Maria Paola Lodetti, Mio padre. Medico, studioso, mistico, Romolo Lodetti, Ed. Veneta, Vicenza 2019
“Affido a te Maria Paola, il compito di portare avanti l’Opera che ho iniziato 50 anni fa nella luce del Signore” (testamento di Lodetti, 22 Gennaio 2003). È questo mandato che ha mosso Maria Paola Lodetti, unica figlia del medico e studioso veronese e di Gigliola, a raccogliere amorevolmente e tenacemente carte e libri del papà, cercando di dare ad essi un ordine e offrendone la visibilità al grande pubblico.
Queste pagine raccontano, insieme alla testimonianza appassionata della fede di Lodetti, su cui la figlia impernia il suo libro, la sicura convinzione del protagonista di essere nato per una missione, di dover dare seguito ad una vocazione, al di fuori della quale la sua vita sarebbe stata priva di senso. Il rapporto privilegiato con S. Giovanni Calabria lo ha sostenuto in ogni scelta di vita e quello con Chiara Lubich lo ha confermato nell’amore di una scienza illuminata dall’ispirazione trinitaria. Lodetti riteneva infatti di avere sperimentato “una sconcertante comprensione intellettiva sull’essenza trinitaria della vita”. Le ricerche e gli eventi lo hanno convinto che la sua vita doveva essere orientata a questo compito per il quale, profittando delle circostanze, poté infine lasciare la professione medica, peraltro svolta con passione e in spirito di carità, per dedicarsi completamente allo studio del corpo alla luce della fede, dai dati dell’anatomia e dalle leggi della natura su fino alla individuazione di un codice che egli vede modulato da rapporti di trinità e unità.
Il mandato di Lodetti di cui ci parla l’autrice è di non facile comprensione, proprio a causa del legame reale e misterioso tra scienza e fede. Del resto, è da considerare un artificio della nostra tradizione culturale illuminista la tendenza a tacciare di fideismo ogni riferimento a valori alti. Lodetti non tentenna nella sua confessione di fede. Rileggere il portato della scienza alla luce della cultura e della fede è per lui filosofare. La religione resta nell’ordine delle motivazioni e la filosofia nell’ordine degli argomenti, ma ciò è diverso dal dire che vi sono due oggetti separati. La differenza dei linguaggi non impedisce di donare un senso unitario ai simbolismi che regolano le diverse scienze. Occorre piuttosto recuperare la libertà di testimoniare ciò a partire da cui si parla, molto semplicemente, come fa appunto Lodetti, offrendo agli altrui sguardi il modo proprio di interpretare il mondo comune di riferimento. In altri termini l’opera di Lodetti è frutto di un lavoro di pensiero legato ad una lettura attenta e innovativa del corpo umano orientato alla ecologia della natura, della società e dello spirito1. Ecologia è la parola magica di oggi, espressione dell’ambizione umana a vivere in armonia con l’ambiente, quello naturale, quello sociale, quello di un corpo che ospita il nostro esistere personale. Per Lodetti l’ecologia si raggiunge se si comprende la realtà nel suo essere intimo-vero e nel suo dover essere. Fare un’ermeneutica del corpo significa per Lodetti conformarsi al suo intimo DNA per ricavarne principi vitali validi per il buon funzionamento di ogni ambito dell’umano e dunque sociologia, scienza, politica, filosofia e teologia.
Come medico Lodetti non smetteva di aggiornarsi per essere al passo con i dati dell’anatomia e della scienza diagnostica e terapeutica (ha scritto: “desidero perfezionarmi in modo profondo nelle scienze”), con particolare interesse per il sistema nervoso, base della buona salute, come pure delle patologie della psiche. Si teneva ben lontano dalle cadute negli eccessi bipolari, posti in termini di dipendenza del corpo dalla mente o viceversa, dunque come una sopraffazione reciproca, o come una distanza insormontabile o come un assorbimento dell’uno nell’altro (spiritualismo o materialismo). Come uomo di fede, non provava alcuna reticenza a confessare di voler leggere nel corpo umano l’impronta del Creatore. Voleva tener fede a quel mandato che gli chiedeva di elaborare una visione rinnovata del corpo umano, sano e malato, per approfondirne e le strutture e le funzionalità alla luce di quella segreta armonia e di quell’equilibrio che ne illumina i dinamismi e a cui pertanto deve mirare qualunque attività sociale e politica. Del resto ogni possibile itinerario umano, dal linguaggio al mondo delle relazioni sociali, della cultura e delle realizzazioni oggettive (manufatti, istituzioni, leggi eccetera), per essere rispondente all’obiettivo di umanizzare la convivenza, deve fare riferimento a quei principi basilari iscritti nel corpo che regolano l’esistente e di conseguenza consentono una vita buona e felice.
