“Qui giace un uomo il cui nome fu scritto sull’acqua”: queste parole, scolpite sulla lapide di John Keats (1795-1821) nel cimitero protestante di Roma, costituiscono l’ultimo componimento del poeta che, unitamente a George Byron e Percy Bioshe Shelley, fa parte di quelle che i critici hanno definito ‘seconda ondata romantica’. In verità, per uno strano scherzo delle cifre, ci troviamo di fronte a un’apparente incongruenza dal momento che i tre massimi rappresentanti di essa morirono almeno dieci anni prima di Coleridge e quasi trent’anni prima di Wordsworth, esponenti della prima ondata.
La seconda ondata, comunque, non cavalcava esattamente le orme della precedente: la ribellione di Byron, la fede di Keats nella suprema verità della Bellezza, l’ardore rivoluzionario di Shelley indicano un individualismo diverso dai loro predecessori. Al culto di Wordsworth per la natura e la verità eterna e al mondo dei sogni di Coleridge, si contrappongono l’incantato pessimismo di Keats, il riso sardonico di Byron e il fervore rivoluzionario di Shelley anche se i giovani eroi del Romanticismo trovarono presto il loro crepuscolo: l’oppio, la tisi, la furia del mare, la febbre malarica sembrano tutti segni del destino.
“Quando finirà questa mia vita postuma?” chiedeva Keats, medico egli stesso al suo dottore. La storia della sua vita è una storia di morte, anzi di più morti; di umili origini – suo padre era capo stalliere presso una ricca famiglia – vide presto sua madre e suo fratello consumati dalla tubercolosi. Quanto a lui, gli studi di medicina presso il Guy’s Hospital di Londra, gli servirono unicamente per capire i primi sintomi del male che già aveva colpito i suoi cari.
Della sua breve esistenza c’è ben poco da dire: l’amore appassionato per Fanny Brawne, un’insignificante civettina indegnamente passata alla storia, un immenso amore per la poesia, in conseguenza del quale rinuncio alla professione medica, l’amicizia di artisti e di letterati, fra i quali Shelley. Lasciata Londra nel 1820 iniziò il suo breve viaggio in Italia: Napoli poi Roma. Qui abitò al n. 26 di Piazza di Spagna, dove ora si trova la Keats-Shelley Memorial House e qui sopraggiunse la morte nel febbraio del 1821.
Il periodo più creativo per Keats fu quello che va dal 1818 al 1820, anni in cui compose anche Ode a un usignolo, Ode all’autunno e Ode su un’urna greca, fra i suoi più memorabili componimenti.. essi esprimono a fondo tensioni e contraddizioni: il poeta trova malinconia nella gioia, piacere nel dolore mettendo in contrasto sogno e realtà. E se in Ode all’autunno ci dà il massimo dell’oggettività inneggiando alla ‘ stagione di nebbia e morbida abbondanza’, in uno splendido esempio di poesia descrittiva è in ‘Ode su un’urna greca’che troviamo l’espressione della fede nella quale Keats operò: l’arte soltanto può arrestare l’attimo fuggente e renderlo immortale. La Bellezza è solo nell’eterno e l’arte è la sola forma di eternità concessa agli uomini sulla terra.
Sono giunte a noi le lettere testimonianze di una vita dedicata agli affetti familiari, all’amicizia, all’amore. Queste e altri ricordi sono conservati in parte nella Memorial House di Roma, in parte nella Keats House – casa museo – nell’elegante quartiere di Hampstead a Londra.