5 ottobre: giornata mondiale degli insegnanti

Dobbiamo ringraziare mille volte quegli insegnanti delle scuole italiane – in maggioranza donne – che, pur essendo pagati poco, trattati come fastidiosi ingombri, aggrediti da padri e madri iperprotettivi che hanno perso ogni rispetto per la sacra arte dell’apprendimento, credono ancora nell’insegnamento come servizio e lo portano avanti con passione e spirito di sacrificio. Così Dacia Maraini in La scuola ci salverà (Ed.Solferino, Milano, 2021), analisi realistica della crisi della società come crisi delle istituzioni, e in primis di quella scolastica, riflesso di una crisi dei valori in un Paese spaesato. Importante il riconoscimento del ruolo salvifico dell’insegnante, che certo non può compiere miracoli ma è in grado di arginare i danni di un vuoto educativo della famiglia e della perdita di autorevolezza di soggetti istituzionali.

A tal fine, nel 1994 è stata istituita la Giornata mondiale degli insegnanti, da celebrarsi il 5 ottobre, e l’istruzione di qualità é stata posta come obiettivo di Sviluppo sostenibile dell’agenda 2030 delle Nazioni Unite, che assicuri un’educazione di qualità, equa ed inclusiva e opportunità di apprendimento per tutti, con l’obiettivo di incrementare il livello di alfabetizzazione globale e ridurre l’abbandono scolastico precoce,  contribuendo a migliorare la vita delle persone e a raggiungere lo sviluppo sostenibile.

Difficile, se non impossibile, realizzare questo progetto di qualità in tempi brevi e con scarse risorse finanziarie, quando per quasi 30 anni si sono sempre effettuati tagli alla scuola pubblica, (come anche alla sanità pubblica), in favore della privata, per di più con un bilancio di un enorme debito pubblico ora aggravato dalla guerra e dalla crisi energetica che ne consegue. Titanica impresa anche per l’ostacolo frapposto dalla tecnologia usata oggi in modo addirittura compulsivo, tanto da generare dipendenza psicologica o disturbi neurologici, che già Pasolini 50 anni fa intravedeva come pericolo futuro nel determinare una “mutazione antropologica” irreversibile (Scritti corsari). E pensare che allora il grande intellettuale si riferiva solo alla televione e ai mass media, prima dell’invasione e del dominio dei cellulari.

Obiettivi avveniristici, in questo contesto storico di crisi e di guerra, appaiono quelli, pur necessari, di ristrutturazione e consolidamento di edifici fatiscenti o resi pericolanti da terremoti, alluvioni e dissesti idrogeologici o semplicemente dall’usura del tempo; di aggiornamento degli strumenti didattici; di adeguamento degli stipendi della classe docente, tra i più bassi d’Europa; di forniture gratuite di strumenti di studio ad alunni ed insegnanti; di aggiornamenti gratuiti in itinere come docenti ricercatori della propria disciplina; di interventi adeguati per colmare il gap culturale e il conseguente disagio di alunni svantaggiati e così assicurare a tutti non solo pari preparazione ma soprattutto pari opportunità. Inutile spendere sodi ed energie negli invalsi, che non fanno che registrare le conseguenze del problema senza risolverlo, meglio intervenire sulle cause a monte ed investire su azioni mirate e personale competente.

Ma non bisogna scoraggiarsi, perchè nella scuola ci sono tante forze giovani, competenti e motivate, e bisogna puntare su queste per una scuola di qualità.

Se io fossi ministro della pubblica istruzione, mirerei però a realizzare, oltre a tutto quanto esposto, quello che Massimo Recalcati definisce la scuola – Telemaco in L’ora di lezione. Per un’erotica dell’insegnamento. Non la scuola-Edipo, centrata sull’auctoritas della tradizione, cioè del Padre e del conflitto tra generazioni; nè la scuola-Narciso, centrata sul mondo ridotto a immagine del proprio io, cioè dell’assenza di relazioni tra l’Uno e l’Altro e della rottura del legame con l’insegnante per una inedita alleanza tra genitori e figli. La prima porta al ruolo passivo dell’alunno come di un essere che subisce saperi e regole imposte senza funzione attiva; la seconda disattiva ogni funzione educativa da parte dei genitori che si sentono più impegnati ad abbattere gli ostacoli che mettono alla prova i loro figli per garantire loro un successo nella vita senza traumi, lasciando gli insegnanti in solitudine a incarnare le regole.

Aggiungo che da quando la scuola è diventata un’azienda con le tre i di berlusconiana memoria, gli studenti sono diventati clienti da conservare a tutti costi e i Presidi, diventati Dirigenti, si sono alleati anch’essi con alunni e genitori, assicurando promozioni e voti alti, a prescindere dalla preparazione effettiva, e distruggendo così il merito con conseguente mortificazione degli studiosi onesti. La scuola ideale, secondo Recalcati, è quella da lui definita Telemaco, che risponde all’esigenza di Padre da parte dei giovani, cioè della funzione educativa e normativa di genitori invece latitanti. E, aggiungo, latitano anche molti insegnanti che hanno abdicato alla loro autorevolezza per impotenza, senso di frustrazione, disagio esistenziale ed economico, scarsa o nulla considerazione sociale e mancanza di rispetto, stanchezza o doppio lavoro. Genitori ed insegnanti non possono diventare amici dei loro figli, devono recuperare il loro ruolo educativo. I giovani esprimono malessere proprio per la mancanza di regole e di saperi che vengano da persone convinte della loro funzione, preparate e appassionate della propria materia e del sapere in generale, disposte ad apprendere ancora e sempre. Solo così si comunica l’amore per la cultura e si coinvolgono i giovani, con l’esempio di una formazione in itinere e di un impegno serio e costante. Per questo io eliminerei il doppio lavoro dei docenti, naturalmente pagandoli il doppio, perchè inteso come ho detto, quello dell’insegnamento non si riduce alle ore di presenza in classe, ma comporta una dedizione totalizzante.

In ultimo, eliminerei l’alternanza scuola – lavoro ed estenderei l’obbligo scolastico fino al diploma, limitando la caratterizzazione professionalizzante ad un anno o al massimo due, gli ultimi, assicurando invece una solida base culturale e rinviando al post diploma la formazione lavorativa e la specializzazione tecnica attraverso le aziende e i datori di lavoro, con adeguati aiuti dello Stato.

La scuola infatti deve mirare a formare coscienze critiche e menti pensanti autonomamente, che sappiano comprendere la complessità del reale e decifrare il mondo, perchè solo la cultura può aprire al mondo e crearne uno nuovo. E se essa viene negata o limitata, c’è solo cultura senza mondo, cioè cultura di morte, cultura della droga, come osservava Pasolini nelle Lettere luterane.