In memoria, un anno dopo

Percorrevi il crinale dello stivale con i dialetti, scendendo dal piemontese al romagnolo, al napoletano, toscano, marchigiano, pugliese, siculo con una rapidità e scioltezza che non ha pari, forse si trova solo in Brignano. Il dialetto, quello autentico e antico, oggi non più conosciuto, lo sciorinavi con un accento appropriato e una fluidità sorprendente, disinvolto e veloce nelle metamorfosi. Mi hai insegnato o richiamato alla memoria termini non più sentiti, delle chicche che solo tu sapevi, consapevole che condividevo la tua passione, senza riserve o gelosie, ma con una generosità e uno spirito altruistico rari. A volte mi mandavi con un msg vocaboli che non avevo annotato, scritti in modo quasi scientifico.  E mi parlavi di shvà, pipa, e segni crittografici, retaggio dei nostri studi glottologici a lettere classiche, che io non ricordavo più bene.

Con leggerezza passavi a declamare Dante, non solo versi di canti famosi ma anche di quelli poco noti, con una memoria straordinaria e posa e tono attoriali. Dall’Inferno al Paradiso attraverso il Purgatorio cambiando timbro. Ma mi parlavi più del dialetto che di Dante, consapevole che dovendolo insegnare, era il mio cibo quotidiano e dicevi che potevo “rompermi le scatole”.

Ti sei sempre considerato una sorta di mio fratello, con le famiglie che si conoscevano e mia sorella come tua compagna di scuola; ti sarebbe piaciuto avermi come sorella.