Intervista dalla Polonia a Giulia Paola Di Nicola

Convegno “Women in Today’s Church and Society – on the 50th Anniversary of the Celebration of 1975 as the International Women’s Year , University of Presov (SK), 8-9 XI 2024. Dopo breve presentazione del profilo, Mariola porge qualche domanda, cercando di far emergere i passi positivi già compiuti in Italia, riguardo il ruolo della donna nella Chiesa cattolica.  

Quali sono gli esempi più significativi di leadership femminile nelle diocesi italiane e nelle organizzazioni ecclesiali negli ultimi anni?

Lavorare per una presenza più incisiva e credibile delle donne nella Chiesa in Italia non è un optional, ma una necessità, non solo per la mancanza di preti, ma soprattutto per rendere la Chiesa più credibile specie agli occhi delle nuove generazioni. Attualmente, le ragazze italiane under 30 che si dichiarano cattoliche sono scese al 33 per cento (dieci anni fa erano quasi il doppio), mentre quelle che si definiscono atee sono passate dal 12 al 29,8%.

 La leadership femminile nella società italiana è attualmente più significativa in tutti gli ambienti: lavoro, vita familiare, media, politica, economia, ecc. Nella Chiesa tale presenza va indubbiamente a rilento e si fa più fatica, perché molto dipende dai singoli Vescovi e Parroci se sono più o meno bendisposti a valorizzare i talenti femminili. Ve ne sono di accoglienti, che affidano alle donne responsabilità notevoli, sanno ascoltare e raccogliere consigli, ve ne sono altri che fanno difficoltà a tener dietro alle indicazioni di Papa Francesco.

Recentemente alla chiusura del Sinodo, il card. Fernandez ha riferito che Papa Bergoglio «è molto preoccupato per il ruolo delle donne nella Chiesa e…ha chiesto al Dicastero per la Dottrina della Fede di esplorare le possibilità di uno sviluppo senza concentrarci sull’ordine sacro». È noto che il Papa ha invitato ad un maggiore ascolto delle voci femminili, lasciando che si dibattano tematiche anche innovative su un argomento finora appannaggio di gruppi ristretti di intellettuali ‘femministe’.

Sin dagli inizi del suo papato egli ha suggerito di distinguere le varie forme di responsabilità dal ministero sacerdotale. Egli intende rispettare una consolidata tradizione ed evitare passi affrettati immaturi che risulterebbero inopportuni e dunque dannosi per l’unità della Chiesa. Si è proposto piuttosto di coinvolgere le donne nelle decisioni a tutti i livelli. Tuttavia, in Vaticano si riscontrano purtroppo ‘conferme di maschilismo persistente’. «Quando per esempio – ha continuato il cardinale Fernandez – si è creato il nuovo ministero del catechista, il Dicastero per il Culto divino ha inviato una lettera alle Conferenze episcopali. Ha proposto due forme diverse di configurare il ministero. Una era collegata alla guida della catechesi. La seconda accoglieva quanto aveva detto il Papa in Querida Amazonia sulle catechiste che sostengono e guidano le comunità in assenza di preti, donne capo, che svolgono diverse funzioni. Le Conferenze episcopali potevano accogliere questo secondo modo, ma pochissime lo hanno fatto” (il riferimento è alla Lettera della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ai Presidenti delle Conferenze dei Vescovi sul Rito di istituzione dei Catechisti, 13.12.2021).

Molto dipende dalla formazione che i preti ricevono nei seminari, tradizionalmente diffidente della donna e collegata alle tentazioni della carne, alla cucina, alle pulizie, alle perpetue, insomma a servizio o comunque come ‘aiuto’ all’uomo, secondo l’interpretazione ancora diffusa della Bibbia, oggi riformulata con una nuova ermeneutica… Questo atteggiamento sta cambiando rapidamente. Mio marito ed io abbiamo insegnato nel seminario regionale di Chieti e abbiamo potuto constatare l’importanza di figure femminili di un certo spessore professionale ed etico  per scalzare certi pregiudizi. Sempre più professoresse e psicologhe lavorano nei seminari, nei quali il numero dei seminaristi va diminuendo, ma si ha la percezione di una formazione più adeguata ai tempi e più integrale.

L’insegnamento nelle Università cattoliche affidato alle donne sta divenendo sempre più consolidato. Dal  basso si creano reti di movimenti e organizzazioni attive ormai da tempo, come Voices of faith che opera in Italia e a livello internazionale. Alla fine del 2017 è nato il movimento ‘Donne per la Chiesa’ che unisce rivendicazioni e dedizione. Sono donne più intraprendenti sul tema che stiamo trattando rispetto a quelle impegnate nei settori femminili di organizzazioni storiche come Azione cattolica, CIF, Acli, ecc.

