Lo storicismo di Benedetto Croce

Lo storicismo di Benedetto Croce

Durante il periodo fascista Croce si dedica, con attività instancabile, all’approfondimento (e in parte alla revisione) della sua concezione della storia. Frutto di tali studi è la pubblicazione di una serie di scritti, nei quali viene abbandonata la prima formulazione della storia come conoscenza del particolare cioè compresa sotto il concetto generale dell’arte, che ebbero grande risonanza ed esercitarono larga efficacia educativa sui giovani di allora: la Storia d’Italia dal 1871 al 1915  (1928), la Storia d’Europa nel secolo XIX  (1932),  La storia come pensiero e come azione  (1938).

L’impostazione storiografica di Croce si contrappone sia a quella astratta e ideologica dell’illuminismo, sia a quella positivista che si risolve in un semplice repertorio di dati singoli (per quanto accurati): la storia consiste nell’interpretazione di essi, così come si svolgono quali momenti della vita dello spirito, che è razionalità; ciò significa che le categorie universali dello spirito si collegano alla concretezza delle intuizioni e delle rappresentazioni individuali. Nel giudizio storico si ha l’incontro tra concetti universali e intuizioni individuali, categorie filosofiche e concreta vitalità, forme della spirito e libertà individuale. In questa continua tensione la concezione crociana esprime il nesso tra individuo e spirito, tra modi universali dello spirito e libere scelte dell’individuo, fra teorie e fatti; le forme universali del pensiero diventano categorie che animano l’azione e il pensiero e definiscono la storia sia come insieme di res gestae sia come historia rerum gestarum (racconto e interpretazione).

Secondo Croce solo la storia esprime l’autentica e concreta natura di un popolo e di un individuo; gli uomini e le società non sono soggetti astratti o realtà naturali, ma realtà concrete definite dall’ininterrotto succedersi degli eventi che ne segnano il carattere, i bisogni, gli interessi, e le attese che ne alimentano i pensieri e le azioni. La storia non è retorica, non è cronaca, ma sintesi di intuizione e concetto. è la vera conoscenza del reale perché il concetto universale si applica al contenuto particolare degli eventi. La conoscenza storica è, dunque, l’unica forma di conoscenza capace di definire, in qualsiasi campo (estetico, filosofico, economico, politico e morale) tutti gli avvenimenti particolari e le rappresentazioni singolari di una certa epoca. In quanto la storia non è altro che lo sviluppo stesso della vita, da un lato rientra nel momento teoretico, in quanto i suoi concetti sono universali, dall’altro ricomprende in sé sia la filosofia sia i vari aspetti economici. Per Croce dunque tutto è storia e il sapere storico, ovvero la storiografia, è il vero sapere, in tal modo il pensiero crociano assume la forma di uno storicismo assoluto, secondo la definizione che ne ha dato lo stesso autore.

Ne segue che le forme categoriali dello Spirito sono distinte, ma unite insieme in un procedimento circolare per cui l’attività teoretica è la condizione di quella pratica, e questa, a sua volta, è la base della nuova fase teoretica, secondo uno sviluppo che non è circolare, non si chiude su se stesso come in Hegel, ma è progressivo (e quasi a spirale, secondo l’impostazione di Vico): la storia si sviluppa circolarmente ma mai uguale, non è un eterno ritorno dell’identico (Nietzsche), ma un processo libero, cioè il continuo dispiegarsi della vita.

In questo processo la filosofia è la comprensione unitaria dello Spirito e si basa sul concetto puro, la storia è accadimento di qualcosa entro la realtà totale dello Spirito. La storia non è possibile senza la logica (filosofia) e con questa coincide, in quanto il pensiero qualifica se stesso mentre qualifica gli avvenimenti. La storia dunque è razionalità pura, poiché coincide con la filosofia, così che la filosofia viene ad assumere il ruolo di metodologia della conoscenza storica, nel senso che ha il compito di fornire alla conoscenza storica le categorie per l’interpretazione del reale. Nell’opera La storia come pensiero e come azione la coincidenza di storia e filosofia sfocia nella superiorità della prima: la filosofia si risolve nella storia, capovolgendo sia la posizione iniziale del pensiero di Croce sia la concezione hegeliana della risoluzione della storia nella filosofia.