Dobbiamo a Lodetti una originale semantica del corpo, capace di individuare l’interna legge archetipa, ossia quel significato universale che contiene indicazioni e moduli estensibili ad ogni campo dell’agire (“legge ritmica, semplice e universale che permea il corpo umano e la realtà esistente”). Essa presiede ai rapporti elementari tra cellule, apparati, organi, attraverso un modulo estremamente semplice, che agisce da forza gravitazionale, coordinando tra loro, in tre dimensioni spazio-temporali, le varie parti del corpo. Ad orientare all’equilibrio il corpo umano per Lodetti c’è la tendenza innata all’armonia trinitaria riscontrabile in ogni parte, dalle cellule alla mano, agli arti, tutte parti del corpo analizzate singolarmente e ricondotte allo stesso modulo e di cui Lodetti ha lasciato anche innumerevoli disegni e schizzi. A una tale armonia si deve la possibilità di collegare corpo umano, natura, corpo sociale e spirituale-mistico. La scienza conferma la fede in un Dio che ha pervaso tutto l’esistente da lui creato di tale moto trinitario dotato di senso e di orientamento.
L’opera di Lodetti contrasta con tutte le spiegazioni che si fermano alle definizioni biologiste e materialiste e riducono la persona ad oggetto (come si vede nelle espressioni reificanti, come «forza-lavoro», o nelle catalogazioni che la inquadrano entro paradigmi quantitativi). D’accordo in questo con Guardini, per Lodetti troppo spesso le scienze, per studiare ciò che attiene all’umano, finiscono con l’assemblare ciò che è di per sé unico e a pensare la categoria del personale all’interno di quella dell’impersonale reificando ciò che non è oggettivabile: «È molto più facile pensare con categorie fatte per le cose che per le persone… Sono delle categorie più semplici, maneggevoli… Tutto ciò cambia dal momento in cui l’elemento personale è introdotto nel concetto. È come se vi entrasse qualcosa di imprendibile, di inquietante, di esplosivo… Si ha l’impressione che l’apparato di pensiero, così chiaro e preciso sin là, divenga all’improvviso inutilizzabile»2.
Dall’opera di Lodetti si ricava un invito a mirare a quell’equilibrio che se alternato provoca un boomerang distruttivo: le indicazioni della natura, se eluse, si ritorcono contro e finiscono con l’inquinare ogni ambito vitale. I disastri ecologici come i conflitti e le guerre scaturiscono dalle tendenza captativa a strumentalizzare gli esseri viventi come fossero oggetti alla nostra mercé. Ogni realtà si rovina, se non viene rispettata secondo la sua natura: «Delle cose non si può fare quello che si vuole, o almeno non lo si può fare in tutto il loro insieme e per un lungo periodo; si possono trattare le cose solo in modo corrispondente al loro essere, altrimenti si preparano catastrofi. Chi è capace di vedere, vede come dappertutto si prepari la catastrofe di una realtà falsamente maneggiata»3. Specialmente l’essere umano viene danneggiato quando lo si analizza, frantumandone l’unità interna o quando si crede di poter scindere le leggi che regolano il buon funzionamento del corpo dalla psiche, dallo spirito, da tutto ciò che regola la socialità, la politica, l’economia e ogni altro settore vitale.
L’armonia ternaria insegna a tenersi a giusta distanza non solo dai determinismi biologici, che vorrebbero incapsulare l’essere umano entro canali restrittivi, e dai determinismi sociologici, che vorrebbero ridurre l’azione umana ad un prodotto della società, ma anche dagli spiritualismi, che vorrebbero dettare leggi all’essere umano, senza avere preso coscienza dei suoi ritmi specifici e dunque finendo con l’alterarne l’equilibrio biopsichico. Tutti gli eccessi derivano per il nostro autore da una misconoscenza di quanto è già iscritto nel corpo stesso, non compresi da quanti analizzano anatomicamente i singoli meccanismi di funzionamento, a scopo terapeutico, ma raramente intuiscono ciò che soggiace ed è l’anima di tale funzionamento, ossia il codice che regola la dinamica di correlazione delle varie componenti e che ricongiunge la persona al suo essere così com’è e al suo dover essere.
Giulia Paola Di Nicola
1nello stesso intento, pur senza il riferimento al corpo umano, si muove il mio ultimo lavoro: Per una ecologia della società, Dehoniane, Roma 1993.
2R. Guardini, Christianisme et culture, Tournai 1967, 7.
3R. Guardini, Il potere, tr. it. Morcelliana, Brescia 1963, pp. 125-26.