Agustìn Domingo Moratalla, Ediciones Encuentro, Madrid, 2022
Recensione di Carmen Herrando, pubblicata sulla rivista spagnola Acontecimiento.
Versione italiana di Nunzio Bombaci
Non viviamo per pensare, ma viceversa: pensiamo per poter continuare a vivere … a differenza di tutte le altre entità nell’universo, l’uomo non lo è – né lo può mai essere – sicuro di essere un uomo, come la tigre è sicura di essere tigre e il pesce di essere pesce. Queste parole del saggio Meditación sobre la técnica, di José Ortega y Gasset, si leggono nel nuovo libro di Agustín Domingo Moratalla, e si può dire che in qualche modo presiedano questa riflessione – ampia e ricca di temi e prospettive – sulla cura, che prende avvio dalla complessità e dalla “problematicità” dell’essere umano. La cura è diventata tema centrale nel nostro mondo e si estende a quasi tutti i campi della vita (filosofia morale o etica, filosofia politica, le varie interpretazioni della democrazia, i nuovi orientamenti dell’economia, etc.). Parliamo del prendersi cura o del prendersi cura di sé, e, come scrive Agustín Domingo, il campo della cura si amplia, si rende fecondo e si decentra, poiché la cura dell’altro si integra nella “cura di sé”, cosicché l’etica della cura non può più essere proposta distogliendosi dalla ricerca del bene comune e della giustizia (p. 15). Quest’opera, quindi, estende l’orizzonte della cura, avvalendosi del personalismo comunitario, dischiudendo altresì nuove prospettive nel campo ancora poco definito della riflessione sulla cura nell’era digitale, con tutto ciò che comporta, e considerando anche il ruolo che l’intelligenza artificiale sta assumendo nella cura.
A partire dall’etica tradizionale e dalla fenomenologia tradizionale, Agustín Domingo estende la riflessione proponendo una fenomenologia ermeneutica della buona cura, in cui esorta a personalizzare le cure, cioè a tornare all’essenza di prendersi cura, nel recupero di un’attenzione personalizzata che si impegni in un’assistenza olistica e integrale. Un grande pregio di questo libro risiede nell’integrare la cura in una tradizione di pensiero la cui conoscenza è essenziale per coloro che si prendono cura e per coloro che vegnono curati, in modo che l’esercizio e l’arte del prendersi cura, in tutta la sua complessità, dell’altro da sé e non attraverso mere tecniche o procedure. Dalla cura (Sorge) di Heidegger alla piccola etica di Paul Ricoeur, attraverso il personalismo di Mounier e Maritain, o la mirabile lettura del volto proposta da Lévinas, senza dimenticare Zubiri, Ortega o Buber, senza dimenticare le considerazioni più generali, ad esempio, sul bene comune o la teoria, ormai classica, della giustizia di Rawls, questo libro comprende nuovi nomi e prospettive teoriche nell’ambito della cura. Nell’opera, sono ben presenti nozioni essenziali come la responsabilità, nel cui campo si segnala il pensiero di Hans Jonas, o argomentazioni interessanti su tale responsabilità, sulla responsabilità cordiale, il ringraziamento, il dono, etc., senza dimenticare la rilevanza e l’obbligazione alla responsabilità che le istituzioni debbono comunque assumere.
Si segnala, in particolare, il capitolo dedicato alla prospettiva teorica di Carol Gilligan, con il suo sguardo rivolto alla voce differente della donna e il suo femminismo ragionevole, come pure il capitolo incentrato sulle profezie di Zygmunt Bauman. Questo capitolo è uno dei più interessanti del libro, perché comprende le analisi imprescindibili di Bauman riguardo all’era digitale, in cui l’autore solleva problemi inquietanti sulla perdita dei legami sociali a cui stiamo assistendo. La parte del volume dedicata a Bauman fa eco a dieci chiavi interpretative per l’azione sociale, che risulteranno illuminanti per il lettore. La chiave relativa alla depersonalizzazione delle società computerizzate è una delle più cogenti; Bauman denuncia la superficialità, scevra di riflessione, arrecata da tanta tecnologia, e parla della rete come di una caramella avvelenata. Tuttavia, Agustín Domingo, lungi dal sottolineare il negativo di queste analisi lucide e necessarie, sottolinea il loro valore nel mantenerci desti e vigili per prendersi cura della qualità dei vincoli che resistono ancora (p.108).
Homo Curans presta molta attenzione all’istituzionalizzazione delle cure, e in questo senso realizza un percorso, interessantissimo, di nuove proposte teoriche in economia, al cui interno menziona le basi poste dalla nostra Scuola di Salamancao oppure, tra l’altro, il Tratado del socorro de los pobres [Trattato del soccorso ai poveri] di Juan Luis Vives. In questo àmbito, il libro presenta la proposta di ermeneutizzare l’economia, che varrebbe la pena estendere a tutte le discipline umane, poiché non si tratta che di interpretare umanamente ogni realtà vitale. L’orientamento alla vita reale è ben presente nell’opera, come se l’autore volesse rimborsare questi problemi nell’idea husserliana di mondo della vita. Come si è detto, Homo Curans viene corroborato dal fondarsi sui pilastri della filosofia classica poiché, a partire da essa, si rivolge a realtà in in pieno sviluppo, come quella della cittadinanza digitale e della sua estensione a molti ambiti, prendendo in considerazione, ad esempio, la Carta dei diritti digitali elaborata dall’Unione Europea.
Si tratta, quindi, di una riflessione ampia e accurata sulla responsabilità nella cura. Pertanto, il libro di Agustín Domingo Moratalla presenta il paradigma dell’Homo curans quale definizione di diverse pratiche umane attualmente imprescindibili, ma include anche prospettive per il futuro. Esso aprirà al lettore nuovi campi e orizzonti di riflessione, che lo indurranno ad avvertire la complessità, l’importanza e l’urgenza del prendersi cura. La proposta teorica dell’Homo curans continua ad essere fonte di speranza per il futuro, purché la cura sia orientata dalle profondità delle relazioni interpersonali e da un fermo impegno volto a umanizzare la cura.
Carmen Herrando
Docente di Filosofia- Universidad San Jeorge Zaragoza
Instituto Humanismo y Sociedad de la Universidad San Jorge -Zaragoza