Donne, cultura e politica nella società borghese dell’800

Donne, cultura e politica nella società borghese dell’800

IL SALOTTO CULTURALE DI CLARA MAFFEI.

La concezione e l’immagine della donna  costituiscono l’aspetto complementare della sua condizione di subordinazione. Considerata da sempre come essere inferiore, demandato alla cura della casa e alla nascita e allevamento dei figli, non ha trovato nella società occidentale spazio per attività diverse da quelle domestiche, se non in casi eccezionali; ci sono state regine che hanno governato come reggenti in nome dei figli, donne della nobiltà o alta borghesia che hanno potuto dedicarsi alle arti, ma si tratta di fenomeni rarissimi. Come osserva lo storico George Duby “ per molto tempo le donne sono state lasciate nell’ombra della storia”, come parte organica di una società patriarcale e maschilista.

A partire dal Rinascimento e più ancora dopo la Rivoluzione francese, in parallelo con l’affermarsi della soggettività individuale, si sono lentamente ma progressivamente affermate idee di uguaglianza e parità di diritti. Spesso alle idee non ha fatto riscontro l’attuazione delle stesse, anzi in qualche caso sembra che ci sia stato un ritorno indietro, come accadde in Francia, dove qualche anno dopo la dichiarazione dei diritti delle donne venne emanato in Codice Napoleone, in cui si sanciva una subordinazione sociale e legale maggiore rispetto all’antico regime.                                                                                                     Con l’avvento della società borghese, anche in seguito all’affermazione dell’industrialismo, iniziò a cambiare la struttura della famiglia e con essa l’immagine della donna: dalla famiglia allargata si passò alla famiglia mononucleare in cui si ristrutturava il ruolo femminile, del resto le donne cominciavano a svolgere attività lavorative. Ci si preoccupò dell’educazione femminile e si fecero  strada timidamente le idee di libertà; in particolare in Inghilterra già dalla fine del ‘700 nacquero i movimenti “suffragisti” che chiedevano la partecipazione femminile al voto .

Negli ambienti socialmente più elevati le donne trovarono un loro spazio all’inizio dell’Ottocento, quando si diffuse la moda dei salotti culturali, in cui affluivano i maggiori artisti e intellettuali del tempo. Pur essendo luoghi privati di incontro, i salotti svolsero una importante funzione pubblica in quanto vi si dibattevano questioni dell’attualità sociale e politica e vi si scambiavano esperienze artistiche. In questi ambienti, creati dall’alta borghesia e dall’aristocrazia alcune donne  attuarono  la loro emancipazione; esse dovevano svolgere il ruolo di “padrone di casa”. I salotti di successo dovevano accogliere personalità importanti e le Dame” accoglienti dovevano essere in grado sia di accogliere gli ospiti con eleganza e cortesia, sia di moderare le discussioni più animate, in cui si dibattevano e propagandavano nuove idee. È interessante notare che ai dibattiti partecipavano uomini e donne. Tra il settecento e l’ottocento si contano numerosi salotti letterari in Francia, ma ne sorgono anche in altri Paesi europei.  In Italia si trovano a Roma, Firenze, Napoli ; a Milano sono particolarmente importanti quelli di Isabella Teotochi Albrizzi, di Marina Quercioni Benzoni, di Emilia Peruzzi e di Clara Maffei.

Elena Chiara Maria Antonia Carrara era nata a Bergamo nel 1814, di origini aristocratiche da parte di entrambi i genitori, a 17 ani sposò Andrea Maffei, poeta squattrinato di rango inferiore (perse il diritto al titolo di famiglia, anche se tutti continuarono a chiamarla contessa). Andrea cominciò ben presto a trascurare la moglie perché dedito al gioco e ai piaceri mondani; ciò unito alla perdita della figlia Ottavia getto Clara in un grave stato di depressione.  Maffei allora ( 1834)decise di aprire la sua casa agli artisti  del tempo, dando vita a quello che sarà il salotto più alla moda nella Milano dell’800.   

