Jurne recurdìvele

Jurne recurdìvele

di Elisabetta Di Biagio, dicembre 2024, Artemia Nova Editrice, Teramo.

La nostra caporedattrice de ‘La Tenda’, professoressa Elisabetta Di Biagio, ha pubblicato un piccolo e gustoso libro di poesie dialettali. Amiche e amici gliene sono grati, ancor più quelli del Salotto culturale e de ‘La Tenda’, tra i cui obiettivi c’è proprio la promozione dei talenti del territorio, spesso nascosti o trascurati dai media più accreditati.

L’amico Elso Serpentini le ha fatto una bella prefazione, che ci esime dall’aggiungere  parole – a questo punto superflue – su un lavoro che è stato presentato il 29 dicembre 2024 presso l’Auditorium di S.Maria a Bitetto. Ci tengo a confermare quanto scritto da Serpentini sulla dignità della poesia dialettale d’occasione, a torto ritenuta particolaristica e troppo personale: senza partire dall’esperienza – che lo si espliciti o meno –   ciò che facciamo, pensiamo o scriviamo è astrazione sospesa nell’aria.

So bene che non pochi pensano che si pubblica troppo, che sarebbe bene tacere, tenere nel cassetto o al massimo consegnare riservatamente ai figli il proprio lavoro. Vorrei obiettare con quattro brevi considerazioni: innanzitutto credo chiunque senta di avere dei talenti deve spenderli se non vuole ritrovarsi a fine vita con i sogni nel cassetto, puntando solo sul dubbio interesse futuro di figli e i nipoti, che forse li leggeranno oppure li riporranno nuovamente, sempre che non siano troppo ingombranti. In secondo luogo mi pare avventato ritenere che la pubblicazione del proprio lavoro sia un moto di vanagloriosa presunzione di poesia. Suona come una condanna pregiudiziale: sono i lettori che dovranno apprezzare o scartare. Infine,  penso che pubblicare può essere un gesto di coraggio, da parte di chi  supera il naturale pudore per esporre le proprie cose e sottoporle al giudizio altrui.

Un gesto dunque anche di umiltà, perché esporre significa dare per scontato che non tutti apprezzeranno, che ci sarà chi denigrerà, in sordina, col chiacchiericcio da comari oppure chissà manifestando per scritto e pubblicamente il mancato apprezzamento. Si può scrivere per orgoglio ma anche per fare un dono di se stessi, certamente di maggior valore degli oggetti che solitamente si donano a Natale.

Sono convinta che Elisa ha fatto quello che sentiva di fare e perciò doveva fare. Un grazie dunque e un augurio da parte mia, Attilio, della redazione de La Tenda e dei lettori che si aggiungeranno e apprezzeranno

Giulia Paola Di Nicola