La tumultuosa atmosfera che pervade le sedute del Congresso americano sembra sempre più appartenere al mondo del cinema d’azione piuttosto che a quello di un Parlamento tradizionale. Nella recente sessione alla Camera presieduta dal repubblicano Mike Johnson, le manovre dei deputati del suo partito sono state caratterizzate da sorprese, colpi di scena, e decisioni audaci. Tuttavia, questi tentativi hanno portato solo a un caos e a una paralisi crescenti, anziché a risultati concreti.
Questa descrizione evidenzia la crescente polarizzazione e l’incapacità dei repubblicani di ottenere una maggioranza o un’unità sufficienti per far valere la propria linea politica nel Congresso. La paralisi risultante è indicativa delle divisioni interne al partito e della difficoltà nel raggiungere accordi bipartisan su questioni cruciali come l’immigrazione.
L’immagine di un Congresso diviso e paralizzato emerge chiaramente dalla situazione descritta. Il fallimento dei repubblicani nel raggiungere i loro obiettivi, nonostante la loro determinazione ad opporsi al presidente Biden, evidenzia le sfide interne al partito e la mancanza di un’unità
La mancanza di coesione all’interno del partito repubblicano è evidente anche nel fallimento del tentativo di impeachment del segretario Mayorkas e nella sconfitta della proposta di legge per gli aiuti solo a Israele. Questi eventi mettono in luce le difficoltà nel trovare un terreno comune tra le varie fazioni del partito, che possono avere conseguenze significative sulla capacità del Congresso di agire in modo efficace per affrontare le sfide del paese.
Il risultato di questa paralisi è una mancanza di progresso legislativo e una crescente frustrazione tra i membri del Congresso e il pubblico americano.
La proposta di approvare solo gli aiuti per Israele e di mettere sotto impeachment il segretario Mayorkas come strategie per contrastare l’amministrazione Biden illustra la polarizzazione estrema delle questioni politiche e la mancanza di consenso su come affrontare i problemi chiave del paese, come l’immigrazione e le relazioni internazionali.
Inoltre, la presenza di Al Green del Texas, che è riuscito a votare nonostante le circostanze difficili, aggiunge un elemento di umanità e resilienza in mezzo alla tumultuosa politica.
In definitiva, la situazione descritta suggerisce una profonda instabilità e incertezza nel processo decisionale del Congresso degli Stati Uniti, con implicazioni significative per la governabilità del paese e per il modo in cui vengono affrontate le questioni politiche cruciali.
La decisione della Corte d’appello di Washington che afferma che Donald Trump non ha l’immunità penale per i suoi tentativi di ribaltare il voto del 2020 e per il suo coinvolgimento nell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021 è un importante sviluppo legale. Ciò significa che il processo federale a Washington nei suoi confronti può procedere, anche se la data di inizio è stata rimandata e Trump potrebbe fare ricorso alla Corte Suprema o alla Corte d’Appello nel suo insieme.
L’istanza di Trump per rivendicare l’immunità presidenziale è stata respinta. Karen Henderson (nominata da George H.W. Bush), Florence Pan e Michelle Childs (nominate da Biden) avevano ascoltato con scetticismo, lo scorso gennaio, l’istanza d’appello presentata dai legali di Trump, che rivendicava in quanto ex presidente l’immunità penale. Ieri hanno annunciato che, nonostante i privilegi di cui godeva in quanto presidente, oggi Trump è soggetto al codice penale come qualunque altro americano. La decisione della Corte d’appello ha implicazioni significative per il futuro legale di Trump e per il modo in cui sarà affrontata la sua responsabilità. La decisione della giudice Tanya Chutkan, che ha negato l’immunità a Donald Trump già a dicembre, è stata confermata dalla Corte d’appello di Washington. Questo rafforza ulteriormente il fatto che gli ex presidenti non godono di un’immunità assoluta dalle responsabilità penali e che sono soggetti alle leggi penali come qualsiasi altro cittadino.
La citazione della giudice Chutkan, che ha dichiarato che gli ex inquilini della Casa Bianca non hanno “il diritto divino dei re di evadere le responsabilità penali che si applicano ai loro concittadini”, sottolinea l’importanza dell’uguaglianza di fronte alla legge e l’assenza di un privilegio speciale per gli ex presidenti.
La decisione della Corte d’appello di confermare questa decisione riafferma che Trump, una volta uscito dall’incarico, è soggetto al normale processo legale e può essere chiamato a rispondere delle sue azioni di fronte alla giustizia come qualsiasi altro individuo. Questo è un importante principio legale che riflette la natura democratica
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