Di Mario Sironi cercherò di dire qualcosa di espressivo tentando di rendere per un minimo il significato della pulsazione artistica di questo grande maestro nel contesto di una complessa realtà storica e culturale.
Il nostro artista nasce a Sassari il 12 maggio 1888, compie gli studi a Roma e muore a Milano nel 1961.
Egli si colloca in quel periodo che per comunione di ideologia unisce letteratura, pittura, musica ed ogni altra espressione artistica nel movimento culturale che definiamo futurismo. In sostanza, l’arte futurista cancella la staticità di movimento del passato per sostituirla con la ricerca costante di movimento in una visione del molteplice e delle sue fasi dentro la stessa opera. Un dinamismo delle forme che si prefigge appunto di rappresentare l’unità del molteplice. E’ il tempo in cui si respira in ogni direzione il desiderio di tagliare i ponti con ogni forma di ancoraggio al passato per guardare e ispirarsi solo a ciò che dall’oggi orienterà ogni cosa verso il futuro. Siamo agli inizi del 900 e tutto si tinge di entusiasmo, di conquista, di fede nei nuovi mezzi tecnici. Si tratta di mutamenti tanto profondi da scavare un abisso fra i docili schiavi del passato e noi liberi e sicuri della radiosa magnificenza del futuro. Queste le parole che Sironi, Carrà, Boccioni e tanti altri sottoscriveranno nel Manifesto dei pittori futuristi.
In tale contesto prendono fisionomia per il nostro autore varie fasi, quella orientata verso il Cubismo inteso come studio di scomposizione delle forme secondo vari piani, quella della pittura metafisica richiamata ad esempio nell’opera L’ultimo discorso del Kaiser del 1918, inserito nel quindicinaleIl Montello, rivista dedicata ai soldati del Piave, dove l’imperatore tedesco viene raffigurato come un automa a cavallo, dentro una rappresentazione quasi cubica, ridicolizzata dalla scritta in dialetto napoletano Né che facimm?…
La Grande Guerra ha travolto Sironi e la sua sensibilità. La grandezza di Roma che lo aveva rapito al tempo degli studi è l’elemento consolatorio, quello che infonde fiducia nella vittoria sempre e comunque e che ben si esprime ne la Vittoria alata del 1935. E’ lo stesso ideale che pure favorirà la sua fede, poi tradita, nel fascismo.
Resta per sempre nel suo tratto un’innata eleganza: i suoi soldati, pur trascinando cannoni, appaiono lontani dalla trincea, spesso rappresentati in senso diagonale su sfondi vuoti che richiamano l’ astrattismo.
Egli stesso è soldato, assieme a tutto il gruppo dei futuristi milanesi, nel battaglione dei volontari ciclisti.
Sironi si muove con gli accadimenti bellici, tra armi, aerei, elmetti, trincee e baionette. L’idea della vittoria sempre ben evidente è unita ad una costante volontà denigratoria del nemico che di nuovo si esprime in Stupidaggine nazionale tedesca del 1916. Per queste tematiche fa ricorso al carboncino qualche volta unito alla tempera, qualche volta alla china, qualche volta surreale, spesso metafisico.
Costante è la fede che sia l’Italia la più forte, che siano di qua gli eroi. Il soldato austriaco è vinto, vilipeso, sdentato e così lo propone sempre su Il Montello con la scritta tutto è perduto anche l’onore. Peggio va per Guglielmo II rappresentato in croce ne La fine di un pirata, una croce del tutto stilizzata anche se capace, al tempo, di sollevare polemiche su una presunta irriverenza religiosa da parte del maestro. Il kaiser è lì, piccolo e impotente, crocefisso dagli stessi soldati, sopra di lui la mordace scritta deutschland uber alles.
Sironi moltiplica le sue inclinazioni: si interessa di architettura, di scenografia, di affresco, quest’ultimo spesso, ahilui, celebrativo del fascismo.
Per ciò che attiene l’architettura sono noti, tra i tanti altri, i suoi contributi all’ E’42, odierna Eur di Roma ed all’Università capitolina La Sapienza.
Traversato il secondo conflitto mondiale e la caduta del fascismo la sua pittura si fa drammatica, spesso proposta su tele di piccole dimensioni. Lontani ormai i tempi della Vittoria alata le cui gigantesche proporzioni ben si adattavano alla sottile vitalità del suo volo immobile e sicuro come la fede negli ideali.
Pur muovendosi dentro le correnti e gli stili del suo tempo, Sironi trova, con spontanea continuità, sempre nuove forme espressive, potenti e riconoscibili, patrimonio indiscusso della nostra arte moderna.