Il Papa Santo che amava il Gran Sasso

E quel miracolo mai svelato

Nonostante il tempo trascorso per le ricerche di Giorgio Lanciotti , escursionista disperso in montagna dal pomeriggio dello scorso 21 settembre, i benemeriti soccorritori non si fermano. E la speranza continua. I miracoli sono sempre possibili, specie in alta quota. Come quel lontano 30 giugno di 39 anni fa, quando un uomo ebbe salva la vita sul Gran Sasso, grazie alla presenza in Abruzzo del Papa Giovanni Paolo II.

Racconto i fatti così come riemersi frugando nelle cronache del quinto viaggio del Pontefice nella regione dove ritrovava la sua Polonia, anche nelle escursioni in montagna e sciando sul Gran Sasso. Di questo ed altro sapeva ben poco il signor Guillaume Raymond Marie Juftin, 52enne originario di Nizza e domiciliato a Roma, che proprio nello stesso giorno della visita del Papa in Abruzzo aveva voluto avventurarsi in una rischiosa escursione a 2000 metri. Colpito da un grave malore, per lungo tempo rimase a terra in una zona difficile da raggiungere, anche per le cattive condizioni atmosferiche. Furono ore assai drammatiche, anche per carabinieri e altri soccorritori, nell’arduo tentativo di salvare la vita dell’escursionista francese. Ma per fortuna e all’improvviso, nella mente del comandante dei Cc di Castel di Sangro, si fece strada un ultimo disperato tentativo, che lo spinse a contattare il Nucleo di soccorso elicotteri di Bari. A quel punto scattò il colpo di scena o, forse, il miracolo. Avvenne che, dall’aeroporto di Pescara, alcuni specialisti mobilitati nei servizi di sicurezza per la visita del Pontefice in Abruzzo, a bordo di un ben attrezzato elicottero pilotato dal capitano Corbo, raggiunsero in poco tempo Forca Resuni, l’impervia zona dove il giovane escursionista era in pericolo di vita. Così la paurosa avventura ebbe una svolta totalmente opposta. Prima di notte, l’alpinista francese venne portato in salvo e trasportato in ospedale a Castel di Sangro e qui giudicato guaribile in 50 giorni.

Un fatto sicuramente straordinario, da qualsiasi punto di vista lo si guardi, che comunque non ebbe il giusto rilievo che meritava. Nessuno ha mai spiegato se l’avventura a lieto fine dell’escursionista di Nizza possa essere catalogata fra le duecentocinquanta “vicende inspiegabili” attribuite a Giovanni Paolo II e attentamente esaminate nel proclamarlo santo. I miracoli intestati a Giovanni Paolo II sono di gran lunga più numerosi dei due richiesti per la canonizzazione nel 2014: un bambino improvvisamente guarito da un tumore al rene; una donna che aprì gli occhi dopo essere stata dichiarata morta. “Anche se non si può parlare correttamente di ‘miracoli’ per tutti i fenomeni- è il cardinale Ruini a sottolinearlo-, le grazie ottenute dalla sua intercessione abbondano, innegabilmente”. Il secondo miracolo scelto per la canonizzazione di Giovanni Paolo II fu quello che salvò una giovane donna, nativa del Costa Rica, inspiegabilmente guarita da un aneurisma cerebrale. I medici non le avevano lasciato alcuna speranza e lei stava aspettando la sua morte certa, implorando il suo amato Papa di intercedere per lei. Un mattino udì una voce che diceva: “Alzati, non aver paura”. Raccontò di aver visto una mano uscire dalla foto di Giovanni Paolo II su una rivista, che la invitava a lasciare il suo letto. Oltre ai due casi di completa guarigione, molti altri presunti “miracoli” ottenuti attraverso la sua intercessione figurarono, in modo prominente, nei documenti raccolti per la causa di beatificazione.

Per San Giovanni Paolo II, il Pontefice che amava il Gran Sasso, Dio era presente ovunque. Nella vita pubblica come nella gente che incontrava. Poi pregava per tutti e, adesso, anche per il giovane escursionista disperso sulla montagna.