni . in ambienti familiari violenti oppure in contesti di disistima e di conflitto traumatico dei genitori, fino alla rottura del matrimonio e alla fine della famiglia, o che, ancora, siano implicati negli aspri e feroci contenziosi legati all.affidamento condiviso, imposto ai genitori dopo il loro divorzio. Sono tutti casi molto dolorosi e che richiedono un.impellente sollecitudine, di carita non di giudizio (delle coscienze di ciascuno giudichera il Signore), da parte della comunita ecclesiale e dei suoi membri piu in grado di portare un aiuto, nei contesti specifici.
Tuttavia, in questa sede, vorrei richiamare l.attenzione sui casi, meno ovvi, di bambini che vivono in famiglie tranquille, senza nessun grave problema nelle relazioni tra genitori. Siamo sicuri che in questi contesti familiari non siano violati i diritti spirituali del bambino, legati alla vita dell.anima? E siamo sicuri che cio non avvenga, sempre, negli stessi contesti parrocchiali, che dovrebbero essere proprio a servizio di quei bisogni profondi? Trovano i bambini, in famiglia e in parrocchia, il giusto clima psicologico e i cibi spirituali adatti a loro? ¡°Lo sappiamo tutti . continua Maria Montessori . che l.eta dello sviluppo e la piu importante di tutta la vita: una
28 M. MONTESSORI, Il bambino in famiglia, Milano, Garzanti, 2003, p. 100.
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denutrizione morale, un.intossicazione dello spirito in quel tempo sono altrettanto fatali per l.uomo, quanto la denutrizione delle membra per la salute futura del corpo. Percio l.educazione infantile e il problema piu importante dell.umanita¡±29.
3.2. La tirannia dell¡¯adulto
Ma in che senso e in che modo i bambini possono essere vittime di menomazioni spirituali, in famiglia e nella parrocchia? Cio, in realta, puo avvenire quando si vive un clima prepotentemente adultista, segnato dai bisogni dell.adulto, dagli interessi dell.adulto, anche dai diritti dell.adulto, fino ad una, forse perfino inconsapevole, tirannia dell¡¯adulto. Guardando alla famiglia (ma potremmo dire che, mutando i riferimenti specifici, il discorso potrebbe valere anche per la parrocchia), Montessori scriveva: ¡°Quando non vogliamo ammettere il bambino che ci da fastidio dove noi viviamo, ma lo releghiamo in un altro luogo, questa e mancanza di rispetto. Prima di accompagnare una persona rispettabile, le domandiamo se lo permette, cosi dovremmo fare prima di condurre a spasso il piccolo bambino e non si sbaglierebbe. Se stiamo a pranzo e il bambino e in un.altra stanza e ci accorgiamo che piange perche non vuole essere lasciato fuori della famiglia, gli manchiamo di rispetto tenendolo fuori dal nostro ambiente; dobbiamo pensare, come si fa con una persona di riguardo, che il bambino ci vuole fare l.onore di assistere al nostro pranzo, e dobbiamo essere felici di cio e mettere il bambino vicino a noi. [¡¦] Vidi una madre, che pure aveva seguito uno dei nostri corsi, mentre conduceva il suo bambino per una via di Milano. Si diffondeva nell.aria un suono di campane e il bimbo desiderava fermarsi ad ascoltare quel suono; ma la madre rifiuto al bambino quella gioia e lo costrinse a continuare il cammino rimproverandolo¡±30.
Tutto questo e detto per l.educazione in generale dei bambini: ma, chiaramente, e la necessaria premessa dell.educazione cristiana. Non e possibile parlare di educazione cristiana dei bambini, in famiglia e in parrocchia, se prima non abbiamo compreso e fatto nostro questo essenziale quadro dell.educazione umana (del corpo e dello spirito).
La famiglia cristiana e piccola Chiesa: percio e, anche nella fede, Madre e Maestra. Questo non significa per nulla che si devono clericalizzare i genitori. L.educazione cristiana, in famiglia, e la prima e fondamentale educazione cristiana: ma essa non si riduce . come abbiamo gia detto . a insegnare a memoria qualche preghiera o a obbligare i bambini ad andare al catechismo e qualche volta alla Messa. Certo colpisce (e addolora) che oggi tanti bambini . soprattutto quelli che sono lontani dai nonni e dal ¡°ministero educativo cristiano¡± dei nonni . non conoscano piu il Padre Nostro, l.Ave Maria o abbiano addirittura difficolta a fare il segno della Croce. Non pensiamo pero che l.educazione cristiana nella ¡°famiglia piccola Chiesa¡± sia un freddo e meccanico adultismo catechistico familiare. Nelle citta, ma anche nelle nostre cittadine piu grandi, capita che i pomeriggi dei bambini siano rimpinzati di impegni: lo sport, la danza, l.inglese ¡¦ E tra tutti questi impegni ecco ¡°ficcarci dentro¡± a forza una dose minima settimanale di catechismo. Poveri bambini, sacchi da riempire! La catechesi, invece, e comunicazione della fede all.interno di una comunita educatrice.
29 Ibid., p. 55.
30 Ibid., pp. 45-48.
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3.3. Sogni sull¡¯educazione
Allora quello che conta, per l.educazione cristiana in famiglia, e che la famiglia sia veramente comunita educatrice. Come? Rispettando il bambino. Rispettiamo il bambino in ogni sua attivita ragionevole e cerchiamo di capirlo. Assecondiamo, con creativita convinta, il desiderio di attivita e la creativita del bambino. Stiamo attenti a come ci comportiamo verso di lui: trattiamolo con rispetto e con allegria.
Tutto questo, anche per l.educazione cristiana, puo bastare. Anzi basta senz.altro se noi . noi adulti, genitori, educatori . seguiamo il Vangelo e percio, come ci dice Gesu, diventiamo bambini nello spirito. L.educazione cristiana non e l.indottrinamento cristiano adultista dell.educando, che vogliamo fare adulto. L.educazione cristiana nella famiglia comunita educatrice e rispetto del bambino, comunione con lui: e poi educazione dell.educatore, evangelizzazione dell.educatore, genitori che – nello Spirito . diventano bambini e trasformano la loro vita secondo la giovane freschezza delle Beatitudini evangeliche. Sii tu veramente cristiano e poi rispetta tuo figlio e questo basta!
Ma anche nella comunita ecclesiale parrocchiale ci possono essere casi di inadeguatezze adultiste. Pensiamo veramente che un catechismo fatto per poco tempo e in forma di scuola sia efficace? Anzi, peggio: un catechismo fatto nella forma in cui si faceva scuola vent.anni fa? Oppure pensiamo che obbligare i bambini alla tortura dell.immobilita e del silenzio in liturgie per loro incomprensibili, lontane dai loro vissuti e dai loro linguaggi, sia una forma di liberazione evangelica?
La vera educazione cristiana in parrocchia puo solo aversi in una parrocchia . famiglia di famiglie . che vive un clima familiare autentico e che e, in tutte le sue manifestazioni, comunita<