Il salotto di Clara Maffei, Clarina per gli amici, ospitò poeti, pittori e musicisti, ma anche patrioti mazziniani e cospiratori, ponendosi come centro catalizzatore della vita culturale e politica milanese per oltre un trentennio.    Vi confluirono per primi Tommaso Grossi ( da cui Verdi trasse l’idea de I Lombardi alla prima crociata)  e Massimo d’Azeglio, poi  via via numerosi artisti come il pittore Hayez, Giuseppe Giusti, Ippolito Nievo.   Tra i personaggi politici ricordiamo in particolare i fratelli Dandolo, Emilio Morosini, Carlo de Cristoforo, Carlo Cattaneo , Honoré de Balzac – con cui stabilì una durevole amicizia – , Franz Liszt, Giuseppe Verdi ; e negli anni ’60, Carducci, Settembrini,  Giovanni Verga e il gruppo degli “scapigliati” con i fratelli Camillo e Arrigo Boito.                                                                                 Clara si rivelò una padrona di casa gentile, discreta, intelligente, capace di far sentire tutti gli ospiti a proprio agio e di risolvere anche i contrasti più accesi che animavano i colloqui nel suo salotto.  Nel 1842 vi fece il suo ingresso Giuseppe Verdi,  che aveva riscosso un enorme successo dopo la rappresentazione del Nabucco. Il compositore diventò un frequentatore assiduo  del salotto Maffei, stringendo sincera amicizia con entrambi i Maffei. Andrea fu  collaboratore di Verdi, per il quale scisse il testo di alcune romanze da camera, e contribuì alla stesura del libretto del Macbeth e compose il libretto de I Masnadieri. Clara fu amica e confidente del musicista e della seconda moglie, Giuseppina Strepponi, e intrattenne con loro una fitta corrispondenza. Verdi andava sempre a trovare la sua amica ogni volta che tornava a Milano. Intanto il rapporto tra Clara e il marito era ormai compromesso, anche a causa dell’intensa vita mondana che conduceva Andrea, assiduo frequentatore di caffè e sale da gioco, dove sperperava il suo patrimonio. Nel ’44, dopo al separazione dal marito, Clara incontrò Carlo Tenca , con il quale intrecciò una lunga relazione, sfidando i pregiudizi della società del tempo.  

Nel periodo più infuocato del Risorgimento iniziato nel ’46 con l’elezione a papa di Pio IX, il salotto Maffei  raggiunse il massimo splendore, diventando il punto d’incontro di tutti quegli intellettuali e patrioti che aspiravano all’indipendenza dall’Austria, anche se con progetti politici diversi (federalisti, repubblicani, filosabaudi). In particolare erano molto attivi Carlo Cattaneo e Cesare Correnti, che fecero parte entrambi del governo provvisori costituito dopo le Cinque Giornate e l’allontanamento degli austriaci. In quella occasione Clara insieme ad altre nobildonne fu molto attiva nel visitare gli ospedali, procurare bende per  i feriti, raccogliere fondi per sostenere le famiglie degli insorti.  Da allora il salotto assunse un carattere esclusivamente politico. Dopo il ritorno di Radetzscky  a Milano molti frequentatori di casa Maffei si rifugiarono in Svizzera e la stessa Clara si trasferì per qualche tempo a Lugano.  Nel 1850 Clara riaprì il salotto con nuovi ospiti, uomini d’azione e  intellettuali “impegnati”, molti dei quali collaborarono al “Crepuscolo” fondato da Carlo Tenca, tra cui Manzoni, Giovanni Prati, Emilio Bignami, Giuseppe Finzi, Giuseppe Zanardelli,  molte nobildonne amiche di Clara, e un gruppo di mazziniani.  Intanto si delineava tra gli ospiti una linea politica favorevole alla soluzione “filopiemontese”, superando le pregiudiziali repubblicane di Mazzini e federaliste di Cattaneo, e la stessa Clara era diventata sostenitrice di Vittorio Emanuele II. Il ruolo del salotto Maffei fu talmente importante da essere riconosciuto da Napoleone III, il quale dopo le vittorie franco-piemontesi del ’59, volle ringraziare Clara per il suo sostegno alla causa patriottica, facendole pervenire una sua foto con dedica.                                                                                     La caratteristica  politica, con l’esaurirsi degli obiettivi patriottici, segnò verso la fine degli anni ’60 il declino del salotto Maffei. Clara morì di meningite a Milano nel 1886.