Una noche con Sergio Bernal

Una noche con Sergio Bernal

CIVITANOVA DANZA 2024, XXXI FESTIVAL, NEL NOME DI ENRICO CECCHETTI

23 GIUGNO – 28 SETTEMBRE

Danzatori: Sergio Bernal, Cristina Cazorla, Carlos Romero.

Voce solista: Paz de Manuel; chitarra: Daniel Durado; percussioni: Javier Valdunciel 

Fermo  – Arena di Villa Vitali, 23 luglio 2024

“Certe cose si possono dire con le parole,  altre con i movimenti (…) A questo punto comincia la danza.”(Pina Bausch)

Lo vedi muoversi sul palco e pensi è nato danzando. Danzava già nell’iperuranio quando era solo l’idea  di Sergio Bernal: come spiegare altrimenti, la perfezione.

La vedi in ogni guizzo, movimento, bagliore del corpo che danza; la tocchi nel dialogo ininterrotto che musica e movimento accendono col pubblico.

E se è vero che il flamenco è un momento di silenzio – così dice Bernal –  perché è comunicazione che passa diretta al cuore di chi guarda, sappiamo che quel “silenzio” ha fili che l’artista  tende di continuo fra sé e il passato, fra sé e la sacralità di tradizioni coreutiche popolari, di riti collettivi, di convenzioni e memorie – arabe, gitane, andaluse – che tutte insieme si fanno arte e per ciò stesso universali, paradigma di ogni moto, emozione, passione dell’animo umano mentre mantengono saldo e intatto il proprio valore identitario.

Bernal e gli artisti che lo accompagnano sono una summa di tutto questo: gli assolo, i pas de deux e i pas de trois, l’intensa voce solista accompagnata da percussioni e corde, disegnano quadri nei quali accademico rigore e tecnica sofisticata si uniscono in un linguaggio fisico vitalissimo e sensuale totalmente fuso con l’architettura musicale.

Da questa – da classici come  De Falla, Turina, Albeniz, Sarasate, Saint-Saëns, Ravel – la danza estrae un alfabeto di movimento studiato nell’infinitesimo dettaglio, perfetto nell’equilibrio espressivo degli interpreti che sull’estetica classicheggiante innestano la vibrazione sensuale dell’arte flamenca col suo intero universo umano, culturale, sociale.

E dunque ciò che i singoli quadri disegnano, altro infine non è che un solo vitalissimo affresco – unione di passato e presente, senza confini o geografie – nel quale la poetica coreografica delinea traiettorie di energia e seduzione, in un ipnotico climax di attrazione e popolaresca vitalità.

E se il Flamenco è “arte viva, musicale, orale, gestuale e sociale, universo musicale ed espressivo completo”, Bernal e  gli altri ne universalizzano qui gli stilemi, e la loro “musica del corpo” fa sì che la danza della tradizione, patrimonio multiculturale, memoria e narrazione ad un tempo, si fonda con la suggestione di capolavori senza tempo.

Così nella parte conclusiva dello spettacolo il classicissimo rigore formale ed espressivo di El Cisne (La morte del cigno su musica di Saint-Saëns) nel superlativo assolo di Bernal, può armonicamente preparare il finale esplosivo (qui Bernal vince facile, ma certo non ne ha bisogno!) nel notissimo Bolero rivissuto e reinterpretato con gli eccellenti Cristina Cazorla e Carlos Romero: perché anche qui la soggettività degli interpreti e lo sguardo attento alla contemporaneità possono intervenire sul tema classico con una lettura nuova e originale e, dentro una trama coreografica sensualissima, dentro il fluire e incontrarsi dei corpi, disegnare dinamiche di sorprendente attualità, di fisicità possente e millimetrica coordinazione.

È stata tutto questo, la nostra Noche con Sergio Bernal: non solo danza ma esperienza completa del fertilissimo connubio fra tradizione e innovazione; testimonianza del bagliore che si sprigiona quando genio, talento, passione si incontrano e si fondono, nella ricerca, col rispetto amorevole e devoto per la lezione dei classici.