La stanza accanto

La stanza accanto

Ci sono molti modi di vivere la morte, ci dice Almodovar nel suo ultimo film, La stanza accanto. E in effetti è vero, basti pensare ai riti funebri dei greci, che prevedevano vestiti laceri, capo cosparso di terra, pianti e lamenti….un copione rituale che è rimasto fino al secolo scorso nelle civiltà contadine.

Sono vere e proprie messe in scena, a cui si sono aggiunte in seguito culture diverse, ma non per questo meno teatrali, come
l’imbalsamazione, o l’estetica mortuaria, con tanto di trucco e parrucco (indimenticabile la foto di Grace Kelly nella bara) o anche gli interminabili panegirici sulle qualità del defunto, presenti sui manifesti mortuari e sui social.

Almodovar invece recupera una visione estremamente lieve e delicata dell’estremo passaggio : la malattia non deve ridurre un essere umano ad un corpo dolente e inconsapevole, meglio farla finita prima, per propria scelta. Ma il film non è esattamente una celebrazione dell’eutanasia, quanto invece una riflessione sulla capacità di vivere comunque serenamente gli ultimi giorni.
Un senso di pacata dolcezza emana dal rapporto delle due amiche, l’una malata, l’altra dolente per la decisione che è costretta a condividere, mentre la natura intorno risponde lussureggiante, attorno ad una casa che vedrà svolgersi l’ultimo atto.

E’ un Almodovar per niente colorato ed eccessivo, anzi, raffinato e meditativo, ed anche consolatorio nella citazione da Joyce, che è il leitmotiv del film “ la neve calava lieve su tutto l’universo…su tutti i vivi ed i morti”.

Lucia Pompei