Voltare pagina. I cosiddetti “Divorzi grigi”

Cosa sono i ‘divorzi grigi’(gray divorces) ?

Riguardano l’instabilità coniugale dei partner in età avanzata, che pongono fine al matrimonio dopo molti anni di convivenza, quando nessuno più se lo aspetta. È uno choc per amici e parenti. Meglio per i giovani che si accingono a siglare l’alleanza coniugale prendere atto del rischio di separazione anche a tarda età, oltre che lungo tutto il ciclo di vita. Sta di fatto che nei Paesi in cui cresce il numero dei divorzi, e dunque anche nel nostro Paese, si registra un significativo aumento dei ‘gray’. Secondo il National Center For Family and Marriage Research dell’Università di Bowling Green in Ohio, nel 2010 un divorzio su quattro ha riguardato persone dai 50 anni in su. Tra gli ultracinquantenni le possibilità di divorzio sono state più del doppio rispetto al 1990. Per l’Italia, i dati Istat (2008, Evoluzione e nuove tendenze dell’instabilità coniugale, Roma, cf http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20080624_00) indicano che negli ultimi decenni va crescendo il numero dei coniugi con sessanta anni o più che decidono di mettere fine al loro matrimonio con una separazione legale o con un divorzio. Tali separazioni che un tempo erano rare, oggi sono diventate il 12,8 % di quelle maschili e il 7,5 % di quelle femminili.

Gli studiosi mettono in evidenza 3 indici di mutamento:

1)tra il 1974 e il 2005 la quota delle coppie over 60 sul totale di quelle che arrivano alla separazione è passata dal 3,2% al 7,4% del totale (secondo gli ultimi dati si sarebbe già superato l’8%);

2) nello stesso periodo l’età media della separazione è salita da 38 a 43 anni per gli uomini e da 34 a 40 per le donne;

3) fra il 1972 e il 2005 il quoziente di separazione, che sintetizza i livelli di rischio per fasce di età, per i coniugi di 60 anni e oltre è passato da 0,1 a 1,2 per mille. Si tratta dell’incremento più consistente in termini relativi.

Come sempre sono molteplici le variabili che influiscono, non solo il cambiamento dei modelli culturali e religiosi, con la caduta del vincolo coniugale indissolubile. Sappiamo che ci si sposa sempre più tardi proprio perché la durata media della vita si è allungata e si dedica molto tempo alla preparazione professionale. Tutte le tappe tendono così ad essere posticipate. Incide certamente l’aumentata aspettativa di vita: oggi le donne vivono in media 85 anni e gli uomini 80. Quindi, se ci si lascia a 60 anni si ha la buona probabilità di potersi ricostruire una vita.  Chi ha 60 anni può viverne altri 20 o 25 da progettare con nuovi scenari e non come una stanca ripetizione della litigiosa routine quotidiana. Non a caso sono soprattutto le donne a guardare alla separazione come una meta benefica. Se fino a qualche anno fa esse pagavano il prezzo più alto nelle separazioni, sia mature che tardive, oggi non è più così. Molte calcolano che il rischio dell’isolamento sociale sarà colmato e che “soccombe chi ha meno relazioni sociali”. Non si possono sottovalutare i cambiamenti ormonali dell’età, in relazione alle fragilità della salute di uno dei due o di entrambi, che possono causare mutamenti nel desiderio sessuale.

Vi sono donne che possono aver vissuto il matrimonio in situazioni critiche di tradimenti e di violenza, ma non necessariamente. C’è chi più semplicemente prevede di poter socializzare senza restrizioni, di praticare un hobby a lungo rimandato, riordinare i ricordi, rintracciare vecchie amiche, partecipare a viaggi organizzati, sentirsi libera di incontrare uomini e donne, anche indipendentemente da progetti di nuova convivenza (è noto che cresce l’esercito dei “LAT” ossia “Living apart togheter” che consente di stare insieme ma senza convivere sotto lo stesso tetto). Vi sono anche uomini e donne che vogliono liberarsi di un rapporto stanco e contano di poter rifiorire, a livello del proprio benessere, in una nuova coppia o anche da sole.  Lo fanno senza traumi o litigi, semplicemente prendendo atto che una lunga storia è finita.  Chi non ricorda la donna anziana che nel film di Ingmar Bergman Scene da un matrimonio va dall’avvocato per avviare la pratica di divorzio e, incalzata dalle domande sulle ragioni di quella scelta, non sa darne assolutamente conto?

