L’Impressionismo

L’Impressionismo

Il movimento che venne definito Impressionismo prese vita dopo qualcosa  di ancora riferito ai codici della tradizione, sia pure in procinto di risoluzioni le più varie. Caposcuola fu quel grande innovatore, Edouard Manet, che prendendo spunto dalla celebre impression, soleil levant,  abbandò  l’abitudine di accompagnare le figure e i paesaggi con le relative ombre e chiaroscuri.   

Ci si sentì liberi di dipingere a contorni netti, avvicinando colori più tenui ad altri più marcati, facendo sostenere ai primi la parte delle ombre che non esistevano più.

Grande bagarre quando nel 1865 Manet espone al Saloun de Paris la sua Olimpia (oggi al Louvre) dove cade la rappresentazione tradizionale di un nudo, o meglio, se ne porge una versione piatta, deplasticizzata, chiaro e altro chiaro su un fondo scuro e più scuro. Senza passaggi. Grande amore per i contrasti: ai piedi di Olimpia un gatto nero, di lato una domestica nera vestita di bianco.  

A segnare lo stacco  fra i piani dell’opera,  grandi segni neri seguono a tratti la sagoma di Olimpia  trasformandosi in volute contrapposizioni.

Con questi neri profondi e vellutati contro i bianchi quasi polverosi, che richiamano la calce, Manet  sorregge  la colorazione completa del quadro che in realtà conterrebbe anche  altri colori, meno protagonisti, come quello del lenzuolo azzurrino  e dello scialle a fiorellini che la serva le porge.

Nulla c’è più delle figure morbide, semiromantiche che il Salon de Paris era stato abituato ad ospitare fino a quel momento.

La critica che si occupò di Manet in occasione di questa esposizione, in modo sorprendentemente entusiastico dopo il boicottaggio riservato agli inizi del movimento, fece sì che tanti altri artisti, tra i quali Monet, Pissarro e Renoir, si stringessero attorno a lui.

Uno che dall’Impressionismo si sentì in qualche modo distinto, anche se appartenente allo stesso giro di artisti e sotto l’influsso di Manet, fu Degas. Artista introverso, qualche volta cerebrale e capace di approdare all’ interpretazione psicologica dei suoi personaggi, desideroso di riprodurne proprio questo aspetto.

Non poche volte Degas fu aspro verso il più solare Manet e pungente nei suoi giudizi. Egli aveva poca attitudine ad abbandonarsi e questo lo portava spesso ad essere piuttosto introverso e sarcastico.  

Tali limiti furono, però,  per Degas anche la sorgente della sua arte, sia quando con volontà analitica ed austera si produce nei bellissimi ritratti e sia, specialmente, quando d’incanto approderà al suo capolavoro: la serie delle “ ballerine”, spesso riprodotte in movimento, movimento catturato da effetti di luce e da inquadrature che rendono perfettamente i primi piani con richiami volutamente fotografici.  

Mostriamo qui l’opera più celebre del lungo momento, emblema di Degas, dal titolo, neanche a dirlo: Le Ballerine,  oggi al Louvre.

E dai ritratti, ecco quello de Il duca Morbilli e sua moglie  a Boston, nel Museum of Fine Arts, nel quale l’analisi degli atteggiamenti dipinge il carattere dei personaggi: la nobiltà pensosa di entrambi. In lei forse un affanno dell’animo o una malattia traspaiono dall’atteggiamento attonito. La  mano appoggiata al consorte racconta della forza che sembra a lui chiedere. Il Duca è olimpico, tranquillo, di una bellezza nordica.

Anche Degas ha talvolta preso spunto da scene occasionali e disincantate, come potrebbe essere un caffè alla moda o le stesse danzatrici in azione, ma ogni volta con la volontà di trasporle su un piano molto più alto di interpretazione umana.