E’ sempre sorprendente poter rilevare come nell’attività di scrittura e specificamente di narrazione degli eventi storici due scrittori non molto lontani nel tempo e nel luogo di vita, pur partendo da motivazioni non uguali ma affini, possano poi imboccare vie diverse approdando, comunque, a risultati simili nell’eccellenza ma quasi opposti nell’atteggiamento.
Sia Erodoto, creatore della ricerca storica, sia Tucidide, autore della storiografia scientifico-politica, operano nell’Atene democratica e a ridosso, più o meno vicino, della crisi della democrazia nella guerra del Peloponneso. La non ampia differenza di tempi di vita per i due autori si incrocia con il precipitare dalle debolezze della pur splendida Atene periclea fino alla crisi disastrosa della democrazia ateniese che si compie con la conclusione negativa della infausta guerra del Peloponneso in una accelerazione di tempi evidenziata dalla corrosiva e incisiva analisi critica del pensiero filosofico. Tutto avviene nel mutamento di idee e costumi che allontanano il senso comune del popolo ateniese dalle antiche tradizioni e dalle certezze glorificate dal mito in un cambiamento evidenziato dal teatro di Euripide.
Di questa atmosfera culturale della quale certamente Erodoto non fa in tempo a vedere la conclusione drammatica, Tucidide è spettatore pienamente consapevole. E’ evidente, quindi, che questo sfasamento temporale agisca sulla differenza della via di osservazione che viene scelta da ciascuno dei due storiografi, tuttavia alcuni elementi li accomunano nella motivazione; in particolar modo è innegabile la similarità di impulso alla loro osservazione di fatti storici, una spinta che non risiede in una pura scelta letteraria o di espressione soggettiva ma si può rintracciare, pure nelle differenti individuazioni di temi, in una finalità comune di utilità collettiva. Se Erodoto parte alla ricerca ampia di fatti e costumi umani, ovviamente sotto ancora l’influsso della tradizione dell’epica, per lasciare alla memoria dei popoli i fatti gloriosi compiuti dagli uomini, Tucidide nella incisiva analisi sulla politica ateniese intende lasciare un ktema, un acquisto per sempre per l’azione politica a tutti i suoi concittadini.
E non solo. E’ anche indubbio che a questa similarità quasi pedagogica di intenti si potrebbe aggiungere la similarità dei bisogni personali e non, ai quali sono spinti a rispondere, bisogni che in Erodoto potrebbero nascere da una specie di brivido dell’evanescenza dello splendore dell’Atene democratica e in Tucidide dalla necessità di dotarsi di strumenti di attacco e di difesa all’interno della pessimistica visone degli intenti umani. Al di là di questo, l’affinità si potrebbe anche individuare, con una ricerca più in profondità, in una positività quasi ottimistica di fondo che per Erodoto si manifesta nella visione quasi gioiosa di un ecumenismo che travalica i confini – territoriali e culturali – e in Tucidide nella fiducia forte nella razionalità umana capace di fare fronte, con l’acquisizione dei saperi ,alle ostilità degli avversari e del destino.
Sorvolando poi su queste banali supposizioni, quello che più importa è rilevare quanto e come la diversità dei percorsi di osservazione abbia avuto incidenza nella diversità delle loro analisi. L’umanesimo erodoteo, attratto da tutte le manifestazioni dei processi umani senza limiti temporali o culturali che ha fatto a ragione parlare di storiografia antropologica, porta lo sguardo certamente su un ampio orizzonte non solo di spazi etnici ma anche di eventi, e la ricerca si fa avida di conoscenza più che di accertamento di fatti e individuazione di cause ed effetti. Al contrario, la cogente selettività di oggetto che dirige lo sguardo di Tucidide su una circoscrizione spaziale e temporale e anche socio-culturale della sua analisi storica, prevalentemente rivolta al primato della politica, manifesta una visione meno democratica rispetto alla visione orizzontale erodotea nel momento in cui non solo la sua attenzione ma anche la sua comunicazione si rivolge a quelli che nei vertici sociali detengono e gestiscono il potere politico.
Non sono diversità di scelte senza conseguenze narrative e, perfino, espressive. La stessa scelta tematica di Tucidide su una guerra, per di più persa e capace di avviare il declino della democrazia ateniese, spinge a una densità che opera in profondità con una corrosiva incidenza critica, nella quasi chirurgica penetrazione di cause.e avvolge lo sguardo in una dolorosa consapevolezza delle negatività del potere e degli uomini in generale. Ciò emerge anche dalla circonlocuzione complessa del discorso, mentre in Erodoto l’esposizione fluisce quasi più pacatamente e spesso con diffusione anche dispersiva.
Certo però, è che il discorso storico in ambedue questi grandi intellettuali, scaturiti dallo splendore culturale di questa potenza politica territorialmente ristretta quale in fondo era l’Atene del V secolo, si avvale della ampiezza e della profondità di una conoscenza che rende omaggio alla ragione nel voler percorre il cammino del progresso umano con la consapevolezza delle modalità e delle ragioni degli eventi. Questo si può riscontrare in ambedue nonostante la diversità innegabile degli itinerari e della differente ampiezza dello sguardo o del dissonante ritmo del passo di ricerca.