Ritanna Armeni, Ponte Alle Grazie, Firenze 2023.
Il libro racconta la storia di uno dei tanti conventi che hanno accolto Ebrei perseguitati a Roma grazie a suore che hanno avvertito l’obbligo della solidarietà verso il prossimo a qualunque costo. Se le suore non hanno narrato i fatti di quegli anni bui se ne è presa il carico Ritanna Armeni. Niente delle accuse alla Chiesa silenziosa e indifferente alla tragedia dell’olocausto. All’autrice, che non viene certo considerata una cattolica doc, va invece il plauso per aver recuperato questa storia, averla fatta conoscere e descritta senza enfasi, con garbo e in modo coinvolgente. La ricostruzione è stata possibile grazie alle ricerche storiche di Suor Grazia Loparco e alla disponibilità di Suor Clara che ha aperto le porte del convento delle Francescane di via Poggio di Moiano. Soprattutto preziosa la narrazione fatta da Lello Dell’Ariccia, ai tempi un bambino di nome Lele ed ora un anziano deciso a testimoniare gli avvenimenti di cui è stato testimone e vittima.
Il 16 ottobre 1943 è un sabato in cui come al solito nelle famiglie ebree si accendono le candele e si apparecchia per lo Shabbat. Tutti avvertono diffusamente un sentimento di paura date le leggi razziali, i figli espulsi dalle scuole, i lavori interrotti. Riccardo rimugina in sé le parole di una delle suore che ha sentito dire che i tedeschi portavano via gli ebrei per mandarli a lavorare in Germania. Scaccia i pensieri cattivi perché a Roma “città aperta”, non poteva accadere niente di simile per via del Vaticano. Quando però sente il fragore crescente delle camionette, gli ordini impartiti violentemente, le urla di donne, vecchi e bambini non ci pensa su due volte e decide di raccogliere il necessario e chiedere accoglienza per una notte alle suore. Fu accolto nel convento di periferia, quello delle suore francescane della Misericordia in via Poggio di Moiano. Nascosto in quel convento, sconvolto e smarrito trovò riparo al secondo piano con altre persone e un bambino atterrito. Non fu per una sola notte e del resto non era pensabile il ritorno a casa.
Poco si parla nella grande Storia di esperienze esemplari come queste delle francescane che hanno accolto, curato, salvato dalla morte persone, che erano per di più a loro sconosciute e di altra religione. Non fu certo facile per loro gestire l’ospitalità al secondo piano per quegli ebrei che chiedevano aiuto ed erano riusciti a sfuggire al rastrellamento del Ghetto anche perché erano separati da una scala dal piano terra dove si erano piazzati i tedeschi con la loro infermeria. Neanche dovette essere facile procurare giornalmente i pasti per tutti, in tempi di magra.
L’esperienza che questo libro racconta fa onore alle suore e ai cattolici. Oltre ed essere una memoria preziosa di quanto è stato fatto da ‘santi nascosti’ è anche la testimonianza della possibile convivenza tra fedi diverse in nome dell’amore reciproco. Nel convento infatti risuonavano le preghiere alla Vergine, la liturgia del Natale, i riti dello Shabbat, in una collaborazione non basata su diatribe teologiche e neanche sul dialogo, quanto piuttosto sugli sguardi di compassione e sulla prassi di lavori utili alla sopravvivenza come per esempio le marmellate fatte con le ciliegie dell’orto. C’è voluto coraggio, prudenza, astuzia, fede per tessere reti di salvezza. Madre Ignazia spiega: “La volontà di Gesù mi è apparsa chiara. La carità è la nostra missione. L’accoglienza dei perseguitati è, per noi che ci siamo consacrate, l’unica strada da percorrere”.
Giulia Paola Di Nicola