Per parlare dell’amicizia nel mondo cristiano dobbiamo rispondere alla domanda: “come valutare i rapporti fra gli uomini? come concepire il rapporto uomo-Dio?”
Rispetto al mondo classico greco e romano, che valuta i rapporti umani in base al legame con la comunità socio-politica ed entro un orizzonte “immanente”, relativo al piano della vita naturale, il cristianesimo assume come criterio di valutazione Cristo e il suo messaggio di salvezza, ed espande l’orizzonte dei rapporti umani, comprendendo il piano mondano e quello ultraterreno. Dio è il Creatore dell’universo ed è sempre presente nella storia e nella vita dell’uomo; ne consegue che per l’etica cristiana l’agire umano non può limitarsi al mero “fare bene” in ambito materiale, sociale o professionale, perchè la vita del vero credente deve essere improntata al precetto evangelico dell’amore di Dio e del prossimo: non si può veramente amare Dio se non si ama il prossimo e, viceversa, non si ama veramente il prossimo se non alla luce dell’amore di Dio.
La riflessione dei Padri della chiesa affronta il tema dell’amicizia sulla base di questo principio; nel medioevo si contano alcuni trattati sull’amicizia, come il De spirituali amicitia del cistercense Aelredo di Rievaulx, che si ispira a Cicerone, e definisce Dio come amico: “Deus amicitia est” ; vi sono poi due scritti di Pietro di Blois, De amicitia christiana e De caritate Dei et proximi, ispirati ad Aelredo, in cui si sostiene che l’amore nasce dall’istinto, ma attraverso la ragione tende verso Dio, Sommo Bene, che integra la grazia con l’affetto diretto a Lui, riverberandolo nei rapporti umani.
Viceversa Maestro Boncompagno da Signa tratta dell’amicizia con tono pessimistico e disincantato, individuando tre specie di amico: sophisticus, che inganna; vocalis, amico a parole; versipellis, adulatore.
Il tema dell’amicizia è anche al centro della concezione dell’uomo, e dei rapporti degli uomini tra loro e con Dio, dei massimi Dottori della Chiesa medievale, in particolare Agostino e Tommaso, entrambi punto di riferimento della teologia (e della filosofia cristiana) successiva, i quali riprendono aspetti già presenti nella cultura greca e romana (in particolare Aristotele e Cicerone), ma riportando l’amicizia umana al rapporto con Dio, principio e fine dell’agire umano sia nell’attività privata sia nei rapporti sociali.
Agostino imposta il suo discorso sull’amore (v. Discorso 385) parlando della carità perfetta, con riferimento al precetto evangelico “ama il prossimo tuo come te stesso“. Egli riconosce che esistono anche forme di amore illecito, legate a un modo errato di amare se stessi, che portano ad amare l’altro in modo errato: viceversa un modo retto di amare se stessi ispira un retto amore verso gli altri. L’amore “retto” può essere quello tra coniugi o quello verso i figli o i parenti, ma c’è un amore superiore che si allarga al di fuori della parentela agli estranei e ai forestieri, via via fino ad arrivare all’amore per i nemici. All’interno di questo crescendo di amore è compresa l’amicizia. Anch’essa si manifesta secondo vari livelli: dalla vicinanza e dalla consuetudine di vita, che “è comune anche alle bestie“; alla scelta meditata “che ci fa amare una persona per la fiducia e l’affetto che ci ispira” ed implica reciprocità e gratuità in quanto non si ama l’amico in vista di un utile, ma per se stesso; fino a giungere all’amicizia basata solo sull’amore divino, perché quando l’uomo ama Dio “non potrà amare l’uomo se non in Dio“. Se l’amicizia umana richiede la gratuità, a maggior ragione sarà gratuita quella basata sull’amore di Dio. Amiamo gli amici perché amiamo Dio. In Dio “è il piacere maggiore“, in Lui “la dolcezza e la bellezza più alte“, perciò l’amore di Dio porta a comprendere dell’amico anche le cose che ci urtano, e aiuta a vedere quei lati positivi che gli occhi non riescono a scorgere. In ciò consiste la conversione: volgere il cuore dalle creature al Creatore. Quando si ama Dio in modo gratuito, come Egli ama l’uomo concedendogli la grazia, si amerà gratuitamente anche l’amico.
