Bruna Manzoni, Bertoni Editore, 2023
Simbolico e anche un po’ inquietante il titolo come lo è la copertina, che però potrebbero essere interpretati nella valenza più positiva di legami che, nati e cresciuti al buio, lasciano intravedere una luce come in quel cielo stellato.
Romanzo di esordio di Bruna Manzoni, affida la narrazione ad un ragazzino di 12 anni, Tancredi, voce narrante con un punto di vista speciale sulle vicende perché vissute in prima persona in una fase pre-adolescenziale difficile del passaggio da bambino a ragazzo. Una fase complicata di per sé, aggravata nel suo caso da tanti problemi personali e di famiglia: il bullismo subito a scuola, la separazione dei genitori, una “matrigna” che ha preso il posto della madre ma non il suo cuore, una “sorellastra” che appena nata gli suggerisce solo il termine affatto affettuoso di “lombrico”. Tutto vissuto nel silenzio, senza poter esternare ad altri il suo disagio dovuto soprattutto al bullismo per paura di ritorsioni, come nell’opera di Andrea Fabbri “ Il grido del silenzio contro il bullismo”. La sua sofferenza è apparentemente senza sbocco anche perché si aggiunge alla sua convinzione di essere rifiutato dalla madre, essendo affidato al padre, e dalla nonna paterna che in tanti anni non si era fatta viva ma piomba all’improvviso in casa e nelle loro vite. Sarà questo l’espediente risolutore, l’evento-spannung chiarificatore dei tanti legami poco chiari, addirittura oscuri per gli stessi protagonisti, che illuminerà il senso dei loro dolori e gli intrecci delle loro vite. Il deus ex machina di una lettera del nonno paterno, inoltre, e l’avvicendarsi della voce narrante della madre verso la fine, illumineranno definitivamente le scelte individuali. Nel frattempo, è avvenuta la maturazione di Tancredi, anche se è trascorso un solo anno, che lo porterà all’accettazione delle ragioni degli altri. Anche di quelle dei genitori e dei nonni separati, che nella prospettiva di un ragazzino sono inspiegabili e insostenibili, come nel film “Il calamaro e la balena” di Noah Bambach (2005).
Tante sono le tematiche scottanti ed attuali toccate ma per forza di cose non approfondite: oltre a quelle citate, i rapporti patriarcali che si scontrano con la coscienza femminista e il desiderio della donna di realizzarsi nella carriera, l’omosessualità, l’adulterio e il figlio illegittimo, il divieto di vedere e di crescere i propri figli per immoralità, l’innamoramento fanciullesco, la passione per la musica. Ci sono i problemi di ogni generazione, perfino della vecchiaia che avanza e consuma. Toccanti sono le riflessioni sull’invecchiamento della nonna Andrea che, rivolgendosi in punto di morte alla ex nuora-quasi figlia Monica, osserva : “…Così come non percepiamo il movimento della lancetta delle ore, allo stesso modo non ci accorgiamo che la vecchiaia avanza. […] Il giorno in cui ci scopriamo dei vecchi nello specchio ci lascia in bocca più o meno lo stesso sapore di polvere e paura. […] finché dimentichiamo chi eravamo e dobbiamo fare i conti con un estraneo, un insopportabile altro da noi, che ci spaventa, perché in fondo al pozzo degli anni sopravvive un adolescente che non smette di guardarci e di reclamare vita.”
L’intreccio è complesso e punta più sullo sviluppo delle vicende che delle personalità e del mondo interiore dei vari personaggi, sebbene si lasci il libro con la sensazione di averli conosciuti e di capirne le psicologie.
Rimane anche la sensazione di aver letto tante storie in una, e soprattutto un messaggio edificante: l’amore può salvare dal bullismo, può sciogliere nodi irrisolti nei rapporti, può far perdonare tutto. Come anche le passioni, ad esempio quella per la musica.
Risponde certamente ad uno dei valori cui la letteratura moderna deve attenersi secondo Calvino, che li indica in ”Lezioni americane”, quello della molteplicità, perché “Ogni vita è un’enciclopedia, una biblioteca, un inventario d’oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili”. Precisa infatti che il tema delle conferenze che avrebbe dovuto tenere ad Harvard (se la morte improvvisa non gliel’avesse impedito), era “il romanzo contemporaneo come enciclopedia, come metodo di conoscenza, e soprattutto come rete di connessione tra i fatti, tra le persone, tra le cose del mondo”.