CIVITANOVA DANZA 2024 – XXXI FESTIVAL – NEL NOME DI ENRICO CECCHETTI
23 GIUGNO – 28 SETTEMBRE – DANCING ITALY GALA – Talenti italiani sulle scene internazionali
Teatro Rossini, Civitanova Marche, 23 Giugno h21.30
…Certamente non volare, ma viaggiare, cantava Battisti e il suo dolcemente viaggiare / con un ritmo fluente di vita nel cuore è quello che ti viene in mente stasera mentre assisti al volo – reale – dei danzatori sul palco.
E viaggi con loro, che oggi sono qui da diversi altrove nel mondo ma sono partiti quasi tutti dal nostro, di paese: giovani che un giorno volarono via e di tanto in tanto tornano, come uccelli migratori, o “quali colombe dal disio chiamate”.
Solide eccellenze della danza che illuminano di sé prestigiose compagnie nazionali – di Madrid, Düsseldorf, Parigi, Praga – venute ad aprire qui il prezioso “CivitanovaDanza”, isola felicemente sottratta, da intelligenza organizzativa e qualità mai tradita nel tempo, al fragore vacanziero delle nostre coste.
Cosicchè, dopo essere precipitati nel fondo delle penitenziali poltrone del Rossini – segretamente auspicando che le articolazioni diversamente giovani non ci tradiscano nella manovra di emersione, al termine – siamo pronti al volo, nello spazio e nel tempo. Quest’ultimo anzi sembra dilatarsi per noi e senza sforzo incrociamo il pantheon dei classici ottocenteschi, i linguaggi coreografici e le forti idealità del secolo breve con la modernità ora intimista ora appassionata ora virtuosistica di creazioni recenti.
E se è l’ansia di libertà di Spartacus – del coreografo Jurij Grigorovič – da un passato lontanissimo ad aprire il nostro viaggio, sarà l’ipnotico, struggente, modernissimo Cor perdut – di Nacho Duato – a concluderlo; nei pas de deux di ambedue le creazioni, fisicità e forza espressiva dei danzatori avvicinano due universi distanti: quello che alla figura dello schiavo romano tragicamente ribelle affida il messaggio rivoluzionario del realismo socialista; e quello contemporaneo, fatto di sonorità struggenti e ipnotici ritmi andaluso-magrebini che nella voce poderosa di Maria del Mar Bonet disegnano la passione e il disincanto (è inutile piangere /è inutile morire/il desiderio è più forte/va per la sua strada).
In mezzo c’è tutto lo spettacolo, c’è un’antologica che spazia dal 19° al 21° secolo, e vi sono i coreografi di oggi e quelli di ieri: artisti che sulle forme sonore dei grandi (di Čajkovskij e Šostakovič, di Vivaldi e Saint-Saëns e Stravinskij, fino a Jacques Brel) hanno disegnato trame coreografiche che il tempo non scalfisce e si rinnovano anzi nella grazia e nel rigore tecnico dei danzatori su questo palco, negli assolo e nei pas de deux, che siano brevi luminose creazioni o estratti di grandi opere.
Così ad un trascinante Winter coreografato sulle magnifiche note vivaldiane, ai danzatori impegnati in uno stile di assoluta potenza evocativa, può seguire la forza imperiosa di un Corsaire reso celebre fin dagli anni ’60 del Novecento dall’interpretazione di Nureyev e Fontaine: sfida non da poco, e riuscitissima, per i due giovani interpreti.
Ma ci aspetta la vertigine: Vertigo di Bigonzetti su musica di Šostakovič ci trascina nel virtuosismo estremo, nel disequilibrio che sperimenta fino al limite tutte le possibilità del corpo.
E ancora, da una classicissima Morte del cigno di Fokine, al modernissimo urticante Jacques Brel di Les Bourgeois: assolo scanzonato e beffardo del talentuoso Alessandro Riga: ed è subito Francia, è Parigi, è il fascino contundente degli chansonnier che abbiamo amato e amiamo, è il graffio acuminato al conformismo dei bourgeois.
Ed ecco “l’amore tossico” di Onĕgin, dal romanzo in versi di Puškin, coreografato da John Cranko; ecco il pathos drammatico che avvicina al nostro confuso presente un dramma, pur così lontano, di emozioni e sentimenti.
E di commistioni è indisturbato campione lo stravinskijano Ebony Concerto ispirato al jazz neworkese dell’epoca: felice connubio, qui, di rarefatta perizia e ipnotico virtuosismo nella coreografia creata da Demis Volpi.
Prima del congedo nell’ammaliante, mediterraneo Cor Perdut di Nacho Duarto, ci viene incontro il cavaliere dalla triste figura, il Don Chisciotte “cavaliere invincibile degli assetati“: nella coreografia di Marius Petipa rimaneggiata nel tempo da grandi coreografi di epoca sovietica, c’è sapore inconfondibile di Nureyev, c’è l’”impervio virtuosismo” di pas de deux che esaltano il solido talento degli interpreti.
Abbiamo dunque dolcemente viaggiato, questa sera, rallentato per poi accelerare. Abbiamo ripulito forse il filtro e possiamo ripartire, ora.
Certamente non volare, ma viaggiare: ci accompagnerà per un po’ la grazia dei giovani talenti, e sappiamo che non siamo perduti, perché – con Pina Bausch – danziamo danziamo…