          In che modo le donne italiane hanno contribuito concretamente alla catechesi, all’educazione religiosa e alla vita liturgica delle parrocchie?

        È noto che le donne sono la base più numerosa della Chiesa che giornalmente s’impegna ad edificare le comunità: catechiste, sacriste, direttrici di coro, insegnanti nei corsi di teologia, missionarie. Tutte le donne credenti, laiche, consacrate, teologhe, sposate, single, in un modo o in un altro dedicano tempo, energie e competenze per trasmettere anima e cuore alle comunità.  La fede che incarnano è viva e operativa. Senza il loro impegno, molte parrocchie e opere assistenziali non potrebbero funzionare. Tuttavia svolgono servizi non stabili e può accadere che col cambio parroco/vescovo vengano sostituite e dimenticate.

Numerose in Italia le opere di carità e solidarietà gestite con generosità da suore e laiche per la cura degli emarginati, prostitute comprese (Associazione Giovanni XXIII, suore Oblate del Santissimo Redentore), specialmente durante particolari crisi sociali o umanitarie, epidemie, guerre. Si dedicano a lavori artigianali per raccogliere risorse di ogni tipo da inviare nei luoghi più colpiti da eventi tragici. Favoriscono l’adozione diretta oppure a distanza, permanente oppure temporanea, di bambini rimasti senza famiglia o che vivono in famiglie non idonee. Grazie alla presenza dei loro istituti in varie parti del mondo, contribuiscono inoltre a far conoscere, apprezzare e rispettare le diverse culture.  Anche se ancora c’è chi le vede solo come   stampelle del clero, esse sono spesso protagoniste e offrono una rappresentazione convincente del cristianesimo.  

Le donne che fanno ricerca offrono uno sguardo nuovo sulla teologia e aprono orizzonti nuovi. Non poche lavorano senza clamore offrendo spunti importanti di riflessione in dialogo con altre associazioni all’estero, con le diverse confessioni cristiani e religioni. Spesso  faticano a trovare ascolto per il timore di deviazioni eretiche

Tuttavia, non vorrei   che si facesse riferimento solo a ciò che le donne fanno.  Al di là dei ruoli che ricoprono e della presenza/assenza nelle istituzioni, esse esercitano   una loro indiscutibile leadership direi ‘carsica’, non solo nei confronti delle persone affidate alle loro cure, ma anche nei confronti della gerarchia, perché la stimolano ad andare al di là delle dottrine codificate, delle tradizioni anchilosate. Portando alla luce vissuti spesso innovativi o problematici insinuano dubbi, mettono in discussione, propongono alternative, aprono la strada al continuo rinnovamento profetico della Chiesa. Esse inoltre contribuiscono a sradicare quella corsa alla carriera e alla visibilità, che non di rado si riscontra nel clero. Questa vasta attività culturale non coincide con il potere di prendere decisioni e non risulta nei luoghi istituzionali più alti. Eppure è un potere influente e altrettanto forte, benché non appariscente e non riconosciuto esplicitamente da parte della gerarchia.

    Puoi descrivere qualche esperienza di donne impegnate nei movimenti ecclesiali, che hanno avuto un impatto positivo a livello locale o nazionale? (sara’ dr. Katarzyna Wasiutyńska dall’Adam Mickiewcz University in Poznań a parlare su Chiara Lubich).

         Se ci si focalizza sulle figure apicali, che papa Francesco incoraggia per giungere a decisioni condivise tra uomini e donne, in Italia si nota un cambiamento significativo ed evidente. Lasciando da parte il caso atipico di Chiara Lubich e il ruolo svolto dal CIF (Centro italiano Femminile, nato nel 1944, prima presidente Maria Federici), vorrei ricordare almeno due donne che hanno rinnovato il tessuto ecclesiale dal basso, per loro iniziativa, non senza contrasti anche nell’ambito ecclesiale.

Armida Barelli (1882 -1952) con la sua   fede e   operosità è riuscita a fondare con padre Agostino Gemelli l’Università cattolica. Ha lavorato viaggiando incessantemente nelle varie diocesi per edificare l’Azione Cattolica, specie Gioventù femminile, alimentando la partecipazione, lo spirito comunitario, il protagonismo delle donne nell’ambito sociale. Ha promosso con alcune compagne consacrate una nuova forma di vita religiosa nell’Istituto secolare delle Missionarie della Regalità. Tutte e tre queste realtà decisive per la storia dell’Italia cattolica dal Novecento a oggi la celebrano come fondatrice. Papa Francesco all’udienza ai rappresentanti (2023), ha consegnato tre termini: «generatività» (Università), apostolato (Azione Cattolica), «consacrazione nel mondo» alle Missionarie della Regalità di Cristo.