Croce riprende il concetto rinascimentale dell’uomo microcosmo, ma con un significato nuovo. L’uomo è un microcosmo non in senso naturalistico, ma in senso storico, compendio di storia universale. Qualunque sia l’epoca alla quale ci si riferisce nella conoscenza storica, essa diventa attuale in quanto il giudizio storico nasce per un bisogno pratico, per rispondere a un bisogno della situazione presente; così il giudizio storico che diamo sul passato diventa presente; in questo senso la storia è sempre storia contemporanea, che non vive all’esterno, ma all’interno, in noi. Tra gli eventi passati e le decisioni del presente si instaura una circolarità che è l’elemento costitutivo della conoscenza storica: la storia del passato definisce le caratteristiche di un popolo e di un individuo, e spiega la varietà dei modi di vita; l’interesse e l’impegno politico-morale per il presente genera la domanda che rianima il passato, e questo assume il carattere di storia contemporanea. Così la storia passata rivive nel presente, partendo dall’interesse dello storico, diventando storia contemporanea. In questo modo gli avvenimenti storici non sono qualcosa di morto, che vengono riesumati come oggetti d’antiquariato, ma fatti che attraggono e sollecitano l’interesse dello storico: essi diventano attuali nel momento in cui rispondono a un interesse presente dello studioso, cosicché essi rivivono e attraggono e diventano parte attuale della sua esistenza.

Per questa concezione secondo cui ogni vera storia è storia contemporanea, Croce si contrappone da un lato alla storiografia positivista, basata sulla raccolta minuziosa dei dati, dall’altro alla filosofia della storia, che vede nello svolgimento dei fatti l’attuazione di un disegno preordinato.
Nelle opere più tarde Croce approfondisce il concetto di libertà, innalzata, secondo la stessa espressione crociana, a  religione della libertà, e identificata con lo Spirito nel suo dispiegarsi. La definizione del problema della libertà diventa, per l’istanza morale da cui procede, uno strumento efficace di educazione antifascista.
L’Autore riconosce che nell’età romantica e idealistica si giunse al pensiero che la storia dell’umanità non è altro che la storia della libertà. Scrive, infatti, Che la storia sia storia della libertà è un famoso detto dello Hegel … che nello stesso Hegel e nei suoi ripetitori ha il significato … di una storia del primo nascere della libertà, del suo crescere, del suo farsi adulta e stare salda in questa raggiunta età definitiva, incapace di ulteriori sviluppi; … con questo detto si pose insieme il criterio per interpretare la storia dell’umanità, e l’ideale o la religione che le è intrinseca. Ma per Croce affermare che la storia è storia della libertà significa affermare la libertà come eterna formatrice della storia, soggetto stesso di ogni storia. .. Come tale, essa è, per un verso, il principio esplicativo del corso storico e, per l’altro, l’ideale morale dell’umanità. Ne risulta sia una concezione della libertà più ideale che reale sia un liberalismo più etico che politico.

Negli Elementi di politica egli distingue il liberalismo dal liberismo: entrambi hanno in comune carattere e origine, in quanto derivano entrambi dalla connessione immanente e storica della vita: questo è una grande formola economica, mentre il primo è una formula politica, ma entrambi si oppongono alla pretesa (antica) di determinare come gli uomini debbono politicamente pensare e comportarsi … e alla pretesa di determinare allo stesso modo in economia, per esempio, il prezzo delle cose; …. si accompagna ad essi nel dominio della scienza la formola della libera ricerca e della libera discussione … La difficoltà si fa innanzi non appena al liberismo economico si dia valore di regola o legge suprema della vita sociale perché allora esso viene posto accanto al liberalismo etico e politico, che è dichiarato altresì regola e legge suprema della vita sociale, e ne nasce di necessità un conflitto. Tale conflitto si scioglie col riconoscere il primato non all’economico liberismo ma all’etico liberalismo .. il quale aborre dalla regolamentazione autoritaria dell’opera economica .. e in ciò si muove nella stessa linea del liberismo, … posta la comune radice ideale. Ma la libertà di cui parla il liberalismo è indirizzata a promuovere la vita spirituale nella sua interezza, e perciò in quanto vita morale. … l’ideale liberale è ideale morale di umanità e civiltà.