Agostino descrive questo percorso di conversione nelle Confessioni (Libro IV, v. Anche VIII e IX) dove racconta della sua amicizia per un amico d’infanzia al quale era profondamente legato da un affetto pieno di dolcezza, perchè basato sulla comunità di sentimenti e aspirazioni. Entrambi avevano seguito dottrine pagane, ma quando l’amico si ammalò gravemente venne battezzato; durante una breve ripresa non volle più ascoltare le teorie professate allora di Agostino; pochi giorni dopo quello morì lasciandolo nella più cupa disperazione, tanto che ogni cosa era diventata un tormento, e l’unica sua consolazione era il pianto. Ripensando a quel periodo Agostino, ormai convertito, comprende che ciò avviene a chi è troppo legato alle cose materiali e la perdita di queste, come anche una persona cara, comporta una perdita di significato della vita; ma la grazia divina trasfigura l’anima afflitta nello splendore della verità e dell’amore di Dio. Egli scrive, ancora nelle Confessioni, che le anime sono mutevoli e solo fissandosi in Dio diventano stabili, Dio le ha create ed esse sono da Lui e in Lui: “Beato chi ama te, il proprio amico in te, il nemico per te”, e ancora “non vi è amicizia veramente tale se non in quella che tu intrecci tra colore che sono a te uniti dalla carità diffusa nei cuori per mezzo dello Spirito Santo, che a noi tutti è stato dato”.
Per Tommaso, che in ciò segue Aristotele, il tema dell’amicizia fa parte dell’etica, ambito di primaria importanza nella vita dell’uomo; ma nel pensiero dell’Aquinate alla basa dell’etica vi è l’amore, inteso come valore morale fondamentale. L’amore è visto non come una virtù, ma come passione, inclinazione affettiva naturale, che può essere innalzata al livello di virtù mediante l’educazione; l’educazione fornisce quell’ abitus operativus, che sposta gradualmente verso l’alto il fine dell’agire; così l’amore, partendo dalle creature, arriva a comprendere Dio, fine supremo.
Tale impostazione si fonda sul binomio fides et ratio, nel senso che l’uomo per agire ha bisogno di conoscere, ma la conoscenza non è sufficiente: è necessaria la rivelazione. Infatti si può agire bene sul piano puramente umano, ma si rimane entro un orizzonte limitato: solo con la conoscenza del fine supremo e l’aiuto della grazia si giunge al livello della perfezione, cioè attraverso la grazia, dall’amore umano si può arrivare alla carità, virtù teologale.
Nel percorso dal sentimento naturale all’amore come carità, occupa un posto importante l’amicizia, in cui il sentimento guidato dalla volontà diventa amor benevolentiae. Nell’amore naturale la persona viene amata per altro (secundum quid), nell’amore di benevolenza è amata per se stessa, volendo il suo bene (amor simpliciter) perchè quando si ama veramente, si ama per il bene. L’amore induce all’unione con le cose amate, ma nell’amicizia si tratta di unione affettiva (e intellettuale). Per Tommaso l’amicizia è un legame prezioso, anche se raro, che si pone al di sopra di tutti gli altri beni, ad eccezione della sapienza. Per lui, come per Agostino, l’amicizia di per sé non è una virtù, in quanto esistono anche amicizie cattive e pericolose; per giungere al grado di virtù deve essere fondata sulla carità, intesa come l’amicizia dell’uomo con Dio. L’amicizia si distingue, dunque, sia dall’amore sia dalla carità; la sua caratteristica principale è la benevolenza, per cui quando amiamo qualcuno vogliamo il suo bene in modo che, volendo il bene dell’amico, vogliamo anche il nostro; l’amore per se stessi è la radice dell’amicizia, infatti quando abbiamo amicizia verso qualcuno ci comportiamo con lui come verso noi stessi, sulla basa del precetto evangelico (Summa T.). Tale amicizia si richiama all’atteggiamento di Dio nei confronti delle creature: Dio ama le sue creature e vuole che esse partecipino (in quanto razionali) alla bontà divina, “analogamente l’uomo ama naturalmente Dio, di amore e amicizia, più che se stesso”. In tal modo, sulla basa del concetto di analogia, viene supera la posizione aristotelica secondo cui per l’amicizia è necessaria l’uguaglianza. Secondo Tommaso sul piano umano, è importante che vi sia una certa eguaglianza, ma è necessaria la reciprocità, perciò non è possibile amicizia per le cose o gli animali; occorre anche una certa comunanza di vita, per questo la più vera e profonda amicizia è quella che si fonda sulla ricerca comune della virtù.
L’Aquinate, rifacendosi al pensiero aristotelico, distingue diversi tipi di amicizia: tra consanguinei, tra lavoratori, tra concittadini, ma aggiunge quella tra credenti. Questa risiede nella comunione divina che rende gli amici parte della chiesa (in atto e in potenza): è l’amicizia di carità (amicitia caritatis), che è rivolta anche ai nemici. In tal modo l’ambito dell’amicizia è esteso a quello della carità, virtù teologale, che è l’amicizia dell’uomo con Dio ed esige l’obbedienza. L’amicizia resa perfetta dalla carità è accordata solo a coloro che si amano in Dio; la grazia trascende i limiti naturali dell’uomo cosicchè gli amici raggiungono il massimo grado di unione.