Tra le contemporanee, vorrei citare Chiara Amirante (nata nel 1966) fondatrice e presidente del movimento ‘Nuovi Orizzonti’, focalizzato sull’esperienza di vita con ragazzi a disagio: tossicodipendenti, alcolisti, ragazze madri, bambini di strada, ragazze schiave della prostituzione, ex detenuti e le altre forme di disagio caratteristiche del mondo giovanile. ‘Nuovi Orizzonti’ crea un percorso terapeutico riabilitativo basato sul Vangelo e sulla guarigione del cuore, denominato ‘L’Arte di amare’.  L’approvazione della Santa Sede come Associazione privata internazionale di fedeli è arrivata l’8 dicembre 2010.

Papa Francesco periodicamente torna a raccomandare che le donne siano “pienamente associate ai processi decisionali” con riferimento al livello istituzionale ecclesiale, ossia ad intra (con la lettera alle donne di Giovanni Paolo II ci si era rivolti  ad extra).

Segnali significativi di cambiamento nei confronti di donne che hanno dimostrato competenza e rettitudine nell’insegnamento e nella ricerca, sono la nomina (Luglio 2024) di Elena Beccalli come nuova rettrice dell’Università Cattolica, prima donna a guidare l’ateneo e recentemente come consultrice. Per la Facoltà di Economia e Giurisprudenza è Preside Anna Maria Fellegara. Suor Piera Ruffinatto è stata confermata come Preside della Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium” di Roma per il triennio 2022-2025.

Nella stessa direzione in Vaticano si colloca la nomina nel Consiglio per l’Economia di sei laiche, scelte tra docenti universitarie e manager di primo piano del mondo della finanza (le tedesche Charlotte Kreuter-Kirchhof e Marija Kolak; le spagnole Eva Castillo Sanz e María Concepción Osákar Garaicoechea; le britanniche Leslie Jane Ferrar, in passato Tesoriere di Carlo, Principe di Galles, e Ruth Maria Kelly). 

La presenza femminile nel personale a servizio del Pontefice e della Santa Sede negli ultimi dieci anni è cresciuta sia in numero assoluto che in percentuale di circa il 24%, con riguardo a posizioni meno qualificate, con un’eccezione d’impatto: dal 2016 Barbara Jatta è direttrice dei Musei Vaticani.

Nella Curia, dove il livello gerarchico più alto è di sottosegretario (terzo livello, dopo i prefetti o presidenti e i segretari), Papa Francesco ha raddoppiato le nomine, da due a quattro sottosegretarie. Francesca Di Giovanni è diventata sottosegretario nella Sezione per i Rapporti con gli Stati, mansione che la colloca al disopra di alcuni vescovi, in particolare dei nunzi.

All’interno del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, ci sono due spose e mamme: Gabriella Gambino e Linda Ghisoni.   Inoltre Papa Francesco ha da poco chiamato nel consiglio direttivo dell’Autorità di Informazione finanziaria (Aif), l’ente anti-riciclaggio, Antonella Sciarrone Alibrandi, pro-rettore vicario dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Suor Alessandra Smerilli, salesiana, docente di Economia politica, è stata nominata (2019) consigliere di Stato.

Anche l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, il più grande in Europa, è diretto dal 2015 da Mariella Enoc. Il periodico “Donne chiesa mondo”, all’interno dell’Osservatore Romano, monitora e promuove la condizione femminile ed è diretto da Rita Pinci.

Quali sono i frutti concreti del coinvolgimento delle donne in ambito accademico e teologico in Italia, specialmente nei settori della ricerca e dell’insegnamento nelle università cattoliche?

Riusciranno queste aperture fortemente volute da Papa Francesco e purtroppo spesso osteggiate da quelli che dovrebbero portarle avanti, a risolvere l’annoso problema del rapporto tra donne e uomini nella Chiesa? Nonostante gli obiettivi passi avanti, non lo credo. Quello che manca è una nuova antropo-teologia, una rinnovata ermeneutica biblica, che abbia il coraggio di discernere ciò che appartiene alla tradizione con la t minuscola e ciò che è la grande Tradizione. Alla base occorre rifarsi alla frase paradigmatica della prima pagina biblica “Maschio e femmina li creò” come progetto di reale uguaglianza e differenza.

Ci sembra che per realizzare l’originario piano di Dio ci sia ancora un lungo cammino da fare al passo con i segni dei tempi, con il sensus fidei fidelium e con le decisioni del Papa, avendo a cuore l’unità della Chiesa cattolica.