La maggior parte delle città di provincia – e tra esse Teramo – vede i figli partire per cercare altrove remunerazioni e lavoro più adeguati. La politica può ancora fare qualcosa per invertire una tendenza, ma non è pensabile che possa farlo in tempi brevi. Bisogna piuttosto attrezzarsi per fare delle nostre città luoghi vivibili per persone anziane e adulti che vorranno tornare dall’estero, pur senza dimenticare i giovani.
A proposito di solidarietà verso gli anziani, generalmente ci si sofferma sui sostegni economici ai più bisognosi, il che assume una particolare impellenza nei casi di eventi catastrofici come terremoti, alluvioni, frane… Tuttavia sempre più evidente è che i bisogni degli esseri umani sono e vanno oltre quelli strettamente indispensabili alla sopravvivenza. Ve ne sono molteplici come il bisogno di amicizia (non a caso in Inghilterra hanno voluto un ‘ Ministero della solitudine’), meno impellenti ma ugualmente preziosi per vivere una vita degna. A fronte di una vita ormai più lunga, l’isolamento aumenta fortemente via via che avanzano l’età e le vedovanze: mentre nella fascia d’età 75-79 anni la quota dei soli rappresenta il 35%, essa raggiunge ben il 45% per gli over 85 anni e le proiezioni demografiche dicono che diventeranno 3,6 milioni nell’arco di 25 anni (2045) ossia il 6% della popolazione complessiva.
Di fronte alla cosiddetta ‘emergenza silenziosa’ della solitudine degli anziani, non c’è legge che tenga, anche perché si può essere soli anche vivendo in famiglie in cui tutti lavorano e non hanno tempo da ‘perdere’; ancor peggio se si vive in famiglie violente.
E’ certo (si vedano le ricerche di “In Age” e della “Federico II) che la volontà degli anziani è di poter invecchiare nel proprio ambiente domestico nel quale possono ancora sentirsi capaci di piccoli servizi alla casa, ai nipoti, alla cucina, contrastando così la perdita del ruolo sociale. Quanti i nuclei abitativi in cui l’anziano può veramente percepirsi utile e godere della rete familiare di vicinanza? Quante coppie, con gli anziani in casa, lamentano l’impossibilità di prendersi cura dei genitori in condizioni che rendono tale servizio sempre più insostenibile?
Data la debolezza dei servizi e la rara presenza di amici o parenti troppo impegnati, sono indispensabili i volontari delle associazioni del terzo settore e i volontari della porta accanto, che si fanno carico di sostituire i servizi sociali, sanitari, commerciali. Vanno creandosi non poche reti di caregiver professionali capaci di ascolto, di offrire un amorevole servizio di prossimità a quegli anziani che vorrebbero sfuggire all’isolamento parlando con qualcuno, in presenza, col telefono e attraverso una video chiamata. Non poche volte l’anziano percepisce di essere di disturbo e si ritira di fronte a familiari frettolosi, gravati da stretti orari di lavoro, che non nascondono segni di insofferenza di fronte ai racconti centellinati di chi lentamente va ricordando. Troppo il distacco tra la lentezza della ricostruzione dell’anziano e i frenetici film d’azione proposti dai massmedia.
Occorrono persone disposte a regalare ore di accompagnamento, tenendo conto delle ridotte capacità fisiche e sensoriali, di fatto disabilitanti, per andare dal dottore al supermercato, dagli amici, per una semplice passeggiata. L’anziano si rianima di fronte ad ogni sorta di solidarietà, di conforto e prossimità di chi riesce a donargli del tempo. Così pure si rianima se qualche buon samaritano lo sollecita ad un’attiva partecipazione ad eventi culturali o politici che promuovano linguaggi, orari, patrimoni edilizi più age-friendly.
