Due 47enni, Simone Cristicchi e Dario Brunori, sembrano tipi “normali”.
Come quel compagno di classe che alla mamma piaceva tanto, con la testa a posto, che non dice parolacce, che ne ha attraversate tante (ma nemmeno sembra) e gli si vuole bene senza sforzo perché quando parla dice sempre cose sensate.
Poi ‘sti due arrivano sul palco di Sanremo, si mettono a cantare, e… incantano facendo piangere mezza Italia.
Brunori parla alla figlia della bellezza di esistere, le confida l’inquietudine per il mondo… Cristicchi canta da figlio che è diventato padre di sua madre, del misterioso crescere attraverso un dolore grande.
Da dove esce ‘sto scalpore così di botto?
Hanno cantato le storie di due uomini adulti che si lasciano tirare su dalla vita, senza scappare, senza fare fuori nessuno, amando.
‘Na roba che dovrebbe essere normale.
O no?
Come mai la loro “normalità” fa piangere addirittura superando l’effetto Di Caprio mentre affonda modello stoccafisso surgelato appresso al Titanic nelle acque oceaniche?
Vuoi vedere che abbiamo nostalgia di persone n’attimo pacificate?
Non è che teniamo bisogno di tornare a sperare negli uomini adulti, né vecchi saggi né narcisi?
Mica sentiremo il desiderio di uomini, di padri, che sanno prendersi cura, che risanano ferite, che dicono “va tutto bene, ci sono io”?
Chissà, forse è solo una speranza come una proiezione di un desiderio…
Perché sono sempre troppi i ragazzi che scelgono un salto nel vuoto come cura al proprio dolore di vivere!
Ecco allora da dove spunta questo dannato bisogno di uomini, “adulti e normali”.
Di padri responsabili a cui guardare quando tutto va male, per ricordarci che la vita è dura e certe volte le ondate entrano in casa a portare acqua gelida, ma resta bellissima uguale!
Uomini che esistono, amano, a volte cantano come in questo caso.
Ed è già qualcosa…
Grazie, Dario! Grazie, Simone!
Pasquale Trani.