Il corpo è un paesaggio

Il corpo è un paesaggio

Land of Body

(Krajina těla)

Soggetto, regia, coreografia:  Radim Vizváry

Drammaturgia: Hana Strejčková

Musica: Robert Jiša

Národní Divadlo (Teatro Nazionale), Praga.

Laterna Magica

12 Aprile 2024 h20

Un poco ci riguarda

il movimento della luna.

Il nostro corpo è d’acqua,

di nuvole fra poco

(Franco Arminio, in Cedi la strada agli alberi)

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Testimonianza dell’esistenza, territorio protetto e al tempo stesso selvaggio”: è il corpo umano  – nelle parole di H. Strejčková – deposito di saperi e memorie ma anche humus fertile per l’innesto di nuove colture e vita. E del paesaggio, che percepisce e al quale simultaneamente appartiene, il corpo umano è metafora: i suoi cicli esistenziali sono quelli stessi della natura, a questa è intimamente connesso, ne condivide le sorti, ne determina  la storia.

Misterioso laboratorio, il corpo, centro ispiratore di uno spettacolo che è “poesia visiva”, celebrazione di quel Land of Body che con la natura ha in comune bellezza e vitalità, fragilità e vulnerabilità.

Del corpo umano – che al pari del paesaggio è armonia e disarmonia, simmetria e asimmetria, lotta per la sopravvivenza, stratificazione di esperienze – sono su questo palco tre generazioni di artisti a disegnare la parabola esistenziale, il ciclico avvicendarsi delle stagioni.

Sono la coppia di danzatori della vecchia generazione le cui abilità sono impresse nella memoria corporea in quel modo indelebile e carismatico che supera i limiti fisici dell’età; sono i giovani danzatori-acrobati nel pieno delle loro potenzialità spinte al limite delle capacità fisiche; e la bambina, infine, che sostituisce la nuova generazione alla vecchia perchè la vita continui lungo lo stesso asse.

La bambina, i danzatori acrobati, i ballerini più anziani: una “galleria della fisicità”, aggregata – quasi  un mosaico – da coreografie comuni mentre la tecnica cinematografica moltiplica attraverso undici schermi – non accessori ma componenti integranti della scena – le parti e le movenze del corpo umano in arabeschi e geometrie in tutto simili agli elementi della natura e del paesaggio: le dita intrecciate sono catene montuose, la muscolatura di un torso una morbida pianura, un’iride è il fondo di un vulcano…

L’energia esplosiva che promana da ogni movimento – di precisione millimetrica – degli artisti, maestri nelle rispettive discipline, trova in questo laboratorio sperimentale del Teatro Nazionale che è il “Laterna magica” – destinato fin dal suo concepimento alle produzioni d’avanguardia – il contenitore ideale per accogliere la permeabilità di generi artistici differenti e unire trasversalmente danza classica e contemporanea, pantomima, teatro fisico, tecnologie cinematografiche, acrobazie aeree.

Ma non è solo perfezione tecnica ciò che arriva allo spettatore, né solo il livello artistico degli interpreti, così elevato da attraversare il biancore asettico della scena e dei costumi per trasformarsi in energia emotiva che calamita il pubblico e ne coinvolge ogni fibra.

È anche, nel celebrare il legame intrinseco con la natura – affidata ai linguaggi diversi del corpo e dell’arte – l’evocazione di quel kalòs kai agathòs che il pensiero greco  volle, in antico, essere principio di armoniosa unione di virtù morali, spirituali e fisiche.

E, ineludibile, nasce la spinta a interrogarsi sulla distanza: quella che le nostre presunte civiltà hanno tracciato, incolmabile ormai, fra la natura – materno utero e tempio inviolabile – e la nostra arrogante infinita fragilità.

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perché è caduto il respiro che univa l’uomo alla pena

dell’uomo

l’uomo alla difficile fragranza della terra.

(G.Dimarti, in Il tempo che ci siamo dati)