Il confronto con la lucida acutezza dell’indagine politica nella storiografia di Tucidide ha spesso fatto cadere la valutazione sulla storiografia di Erodoto nell’equivoco di una arcaicità che sfuma, nelle lontananze del tempo, ogni interesse per la nostra attualità. E’ così che si è consolidata la definizione di una sua indagine storiografica come dilettantistica esposizione e minuziosa dispersività nell’esame dei fatti storici. In realtà se ci si accosta con attenzione e si scruta in profondità la narrazione erodotea, si può scoprire in quel piacere dell’esposizione dettagliata su costumi di popoli e particolarità di luoghi una quasi insospettata vicinanza alla storiografia antropologica della moderna scuola francese degli Annales che parte dall’individuazione potentemente democratica della centralità, negli avvenimenti e nelle narrazioni storiche, della vita collettiva nei suoi sentimenti e nei suoi percorsi.
Erodoto, uomo nato nella orientale Alicarnasso e di famiglia nella quale soffiava forte il vento della tradizione poetica con il poeta epico Paniassi, trapiantato per gli eventi storici delle guerre persiane nella lucente razionalità dell’Atene della democrazia e della filosofia razionalistica, stende il suo sguardo di ricerca su un orizzonte ampio. Lo fa, apparentemente, disperdendo il pensiero in questa sua molteplice curiosità per ogni vissuto umano senza confini territoriali e culturali ma nello stesso tempo, concretamente installando tutta la mole di notizie e osservazioni raccolte senza limiti esclusivi e senza nette valutazioni critiche della veridicità sopra un’architrave di ben solidi principi razionali in un sistema ideologico che dalla tradizione mutua principi etici ben definiti come la negatività della ubris e la positività della moderazione che avvicinano notevolmente il suo sguardo a quello dei tragici, soprattutto all’amico Sofocle.
Del resto alla base della sua ricerca c’è una ben definita esigenza etica che è quella di scrutare nelle imprese degli uomini le leggi generali che la tradizione lega alle divinità. Questo suo intento è animato da un soffio potente di universalità che aveva ispirato anche la poesia epica ma la differenza notevole sta nel fatto che non si guarda più nel suo racconto alle figure eccezionali degli eroi bensì al vivere collettivo che è regolato, quasi per conservare un superiore equilibrio rispetto alle passioni individuali, da costumi e leggi generali. La novità più significativa del suo sguardo, certamente motivata dall’esperienza democratica di Atene ma anche travalicata dalle mura della polis alla pluralità del mondo umano, sta anche nel superamento senza drammi e quasi con un umanesimo attento ad ogni esperienza umana, ben lontano da ogni selettività etnica, anzi circolante su un orizzonte ampio – come si legge già nella illuminante frase iniziale del proemio – “affinché gli avvenimenti umani nel tempo non si dissolvano nella dimenticanza e le imprese grandi e meravigliose, tanto dai Greci che dai barbari non rimangano senza gloria “. E’ tutto il mondo umano senza confini né territoriali e d etnici né di attività che attira il suo sguardo.
E’ così che la sua attenzione va perfino all’attività di narrazione e immagine, come si vede nell’inserto delle novelle quasi anticipando anche l’attenzione meditata che gli storici degli Annales riserveranno poi anche alla letteratura e all’arte. In questo suo interesse per le attività del pensiero e anche dei sentimenti umani perfino quelle manifestazioni – che saranno nettamente ripudiate dal razionalista Tucidide – come oracoli, tradizioni e prodigi (la sua attenzione all’oracolo di Delfi ne è innegabile testimonianza) che rappresentano l’antitesi irrazionale nell’attività mentale dell’uomo. Non si tratta, neppure questo, di un impulso di gusto caratteriale perché alla base di questa motivazione c’è pur sempre l’attenzione per il sentire della collettività popolare come parte determinante dei processi storici e al quale oggi si dà sempre più importanza anche, purtroppo, per fini di potere. Si può ben a ragione quindi ancora una volta rintracciare nel racconto di questo narratore del tempo della democrazia ateniese il fondamento basilare di principi che durano e vengono utilizzati nelle democrazie, ma anche nei sistemi autoritari, del nostro tempo dai governanti e in primis la concezione dell’incidenza del sentire comune sugli eventi anche in quell’attenzione alla coscienza popolare per conquistare e trattenere il potere, utilizzandone le richieste esplicite ed implicite o, più raramente, operando per rispondere ad esse positivamente