nella città che si spopola.
Lo scrittore e giornalista Guido Piovene, nel suo celebre “Viaggio in Italia” edito da Mondadori (1957), arrivò anche in Abruzzo. Dove, più che una regione, trovò quella che definì una “emorragia”, vista la fuga di giovani e lavoratori alla ricerca di una prospettiva di vita in Italia e all’estero. Un “territorio centrifugo” con Teramo e provincia, dove il fenomeno dello spopolamento ancora continua, nonostante il consistente arrivo di immigrati.
Fra il 2023 e 2024, il capoluogo ha perso circa 900 abitanti, ma c’è chi non si preoccupa per il futuro e vede una sicura ripresa per “una città attrattiva e con qualità della vita”. Come sempre, le parole e le buone intenzioni non coincidono con i fatti, che puntualmente cozzano con la realtà in cui si vive. Bisogna spiegare meglio cosa vuol dire “città attrattiva”, se poi neppure i gatti riescono a trovare ospitalità nel loro museo, forse unico e che molte città davvero attrattive vorrebbero ospitare. Ecco, infatti, la protesta di tre benemeriti cittadini (Rita Gambacurta, Luciano Rasola e Maria Pia Gramenzi), che chiedono al Comune e all’Istituto Zooprofilattico il ripristino del Museo del Gatto, con centinaia di ceramiche, dipinti e numerosi documenti già ben sistemati nell’antica casa Urbani di vico del Pensiero, con il contributo della Regione Abruzzo. L’edificio, da più di un anno, è stato sgomberato, per eseguire i lavori di riqualificazione, e del Museo del gatto non si hanno più notizie. Anche se resta in piedi la convenzione a suo tempo sottoscritta fra Comune e Zooprofilattico.
Basta questa storiaccia per confermare che siamo in una città che fa di tutto per essere sempre meno attrattiva. Molti altri eventi negativi vanno nella stessa direzione nel territorio che non cura e non valorizza il suo patrimonio artistico-monumentale. Una “grave inerzia” che, come una epidemia malefica, colpisce e cancella passato e presente, cultura e storia. L’elenco è lungo e, fra i più recenti, basta ricordare che non si è trovato tempo né spazio per dare degna ospitalità al lascito imponente di Giuseppe Profeta, gran maestro della cultura accademica e della scienza socio-antropologica, che potrebbe regalare anche il “Museo dei vasi”, la galleria del revival più grande ed esclusiva d’Europa, con preziosi recipienti e rari reperti del passato. Per dare corpo al museo coinvolgente delle memorie d’Abruzzo, terra di cultura e vecchie tradizioni. Un catalogo di nostalgie e rimpianti del “buon tempo andato”, lungo il tracciato della civiltà contadina, pastorale e moderna. Ormai esistono musei ovunque, ma uno così non c’è. Costruito con la perizia dello studioso di lungo corso, pezzo dopo pezzo, sul filo di un laborioso cammino di studio e ricerca. Giuseppe Profeta ha realizzato il suo capolavoro con lo scalpello delle rarità, che entrano nel patrimonio socio-culturale del territorio mediante una profonda esplorazione di usi e costumi. Se si farà tesoro della straordinaria collezione che l’illustre mecenate della cultura socio-antropologica italiana mette nella disponibilità di enti e istituzioni, l’Abruzzo avrà un nuovo straordinario punto d’incontro per studiosi, studenti, curiosi e, naturalmente, turisti. Basta capirne la valenza nei suoi molteplici aspetti per fare la fortuna di una città e la rigenerazione di un territorio. Del resto, non è la prima volta che succede. Sempre da elogiare quel sindaco di un piccolo Comune del Catanzarese che si è inventato, pensate un po’, come vivere di cultura, in un paesino afflitto dallo spopolamento. Ma ecco cosa ha fatto per rianimarlo. Ha perfezionato una geniale strategia turistico-culturale, trasformando il paese morente in un borgo-museo, per mettere in mostra la storia e le tradizioni locali, sviluppando molteplici interessi culturali nei visitatori. La nascita di ben otto musei, in pratica uno ogni sessanta abitanti, ha trasformato il Comune fra i più culturalizzati e attrattivi d’Europa. Dove ora, appunto, si vive di cultura. Il miracolo che segretamente, ma non tanto, pensava di ripetere il decano dei vasi nel suo Abruzzo. Sempre che qualche politico accorto, operatore turistico o manager della cultura si affretti ad alzare la mano per dare degno asilo e appropriata ospitalità a una inestimabile risorsa economica-culturale-turistica per tutta una comunità. Grazie al Museo della Vascolarità con annesso patrimonio cartaceo dello scibile socioantropologico, ineguagliabile per vastità e contenuti. Un bagno nei saperi e nelle tradizioni popolari, che rende la galleria della memoria ricca di sorprese, scoperte, immagini, oggetti e storie. Per coinvolgere ed educare la comunità dei visitatori, con una ricca offerta formativa, che per ora patisce la “gravità dell’inerzia”.