Ciao, Bene

(così ti chiamavo e continuerò a chiamarti)

Che grazia sarebbe poterti scrivere, come di solito avviene fra le umane genti, “come stai?” e soprattutto riceverne risposta. Sarebbe il più straordinario fra i miracoli, la “prova”. Ma poiché questo è un sogno, continuerò a parlarti nell’unico modo che mi è dato usare , quello della fede, della speranza, per te, per noi, e soprattutto, quello con cui cercherò di esprimere ciò che penso di te.

E sì, perché, a dirla come è, io ti ho visto in piena luce, quando, alla tua “presenza”, durante la cerimonia a te dedicata, abbiamo ascoltato il contenuto di una lettera che un tuo alunno di qualche anno fa ti ha indirizzato nell’occasione. E’ stata più limpida di una risonanza magnetica fatta alla tua anima, come se tutto quel complesso di doni, di capacità e attitudini della mente che eri tu, fosse ora avvolto da una luce chiara di verità incontrovertibile.

Ed ho capito che ti adoperavi per i tuoi giovani affinché crescessero in ogni direzione, affinché il concetto di humanitas penetrasse in loro più profondamente possibile, pur fra gli ostacoli che, ahimè, troppo spesso, proprio l’ambiente familiare frappone, e come essi raccogliessero da te, magari con intensità diversa a seconda della capacità di ascolto, tutto ciò che traluceva da quell’insieme di certezze che eri tu. Certezze nate dal tuo bisogno di ricerca del bello e del buono che l’uomo nei secoli ha saputo esprimere.

Penso alla musica ed al tuo amore per lei che, oltre alla conoscenza profonda, che hai portato di quando in quando anche nel nostro Salotto, ti ha fatto avvertire il bisogno e la voglia di curare lo studio del bel canto a livello personale. Lo ho trovato encomiabile perché fatto con dedizione e senza alcuno scopo esibizionistico.

La tua dote massima, l’umiltà intellettuale, preziosa quanto quella dello spirito che, se vera, guida dritti al Cielo.

Antonietta Balmas Caporale