“Bellezza creativa” è il titolo della mostra di Gigino Falconi, inaugurata a L’Arca di Teramo il 16 marzo 2024 alla presenza dell’artista, curata da Giuseppe Bacci – Lino Befacchia e visitabile fino all’11 aprile. Un omaggio ai sui 91 anni, compiuti il 21 marzo, e ai 63 della sua attività poliedrica e multisemica di litografo, incisore, grafico, scultore, ma soprattutto ed ormai quasi esclusivamente di pittore. E “Documento di un sogno” potrebbe ancora intitolarsi questa esposizione, come un suo quadro del 1965, pochi anni dopo la sua prima mostra a Teramo, che Falconi ha sempre considerato la sua città, perché nato da genitori teramani che in quel periodo si trovavano “accidentalmente” a Giulianova. Dopo la prima infanzia qui trascorsa, tornerà a Teramo e si dividerà per tutta la vita tra le due sue patrie e Montone, in collina, dove attualmente vive “tra il sole e la luna”.
Documento di un sogno anche questa mostra, secondo me, perché comunica una visione onirica della realtà, una sospensione tra mondo tangibile ed essenza, una tensione verso l’oltre segnata anche graficamente in molte opere da una linea che separa una zona più scura da un’altra più chiara su cui piove la luce, come in “Nascita della Fenice”. Una luce che irrompe nella sofferenza di corpi abbandonati, nel tormento dell’umano che tocca il divino, come in ”Estasi di Santa Teresa”, dove c’è molto dell’estasi erotica, nella trasgressione e nel peccato che anelano alla loro redenzione, come in “Eva”. Molti sono i dipinti in cui il pagano e il sacro cercano un incontro e l’ardore di misticismo tenta un riscatto dalla disperazione, come “Altare pagano”, con la croce che compare spesso, simbolo di crocifissione dell’uomo-Dio, come “Morte e Resurrezione”.
La tematica prevalente, però, è quella della bellezza femminile, coniugata in tutti i suoi aspetti, dalla colpa mortale di Eva nell’alba del mondo, alla passione mortifera di Cleopatra in un vero e proprio ciclo, all’amore mercificato delle “Ragazze per sempre”, anche queste ossessivamente trattate. L’artista risponde alle critiche di rappresentare preferibilmente l’eros delle donne, affermando di essere attratto e incuriosito dalla bellezza universale in genere, che certamente si manifesta soprattutto nell’universo femminile perché enigmatico mistero ma anche nella natura, che ha ampio spazio nelle sue opere. Non a caso si è parlato di panismo, come in D’Annunzio, a cui Falconi ha dedicato un altro ciclo nell’occasione del cinquantesimo dalla morte del Vate e che qui è presente con “Il bosco”.
La tecnica del pittore torna sempre al figurativo come agli inizi, pur avendo attraversato diverse fasi, dalla poetica informale dei fantasmi e mostri ispirati alle letture di Poe alla surrealtà ed espressionismo, allo straniamento degli specchi, alle luci del sacro, alla natura e mondo femminile, alla luce dei riscattati.
Oggi si parla di una sua arte metaficica, come il critico Carlo Chesi che però ci tiene a precisare :” Si tratta di pittura metafisica narrata con fascino erotizzante. Risulta, però, distante dalle presunte poetiche che contrassegnarono i “metafisici” per antonomasia, quali De Chirico, Savinio, Carrà, unitamente ad altri coevi ed epigoni. Si tratta, infatti, di una metafisica che si volge all’esistenziale sublimandolo, non di una metafisica che si chiude nell’essenziale assolutizzandolo”.