Il pensiero corre alla latrina capovolta che Duchamp intitolerà “Fontana“
Ciò che rende l’oggetto comune e banale un’opera d’arte, è il riconoscimento da parte del pubblico del ruolo dell’artista. L’idea di conferire dignità ad oggetti comuni fu inizialmente un forte colpo nei confronti della distinzione tradizionale, comunemente accettata e radicata, tra ciò che poteva definirsi arte e ciò che non lo era.
Il dadaismo è un movimento culturale che nasce negli anni della guerra, contro la guerra e contro tutta la cultura che lo precede, compresi gli altri movimenti d’avanguardia.
Dadaismo e caso come regola dell’arte.
Partiamo da questa latrina d’arte per parlare di un oggetto di uso quotidiano importante IL BIDET ( che poi vedremo tanto italiano non è)
Il tipico arredamento del bagno italiano prevede oltre al wc, al lavabo, alla doccia o alla vasca da bagno, anche l’installazione di questo sanitario.
Non averlo è assolutamente inconcepibile e quando molti italiani vanno all’estero vivono un profondo senso di smarrimento e disagio.
Questo perchè il bidet è diffuso e utilizzato soprattutto in Italia e spesso in altre parti del mondo non sanno nemmeno che cosa sia.
La situazione diventa ancora più imbarazzante se si consultano i dati delle ricerche per “what is bidet”. In questo caso, si scopre che inglesi e nordamericani si chiedono spesso cosa sia e a cosa serva questo strano tipo di sanitario.
E purtroppo non è stato inventato da noi italiani.
Le origini del bidet, infatti, sono francesi e risalgono al 1700 quando il suo inventore, un certo Christophe Des Rosiers, ne realizzò uno per Madame De Prie, la moglie del Primo Ministro francese (nella foto).
Le cronache di questa invenzione ci sono state trasmesse grazie alla testimonianza dell’allora Ministro degli Esteri che, in qualità di amante, un giorno fu ricevuto dalla signora a cavallo di un particolarissimo sgabello a forma di violino.
Il termine bidet si affermò contestualmente all’apparizione di questo nuovo attrezzo e fu ricavato da una parola che in francese vuol dire “cavallino” (ovviamente per la posizione che si assume ogni volta che lo si usa).
Inizialmente, sulle ali dell’entusiasmo, la Reggia di Versailles ne installò un centinaio per soddisfare le esigenze degli ospiti, ma si trattò di una premura inutile perché rimasero tutti inutilizzati e furono eliminati nel giro di dieci anni.
Non bisogna mai dimenticare che durante tutto il Settecento l’igiene personale veniva regolarmente trascurata e le persone evitavano di lavarsi per non entrare in contatto con parti del corpo ritenute intime e peccaminose.
La scienza medica dell’epoca e le credenze religiose convincevano le persone ad evitare il bagno e la pulizia. I pochi esemplari di bidet rimasti in circolazione furono così venduti alle case d’appuntamento e, a partire da allora, i francesi finirono col percepire questo sanitario come strumento di lavoro da meretricio.
La “riabilitazione” del bidet avvenne successivamente grazie alla regina Maria Carolina d’Asburgo-Lorena che, nella seconda metà del Settecento, ne fece installare uno nel suo bagno personale alla Reggia di Caserta.
Fu grazie a questo evento, quindi, che nel Regno delle Due Sicilie e nel resto della penisola italiana si diffuse l’utilizzo di questo sanitario.
Dopo l’unità d’Italia, i funzionari sabaudi entrarono nella Reggia di Caserta per fare l’inventario e trovandosi per la prima volta davanti al bidet, lo catalogarono come “oggetto per uso sconosciuto a forma di chitarra”.
Ma diciamo che negli ultimi anni sta valicando i confini internazionali per assurgere a re dei cessi per una riscoperta tardiva e massiva soprattutto americana.
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