Non pochi anziani soffrono di vivere nel chiuso delle case o delle residenze, fuori dai centri più abitati o lontani dalle città in cui sono cresciuti. Per chi ha trascorso una vita in un determinato luogo, è destabilizzante allontanarsi da quei luoghi che sente propri e nei quali vorrebbe rimanere nell’ultima fase della vita. È opera di solidarietà quella di arricchire il circondario con più verde, il bar, la chiesa, i servizi infermieristici, la prossimità di asili e scuole che consentono di veder giocare i bimbi…
Per gli anziani ormai fuori dal dinamico mondo del lavoro diminuiscono stimoli, desideri e aspettative, che invece sono indispensabili a che la TV non diventi il Moloch (quasi la metà degli anziani considera la TV la fonte principale di compagnia) e non cadere nella spirale depressiva, quando la mente va indebolendosi e lo sguardo perdendosi verso un infinito vuoto. È angosciante quando la malattia della mente anticipa quella del corpo. Occorrono volontari che sostengano una buona tenuta della mente e della psiche per combattere la depressione, i disturbi della memoria, le demenze senili e in generale collaborino a ritardare il naturale processo d’invecchiamento. A tale scopo, uno studio effettuato dalla Johns Hopkins University ha sottolineato come non siano per forza necessari elaborati esercizi mentali: bastano semplici attività cognitive nella vita di tutti i giorni. Leggere, quando la vista regge, è tra le principali occupazioni in grado di attivare processi che possono ritardare l’invecchiamento e favorire attività logiche e operazioni di elaborazione, assimilazione e associazione. Similmente la scrittura, le attività ludiche, come i giochi di carte o da tavolo, i quiz. In particolare, si è dimostrato che la stimolazione cognitiva provocata dal gioco di carte, oggi focalizzato sul burraco particolarmente amato dagli anziani, può produrre effetti decisamente positivi per mantenere attiva la mente, dato che occorre ricordare le regole, le carte raccolte e utilizzate dai compagni, le sequenze da seguire… Il burraco ha anche il vantaggio di poter essere comodamente giocato online, sia da soli che in gruppo.
In ogni caso meglio favorire giochi fruibili sul territorio, che si accompagnano a relazioni sociali come le bocce, gli scacchi, la dama e giochi simili che contribuiscano a rallentare l’invecchiamento del cervello e a motivare l’impegno e la socializzazione. È significativo che in mancanza del gruppo di amici– secondo l’indagine Anziani e Azzardo, condotta da Gruppo Abele, Auser Nazionale e in collaborazione con Libera – purtroppo gli anziani finiscono con l’essere uno dei target d’elezione per il mercato del gioco d’azzardo: sempre più over 65 rischiano di cadere vittime della dipendenza.
Quando possibile, occorre favorire la partecipazione a incontri di buon livello di cultura che consentono di aggiornarsi e acquisire nuove informazioni. Molto importante interagire con le nuove tecnologie e con strumenti come smartphone e computer. L’utilizzo regolare di questi strumenti durante la vita quotidiana contribuisce a mantenere attiva la mente. Purtroppo sono ancora pochi in Italia gli anziani che sanno servirsene: risulta che solo un soggetto su dieci con età superiore a 65 anni li utilizza.
Tutte le attività proposte esaltano i loro effetti positivi se svolte in clima di socializzazione e dunque in compagnia: leggere il quotidiano, un libro, la settimana enigmistica per confrontarsi e scambiare impressioni. Perciò gli anziani vanno incoraggiati a fare nuove amicizie, contattare i vicini di casa, usare il telefono in modo attivo senza fermarsi e aspettare che squilli, iscriversi a qualche centro come Università terza età, praticare qualche hobby, accogliere un amico, un persona bisognosa o anche un ospite pagante, se hanno una casa grande, fare volontariato (quando possibile), favorire cene collettive, gite, partecipare a corsi di cucina, cucito, pittura, bricolage.. In un modo o in un altro, gli anziani hanno bisogno di sentirsi utili e di esserlo agli occhi propri e delle loro famiglie, del vicinato, del quartiere, della parrocchia, dell’associazione. L’anziano percepisce con spiccata sensibilità se la società riconosce e apprezza il suo contributo.
Un compito fondamentale per gli educatori è quello di educare le nuove generazioni di bambini e adolescenti ad amare i nonni, con tutte le loro fragilità, ad avere pazienza e saper apprezzare le storie di vita che essi raccontano, Non si tratta di vederli solo come oggetto di assistenza, come fruitori di servizi, ma anche come generatori di cultura, preziosi testimoni della storia, uomini e donne capaci di percepire l’amore e restituirlo abbondantemente. I giovani possono essere sollecitati anche a scrivere le storie ascoltate, dando voce agli anziani e imparando l’arte della traduzione dal racconto orale a quello scritto. È possibile così riattivare i legami, creare ponti tra generazioni, valorizzare e tramandare non solo la memoria storica ma anche i valori costitutivi del nostro umanesimo cristiano.