di F.Ozpetek
Con Luisa Ranieri, Jasmine Trinca,Vanessa Scalera, Sara Bosi, Loredana Cannata, Geppi Cucciari, Anna Ferzetti, Aurora Giovinazzo, Nicole Grimaudo, Milena Mancini, Paola Minaccioni, Elena Sofia Ricci, Lunetta Savino, Carla Signoris, Kasia Smutniak, Mara Venier, Giselda Volodi, Milena Vukotic, Stefano Accorsi, Luca Barbarossa, Valerio Morigi, Edoardo Purgatori, Carmine Recano, Ferzan Ozpetek.
L’ultimo di Ozpetek è uno di quei film corali che raramente riescono così perfetti da non lasciare niente di irrisolto in tutte le vicende e per tutti i personaggi. Maestri di questo cinema furono Altman e il nostro Scola: qui il regista turco non è da meno. Non c’è una sbavatura, un’ incongruenza, un’incertezza nella sceneggiatura e alla fine tutti i fili tessono un’armonica trama.
La storia si dipana su due piani temporali, c’è un film dentro un altro film. La cornice è la casa del regista che invita attrici e attori con i quali ha lavorato in passato per illustrare il nuovo progetto che ha in mente, li riunisce intorno ad una colorata tavola imbandita – una costante dei suoi film – per discutere con loro i copioni e assegnare le parti. Si parla, si fanno obiezioni, si propongono modifiche e d’improvviso, con un salto spazio temporale ci ritroviamo nel luogo che è il vero protagonista del film, vale a dire la sartoria delle sorelle Canova che a Roma negli anni Settanta, oltre a soddisfare i capricci di un’altolocata clientela riceve commesse per la realizzazione di abiti di scena sia per il teatro, sia per il cinema. In questo universo a parte, fatto di cartamodelli, tessuti pregiati, trine, bottoni, perline e fili colorati si intrecciano le vicende personali delle due proprietarie dell’atelier, delle sarte, delle costumiste, della cuoca, dei pochi uomini che vi lavorano relegati però in mansioni subalterne. Quando le donne della sartoria smettono il proprio camice azzurro, escono dal lavoro per tornare “in borghese” alla propria quotidianità c’è spazio per tutti i drammi e le gioie della vita : la violenza domestica, la solitudine, la preoccupazione per i figli, l’amore perso e ritrovato, un lutto troppo grande da elaborare, i problemi economici, la protesta ribelle dei giovani. Tutto il privato sembra però scomparire di fronte al lavoro, alla collaborazione di tutte per la realizzazione di costumi favolosi e magici che solo il cinema e il teatro possono immaginare e poi rendere reali.
Il lavoro della sartoria è questo: realizzare l’immaginario, un po’ come la settima arte. E’ un compito arduo, ci sono momenti di crisi, ma la solidarietà femminile vince su tutto, nel lavoro e – forse un po‘troppo ottimisticamente nel film – anche nella quotidianità. Ozpetek realizza un film di donne, sulle donne e per le donne, svelando con realismo e pudore ogni risvolto dell’animo femminile. Tutto ciò è reso possibile dalle straordinarie interpreti, tutte indistintamente, la cui recitazione è valorizzata dal regista con frequenti primi piani che sostituiscono dialoghi superflui quando a parlare sono soprattutto gli occhi. Da sottolineare una sorprendete Mara Venier, che, lasciato momentaneamente il ruolo di conduttrice televisiva, torna al cinema, come al suo esordio nel mondo dello spettacolo. La sua Silvana, materna e accogliente con tutti, a tratti silenziosa, anche enigmatica è veramente magnifica. E così tutte le altre, senza eccezione alcuna, danno prova di una bravura a tratti proprio “diamantina”.
Fotografia, costumi, scenografia eccellenti e belle le musiche, con due inediti di Mina e Giorgia. Unico difetto il finale un po’ “autocelebrativo”: nel set ormai vuoto il regista sente risuonare voci, battute, risate e gli appare quasi musa ispiratrice un’eterea Elena Sofia Ricci a ricordare che “La magia del Cinema non sta in quello che si vede, ma in quello che si sente”. La magia del Cinema, con un bel film così, l’avremmo sentita comunque, senza bisogno di sottolinearla. Da vedere!