Inizialmente, la separazione riguardava soprattutto soggetti dallo status socioeconomico elevato, istruiti e giovani. Ora il fenomeno si allarga agli strati intermedi e tra le fasce di età più adulte e anziane. L’aspetto economico ha il suo peso e il pensionamento cambia lo scenario, perché per divorziare bisogna poterselo permettere. Col passare degli anni le coppie normalmente sono sfinite dall’impegno a sostenere gli studi dei figli, la casa, la sistemazione lavorativa. La priorità delle spese spesso crea divergenze in relazione a ciò e a quanto si vuole investire (con reciproche accuse di ‘tirchio’ e ‘spendaccione’). Infatti le coppie che lo fanno in Italia, risultano con un’istruzione superiore e una sicurezza economica garantita dagli anni di lavoro. Il prezzo dei divorzi comporta l’impoverimento globale della coppia, più pesante per uno dei due, in particolare per il coniuge che deve lasciare l’appartamento.

Gli stili di vita e i modelli cambiano, supportati dal cinema, che nel filone “grey” romantico ha trovato nuova linfa: i 60enni del 2005 sono nati dopo la seconda guerra mondiale, hanno conosciuto il boom economico, le grandi migrazioni interne, le turbolenze del ’68 e hanno modelli culturali diversi dai loro padri, anche sul matrimonio, non più concepito come un legame per la vita.

E’ proprio deprimente vivere insieme anche in tarda età? In realtà, arrivati all’età della pensione di per sé ci sarebbe più tempo per stare insieme, riducendo gli altri impegni (primi fra tutti quelli lavorativi e la cura dei figli), il che dovrebbe essere salutato come un buon esito. Al contrario, accade che i partner si sentano costretti a stare ancora insieme e faticano a ritrovare nuovi equilibri. Senza un processo di ricreazione e adattamento si creano tensioni e malcontento. Le differenze di educazione, di età, di stili di vita cominciano ad apparire sempre più pesanti e come un ostacolo a vivere pienamente il tempo dato. Si parla di “irritazione crescente” per cui col passare del tempo i motivi di insoddisfazione, i piccoli difetti divengono insopportabili e va diminuendo la speranza di poterli superare. Nell’immaginario di chi sogna una separazione liberante, quando non c’è un nuovo partner in vista, si prospetta l’opportunità di vivere da single alleggerendosi del ‘peso’ dell’altro e acquisendo una più concreta possibilità di organizzare autonomamente le giornate, i contatti con gli amici, i parenti, i vicini.

Gli anni della maturità se sono accompagnati da buone condizioni di salute e da stabilità economica, acuiscono il bisogno di autorealizzazione non ancora sopito. Gli anziani imparano con l’età il valore del tempo e non vogliono sprecare gli anni che restano da vivere bisticciando e limitandosi reciprocamente. Sono e vogliono sentirsi più liberi: i figli se ne sono andati e con loro le eccessive responsabilità, le veglie notturne, il mutuo da pagare e gli importanti acquisti da fare. La pensione, per chi la riceve, assicura la sopravvivenza e talvolta di più. Ai loro occhi non c’è ragione per non riconquistare l’ambita libertà. Ci si rallegra di avere ancora tempo per immaginare un futuro diverso

Spesso l’allontanamento non è frutto di una decisione repentina, ma di un processo che vede man mano corrodersi lo slancio fino al punto di non ritorno e che viene incoraggiato dai media che veicolano nuovi modelli di anziani che riacquistano una certa leggerezza vitale, incontrano una persona interessante e incominciano nuova vita di coppia.

Vi è chi giunge a questa svolta perché valuta il rapporto coniugale come ingiusto, nel senso che non è stato di vera ed equa collaborazione. Arrivando pian piano all’età in cui si comincia a fare un bilancio non positivo del matrimonio; si ritiene di aver dedicato totalmente se stessi a prendersi cura di coniuge e figli senza avvedersi di essersi privati di troppe cose che ora che i figli sono lontani e il coniuge ha completato il suo iter lavorativo, riemergono insistenti all’immaginazione e al desiderio. Si spera di riesumare i desideri soffocati, riaccendere gli interessi (hobby, sport, lettura, musica…) e dare nuovo significato agli anni della parabola calante

