La “divina” Maria Callas

La “divina” Maria Callas

(1923-1977)

Nel centenario della nascita Di Maria Callas ricordiamo la figura di questa grandissima protagonista dell’opera, che ha dominato la scena musicale dalla fine della guerra fino al ritiro dalle scene, costituendo ancora oggi una leggenda nel campo musicale.

Maria Kalogeropoulos era nata il 2 dicembre 1923 a New York da genitori di origine greca. Cominciò a studiare canto in America, ma nel 1937 tornò in Grecia ed ebbe come maestra di canto al Conservatorio di Atene il famoso soprano Elvira De Hidalgo, che lei considerò come una seconda madre. La sua voce per l’aspetto drammatico era “costruita”: come dichiarava in una intervista “bisogna lavorare 12-14 ore al giorno per ottenere qualcosa di speciale”, e in una lettera racconta di aver studiato intensamente per acquistare padronanza tecnica e sviluppare le sue doti espressive.

Soprannominata dai suoi ammiratori “la divina” e dal critico Alberto Arbasino “upupa leggendaria”, ha avuto una carriera relativamente breve, ma ha rivoluzionato la tecnica di canto dei soprani, rifacendosi alla tecnica vocale delle più celebri cantanti dell’Ottocento, in particolare Maria Malibran e Giuditta Pasta. Introdusse la tecnica di canto “in maschera” o “coperto“, che consente di eseguire le note più alte senza andare nel “falsetto“; nella prima metà del secolo scorso, infatti, i soprani usavano prevalentemente questa modalità di canto, basata sull’emissione “di testa”, che consentiva di emettere i suoni più acuti con facilità, ma risultava diafana, velata e scarsa di armonici, con volume e intensità minori rispetto alla voce piena. Maria Callas apparve come una meteora nel panorama operistico degli anni ’40. A 18 anni debuttò con la Tosca all’Opera di Atene, dove continuò a esibirsi per alcuni anni. Dopo la guerra venne in Italia e debuttò con La Gioconda di Ponchielli all’Arena di Verona, sotto la direzione di Serafin, con il quale collaborò per molto tempo, e ben presto conquistò il favore del pubblico, soprattutto quando, sempre a Verona, si cimentò ne I Puritani di Bellini dopo aver studiato la parte in pochissimi giorni.

Dopo l’esordio veronese iniziò la sua sfolgorante carriera. La sua voce di “soprano drammatico di agilità” le consentiva di spaziare dal belcanto al verismo. L’ampiezza del suono (dal fa diesis grave al mi naturale sovracuto) e il colore della voce, che la ponevano nel novero dei soprani assoluti, consentivano alla Callas di affrontare ruoli drammatici verdiani e veristi. Secondo gli esperti compattava la gamma dei suoni su tre registri, dal soprano di coloratura al mezzosoprano. Il decennio 1949-59 è stato il periodo più luminoso della sua carriera, in cui dietro la spinta di Tullio Serafin si cimentò in tutti i ruoli del “bel canto”, riportando sulle scene opere quasi dimenticate come La sonnambula di Bellini o La Medea di Cherubini. Il repertorio preferito dalla Callas, come diceva lei stessa, aveva il suo terreno di elezione proprio nel belcanto (Rossini, Bellini, Donizetti), tuttavia per il colore particolare della sua voce, la sua drammatica presenza e la musicalità, ha cantato anche opere francesi: Dinorah di Mayerbeer, Lachmé di Delibes. Con questo repertorio Maria si impose con prepotenza all’attenzione del pubblico e venne accolta come la cantante di punta dei maggiori teatri lirici, soprattutto del Teatro alla Scala di Milano, dove diventò a partire dal 1950 la protagonista indiscussa.

Dal carattere deciso e non facile, non di rado assunse in effetti atteggiamenti della diva capricciosa. Fece scalpore l’episodio verificatosi all’Opera di Roma quando, dopo il primo atto della Norma, si rifiutò di continuare a cantare (sembra a causa di un abbassamento di voce) benché in sala fosse presente il presidente della Repubblica Gronchi, per la qual cosa da allora il teatro romano evitò di invitarla. Il successo della Callas portò i melomani, e i giornalisti dei rotocalchi, a parteggiare per le due più famose cantanti di quel periodo, contrapponendo la forza drammatica e la presenza scenica di Maria Callas alla bellezza e alla limpidezza di suono di Renata Tebaldi . Ma oggi molti riconoscono che quella disputa, la “guerra dei soprani“, non sarebbe dovuta esserci poiché le due primedonne al di là delle e differenze artistiche e personali, hanno sostenuto ruoli differenti, a parte alcune opere del grande repertorio verdiano o pucciniano.

Anche la sua vita è stata come un melodramma. Nel 1948 conobbe l’industriale e appassionato di lirica Giovanni Battista Meneghini, con cui si sposò l’anno seguente, e che diventò il suo consigliere e manager per un decennio. In questo periodo entrò a far parte del jet-set, rimanendone travolta; non contenta della sua figura, perse circa 30 chili, assumendo la figura esile ed elegante che compariva sui rotocalchi e nelle riprese televisive. Nel 1959 conobbe l’armatore greco Aristotele Onassis, instaurando con lui una relazione che durò fino al ’68. Sperando di poterlo sposare, ‘nel 66 rinunciò alla nazionalità americana e a quella italiana acquisita con il matrimonio, assumendo la nazionalità greca, che le consentiva di divorziare da Meneghini, ma rimase delusa perché Onassis sposò nel 1968 Jacqueline Kennedy. Dalla fine degli anni ’60 iniziò anche il suo declino vocale per cui diradò gli impegni professionali, anche se ha continuato a cantare fino al 1973-74, anno della sua ultima tournée con Giuseppe Di Stefano, con il quale aveva cantato moltissime opere. Nel 1969 ha fornito una intensa interpretazione nel film di Pasolini, Medea. Ha trascorso gli ultimi anni a Parigi, dove si è spenta in solitudine il 17 settembre 1977. Le sue ceneri sono state sparse nel mare Egeo, secondo la sua volontà.