Non sempre si tratta di persone che desiderano tornare indietro con gli anni e ricominciare l’avventura dell’amore con un partner magari più giovane. Non sperano tanto in futuri incontri quanto nella possibilità di liberarsi dalla noia di convivere sempre giorno e notte con la stessa persona, anni dopo anni. Non ci si vuole arrendere a una vita coniugale spenta quando emergono gli aspetti più tristi e insopportabili della vita comune. Più della sconfitta di un amore c’è una grande voglia di vita, la consapevolezza di avere ancora energie da poter spendere. “È accaduto quando i miei figli se ne sono andati, sono diventati autonomi presto e io e X ci siamo dovuti guardare dentro, confrontare nel silenzio, in una casa deserta. La verità? Non avevamo più niente da dirci, lui mi tradiva da chissà quanto, ma in fondo non avevo mai avuto tempo di occuparmene. Eppure ho penato cinque anni, lui non se ne voleva andare…”.

Il desiderio di rompere il legame è decisamente minore se la comunicazione di coppia è ancora capace di coinvolgere entrambi, se ci sono obiettivi comuni che persistono nel tempo: i figli, una qualche impresa sostenuta con complicità, un ideale di volontariato, o semplicemente la sistemazione dei beni e il pagamento dei debiti. Se tutta l’energia è stata investita sui figli, se si è rimasti insieme solo per non danneggiarli, è verosimile che quando essi abbandonano il nido, non si avverta più il senso dello stare insieme. Spesso si constata che oltre le incombenze familiari, ciascuno negli anni ha seguito solo i suoi interessi in ambito lavorativo e culturale e sociale, divergenti dai propri. Se tutto è stato investito nel lavoro e nella carriera, una volta lasciato il lavoro, è difficile trovare argomenti su cui confrontarsi.

Pur senza generalizzare le situazioni, ciascuna unica nel suo genere, non bisognerebbe illudere con false promesse i coniugi che attraversano momenti di difficoltà. Meglio dire chiaramente che lasciarsi è sempre un dolore, un lutto da elaborare, giacché non si può cancellare una parte importante della vita come passando il cassino sulla lavagna. Neanche bisogna sottovalutare che  i figli subiscono un vero e proprio trauma quando i genitori, alle soglie della vecchiaia, divorziano. Dopo una separazione non è infrequente che essi si allontanino da uno o da entrambi (spesso il padre) e il legame fra le generazioni tenda ad allentarsi. Recidendo il legame si abbassano anche le aspettative di cura degli anziani sia da parte dell’ex coniuge sia delle generazioni successive (Se non si attiva una nuova relazione, viene a mancare il supporto del partner). Le politiche sociali possono e debbono fare molto di più per andare incontro a questa fase della vita relativamente all’assistenza agli anziani, alla loro domiciliazione, all’accesso ai trasporti e alle cure mediche, all’aiuto che i robot e l’intelligenza artificiale potranno dare sia alle coppie anziane che decidono di trascorrere insieme la fase discendente della vita sia alle persone che vivono da sole.  La questione appare particolarmente rilevante nella nostra società italiana, che si regge in larga parte sullo scambio di risorse materiali e simboliche all’interno della famiglia.

Il problema non è solo socio politico né solo morale relativamente alla fedeltà promessa davanti agli uomini e a Dio; riguarda la capacità di dare e ricevere cura, di avvertire la continuità della propria identità ormai intrecciata con quella del coniuge. Meglio sarebbe pensare a questo tempo come quello in cui ricalibrare insieme rapporti, tempi, stili di vita e soprattutto dedicarsi a rendere il più sereno possibile l’ultimo tratto di vita prendendosi cura del buon essere integrale ciascuno dell’altro (salute, aspetto fisico, umore). Non è cosa da poco saper condividere la storia l’uno dell’altro, i percorsi esistenziali, le opere realizzate a quattro mani, mettersi nei panni dell’altro e condividerne aspettative e paure, così simili alle proprie. E’ la fase che richiede uno sforzo aggiuntivo di tenerezza e l’alimento della spiritualità.

Fortunatamente non mancano coppie che sanno far maturare un amore maturo, oltre la fase della passione, conoscendo i limiti e le risorse dell’altro, accettandone pregi e difetti, lasciando aperti ed anzi potenziando la tenerezza, l’attenzione reciproca, il dialogo, la tolleranza delle differenze.